di Carlo Benedetti

Il regime - rispettando il quadro lungo della Storia - non si può concedere sorprese o passi falsi. La dinastia va preservata e le regole della nomenklatura riportano alla memoria le successioni monarchiche. E così Vladimir Putin, forte del trionfo elettorale del suo partito nelle settimane scorse, non ferma la macchina del potere e corre verso l’appuntamento del marzo 2008. Quando non si potrà ripresentare come candidato alla Presidenza perché lo vieta una norma costituzionale. E così occupa il posto con notevole anticipo: incorona il suo successore. E, guarda caso, lo trova a portata di mano nel suo entourage attuale. Il nome è quello di Dmitrij Anatol’evic Medvedev. Anche lui - come Putin - viene dalla covata di Leningrado. E’ nato il 14 settembre 1965 e da circa diciassette anni è in piena sintonia con il Cremlino putiniano. Personaggio furbo e notevolmente ambizioso. Cultore appassionato dei privilegi della casta. Ha fama di essere un uomo abile, energico e fortemente desideroso di dare un nuovo corso alla vita politica e sociale del paese. Ma si sa anche che è collegato a vari ambienti economici russi ed occidentali, con una lunga attività al servizio di un’azienda industriale della Svezia. Si è laureato nella città della Neva in giurisprudenza, ma si è formato nel palazzo dell’amministrazione comunale di San Pietroburgo occupandosi di relazioni economiche e commerciali con varie nazioni e società multinazionali. Uomo, quindi, del mondo d’affari c
In questi ultimi tempi gli osservatori più attenti della vita del Cremlino lo avevano incasellato tra i delfini più sicuri. Ed è toccato ad uno degli yes-man di Putin - Boris Gryzlov, presidente del partito del Potere (Russia Unita), anche lui leningradese di adozione - annunciare il nuovo evento. Mettendo così da parte l’altro possibile delfino: il primo vicepremier Sergej Ivanov (coetaneo di Putin) ex-ministro della difesa che attualmente sovrintende ai settori degli armamenti, aviazione civile e militare, high tech e nanotecnologie. Ivanov, ex generale del Kgb, è da sempre indicato come uno degli esponenti del blocco dei siloviki (gli alti dignitari dell'Amministrazione presidenziale, del governo e delle corporation di stato che provengono dai servizi di sicurezza e dai ministeri della Difesa e degli Interni). Al giro di boa, comunque, è stato superato dal furbo Medvedev. E ai blocchi di partenza sembra essere restato quel Viktor Zubkov che è attualmente primo ministro posteggiato nelle corsie di riserva per la Presidenza. Altro personaggio in panchina è il vicepremier Naryshkin che nel governo si occupa dei rapporti commerciali con l’estero.

E così comincia ora una nuova tornata di previsioni e supposizioni. Si cerca infatti di scoprire la vera natura del nuovo pupillo del Cremlino. Valgono nella sua biografia soprattutto quelle pagine che lo vedono impegnato nelle attività economico-commerciali e in quelle, delicatissime, della gestione delle varie nomenklature del potere. In particolare l’attenzione degli osservatori si concentra sui suoi rapporti con il mondo dell’industria del gas - è presidente del complesso del Gazprom - che, con lui, da oggi ha un nuovo santo in paradiso. Tanto è vero che dopo l’annuncio della sua “incoronazione” la Borsa russa segna il volo stratosferico delle azioni del Gasprom. E Medvedev - per reggere all’impatto della nuova fase dirigenziale - annuncia che le consultazioni sulla sua candidatura proseguiranno in questi giorni coinvolgendo i leader dei partiti che lo hanno sponsorizzato. Ma si sa bene che la corona gli è stata messa da Putin e che, quindi, gli incontri avranno solo un carattere di facciata.

Detto questo si sa che a Mosca ci si interroga, soprattutto, sulle linee future che Medvedev vorrà imporre. Per i primi tempi, è ovvio, non si discosterà dai diktat di Putin e sarà teso a difendere e conservare il patrimonio delle tradizioni e della cultura nazionale. Ma sarà soprattutto ligio alle richieste del mondo economico del quale è esponente di spicco. Vorrà però fornire anche alcune novità formulando giudizi, esprimendo preferenze, promuovendo e sollecitando cambiamenti. I tempi, comunque, sono più lunghi e necessari per qualsiasi tipo di decisione. Con tutta probabilità Medvedev cercherà di operare alcune scissioni di grande valore.

Si dice che metterà dei paletti tra patriottismo e nazionalismo. Ma che, soprattutto, cercherà di muoversi sulla strada del rinnovamento degli organi costituzionali. Si baserà sui principi della lotta politica. Ma dovrà fare i conti con quelle forze che attualmente sono ben radicate nel Cremlino e che si oppongono a quei diritti di autorganizzazione e di controllo. E non potrà sfuggire a quel sistema voluto da Putin che stabilisce, di fatto, una rigorosa disciplina del Parlamento chiamato ad esprimersi in maniera stabile ed omogenea. Così, se Medvedev vorrà rinnovare qualcosa, dovrà anche scrollare dal sistema putiniano quella patina di “antiamericanismo” grazie alla quale il Presidente attuale (con una abile campagna mediatica interna) si è fatto una certa fama di presidente soft-post-sovietico.

La realtà è che Putin gioca d’azzardo con lo stile del doppiogiochista. Strizza l’occhio ai veterani della guerra e a quelli del vecchio Pcus. Non batte ciglio quando sventola la bandiera rossa dell’Armata. E plaude quando la sua magistratura mette dentro gli oligarchi. Ma nello stesso tempo organizza una nuova nomenklatura ed inserisce nei posti chiave dell’economia statale i suoi uomini. Alimenta un’oligarchia del nuovo millennio. E non è un caso se i comunisti di Zjuganov stanno rivedendo molte delle loro posizioni. Quelle che, a volte, li avevano portati a chiudere un occhio sul Cremlino di Putin. Torna la lotta dura di un tenace zoccolo minoritario. E Medvedev sarà chiamato a gestire questa nuova fase. Il suo tempo sarà dettato dalla scadenza del marzo 2008.

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