di Daniele John Angrisani

Nel silenzio quasi assoluto dei mass media, occupati da questioni di ben altra importanza e respiro, ogni giorno che passa avviene un piccolo massacro sui mercati finanziari di tutti il mondo. La crisi cosiddetta dei mutui sub-prime, ben lungi dall'essere risolta, continua infatti a manifestarsi in tutta la sua gravità, a oltre sei mesi dalla sua comparsa, bruciando ogni settimana decine di miliardi di euro. Le banche centrali fanno a gara per sostenere il mercato immettendo quantità considerevoli di liquidità nel sistema per far fronte alla continua emergenza, ma ciò nonostante (e ben lo sa chi lavora nel settore) le strutture finanziarie continuano ad avere grossi problemi nel breve termine a concedere prestiti e finanziamenti. Anche per questo motivo la Banca Centrale Europea, per correre ai ripari, ha annunciato proprio ieri la sua intenzione di concedere un mega prestito di oltre 380 miliardi (!) di euro di finanziamenti interbancari a tasso agevolato (4,25%) per aiutare a risolvere i problemi di liquidità del sistema bancario. Mossa, bisogna dire, a sua volta ripresa dalla decisione della Federal Reserve americana che ha deciso di immettere sul mercato, in due tranche, altri 40 miliardi di dollari a tasso agevolato entro inizio 2008. Si tratta di un attivismo, piuttosto inconsueto, da parte delle banche centrali che, oltre a lasciare perplessi sulle modalità e sulla tempistica, lascia trasparire un certo nervosismo che pervade da mesi le capitali economiche mondiali. In ogni caso, diversi analisti finanziari sono piuttosto scettici sull'effettiva efficacia delle misure intraprese in quanto – affermano - "non risolvono i problemi alla radice della crisi" e servono, semmai, solo per fornire una temporanea ancora di salvezza. Vale a dire per evitare che accada il peggio. Almeno per ora.
Ma a questo punto viene spontaneo domandarsi: quanto è grave la crisi attuale? Per provare a dare una risposta congruente a questa domanda, va anzitutto notato che nelle crisi finanziarie precedenti spesso è semplicemente bastato che la Federal Reserve muovesse la sua "bacchetta magica" per risolvere tutto improvvisamente; scompariva ilproblema così come era apparso. Ma questa volta la situazione sembra essere ben diversa e per un semplice motivo: il problema non è più semplicemente la mancanza di liquidità, ma anche, alla base di tutto, i dubbi sull'effettiva solvenza degli istituti finanziari.

Per chiarire meglio la situazione, può essere utile un esempio. Mettiamo che sul mercato cominci a girare la voce che la Banca X si trovi in difficoltà per aver prestato enormi quantità di denaro a determinate persone che a loro volta le avevano investite in progetti fallimentari ed ora non erano più in grado di restituirle. Anche se la notizia risultasse essere falsa, può mettere seriamente a rischio la tenuta della banca per il meccanismo, cosiddetto, delle "aspettative di mercato". Se infatti la notizia venisse considerata reale dal mercato, sarebbe interesse di tutti correre in banca e ritirare i propri soldi prima che questi rischino di andare in fumo. Per poter far fronte all'eccessiva richiesta di liquidità, la banca non avrebbe alcuna alternativa che vendere tutti i suoi “asset” a qualsiasi prezzo, la qual cosa potrebbe realmente innescare una crisi, a prescindere dalla veridicità dell'ipotesi iniziale. E' a questo punto che entra in scena la Banca centrale, che si occupa, in casi come quelli descritti, di finanziare con prestiti ad hoc l'istituto bancario, consentendogli di far fronte alla situazione di emergenza.

Ma è proprio qui che bisogna fare una distinzione molto importante. Se la notizia di base fosse falsa, i fondamentali della banca sarebbero tali da garantire alla medesima la copertura di tutti i suoi debiti e l'unico problema sarebbe quello della liquidità di breve periodo, che sarebbe garantita, appunto, dalla Banca centrale, in attesa che la situazione si calmi. Ma se invece la notizia fosse reale, e perciò effettivamente la banca si trovasse in seria difficoltà, il problema non diventerebbe più la liquidità di breve periodo, quanto piuttosto l'effettiva insolvenza della banca con la mancanza di asset necessari per coprire il suo debito. Nel primo caso è possibile parlare di una crisi di fiducia, come quella avvenuta sui mercati nel 1998 a seguito della crisi russa che, come abbiamo detto prima, era stata risolta efficacemente con gli interventi delle banche centrali, Federal Reserve in primis. Nel secondo caso, invece, la crisi è di carattere strutturale e non basta più una semplice immissione di liquidità per risolverla.

E' questo il motivo fondamentale per cui la strategia finora seguita dalle banche centrali non ha avuto successo. Quando è scoppiata la crisi dei mutui sub-prime, la Federal Reserve americana aveva tentato di ripetere la mossa riuscita nel 1998, ma senza risultato. La crisi di fiducia, dopo un iniziale attenuamento, è tornata infatti a farsi vedere sui mercati, ancora più forte di prima. E nulla son servite, sinora, le cospicue immissioni di liquidità sul mercato alle quali abbiamo assistito nelle ultime settimane. Il motivo è semplice: le banche e gli altri istituti finanziari hanno investito enormi quantità di denaro nel mercato dei mutui sub-prime. Denaro che ora è andato letteralmente in fumo, portando con se la credibilità delle agenzie di rating che lo avevano certificato come investimento sicuro, ma soprattutto mettendo a serio rischio la solvibilità degli istituti finanziari implicati in questa crisi.

E' facile ora perdersi nei dettagli relativi a questa crisi ed agli strumenti finanziari coinvolti, ma ci sono almeno due punti importanti che vanno evidenziati per capire l'effettiva gravità di questa crisi. Gli Stati Uniti (e non solo) si sono trovati di fronte ad un enorme bolla speculativa sul mercato immobiliare che ha causato un impennata senza precedenti dei prezzi delle case. Ciò ha causato un aumento, a sua volta senza precedenti, della richiesta di finanziamenti, in particolar modo a tasso variabile, per l'acquisto delle nuove case, agevolato anche dalla politica dei tassi di interesse bassi tenuta dalla Federal Reserve (ed in generale dalle principali banche centrali di tutto il mondo). Ora che la situazione si è capovolta, almeno negli Stati Uniti, e ad una diminuzione costante del prezzo delle case si accompagna un aumento, altrettanto costante, dei tassi di interesse, molti acquirenti si trovano, paradossalmente, a dovere agli istituti di finanziamento un valore molto più alto di quello attuale delle proprie case da poco acquistate.
Una situazione di questo genere, come è facile immaginare, può causare, in molti casi, l'impossibilità di far fronte alle rate da pagare. O, nel caso migliore, ad un aumento della richiesta di chiusura anticipata dei mutui aperti per finanziare l'acquisto di queste case, se si possiede la liquidità necessaria per permetterselo. In entrambi i casi, si tratta di perdite cospicue in arrivo per gli istituti finanziatori, oltre che per coloro che hanno contratto i mutui.

I numeri sono molto alti. Secondo alcune stime se il prezzo delle case negli Stati Uniti crollasse del 20% rispetto al valore più alto, ben 13,7 milioni di americani si troverebbero nella situazione di cui sopra, numero che aumenterebbe fino a 20 milioni nel caso che il prezzo crollasse del 30%. Le perdite per le banche e gli istituti di finanziamento sarebbero effettivamente notevoli e, per far fronte a qualsiasi evenienza, le banche sono costrette, già da ora, a mettere da parte notevoli cifre. Questo spiega, a sua volta, la crisi di liquidità, il blocco pressochè totale del mercato dei prestiti americani e, soprattutto, l'assoluta razionalità che pervade, per una volta, il panico che si aggira come un fantasma sui mercati finanziari. Si tratta di cifre troppo elevate per far finta di nulla e ritenere, razionalmente, che il sistema possa continuare ad essere solvibile in ogni caso.

Come si può uscire da una situazione del genere? I mercati, per definizione, non torneranno a funzionare normalmente fin quando gli investitori non saranno sicuri che i corpi malati siano stati curati e l'infezione definitivamente debellata. E questo, molto probabilmente, non accadrà finchè i prezzi delle case continueranno a calare, e soprattutto finchè le banche e gli altri istituti finanziari non diranno la verità sulla propria situazione patrimoniale e sulle perdite sostenute a causa di questa crisi. Molto probabilmente ci vorranno anni e nessuna immissione di liquidità della Federal Reserve o di altre banche centrali potrà servire per risolvere stabilmente la situazione. Sempre che, nel frattempo, non diventi realtà la previsione di uno dei principali economisti inglesi, Peter Spencer, che in un articolo pubblicato sul Daily Telegraph di domenica ha avvisato: "Il governo deve agire immediatamente per sospendere una serie di regolamenti bancari che sono al cuore della crisi attuale, altrimenti rischia di assistere ad un collasso finanziario che potrebbe far impallidire il ricordo della crisi del 1929". Un ripasso della storia potrebbe essere di vitale importanza per decidere di agire prima che sia troppo tardi.


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