di Luca Mazzucato

Non è una battuta razzista da bar sport, ma la dichiarazione ufficiale di Olmert, primo ministro israeliano. Da venerdì l'esercito israeliano ha bloccato le forniture di carburante alla Striscia di Gaza e impedito alle Nazioni Unite di consegnare gli aiuti umanitari. L'unica centrale elettrica di Gaza City domenica si è spenta, lasciando al buio circa un milione e mezzo di persone. “Per quanto mi riguarda, tutti gli abitanti di Gaza possono camminare,” ha replicato stizzito Olmert alla domanda preoccupata di un giornalista riguardo la catastrofe umanitaria in corso. Potranno sicuramente camminare verso un radioso futuro anche i pazienti in dialisi all'ospedale di Gaza e i trentacinque bambini prematuri nell'incubatrice, per non parlare delle decine di malati gravi tenuti in vita dalle macchine. Il gasolio per il generatore di emergenza dell'ospedale può bastare per poche ore, dopo le quali la sentenza è già scritta. Quarantacinque pazienti sono già morti da giugno a questa parte a causa della chiusura di Gaza da parte dell'IDF. L'escalation comincia martedì scorso, quando attacchi dell'aviazione israeliana, mirati all'eliminazione delle squadre che lanciano i razzi Qassam su Sderot e Ashkelon, massacrano trenta palestinesi, tra cui il figlio dell'ex Ministro degli Esteri del governo Hamas, oltre a numerosi altri civili inermi. Il braccio armato di Hamas considera rotta la tregua con Israele e aumenta l'intensità dei lanci di razzi artigianali Qassam al ritmo di decine al giorno, fortunatamente senza provocare vittime tra gli israeliani. Di fronte alla completa impossibilità di fermare il lancio di razzi per manu militari, il governo Olmert decide attuare una punizione collettiva e sigillare completamente la Striscia, impedendo il passaggio di elettricità e gasolio, per i quali Gaza dipende da Israele. Da Giugno dello scorso anno, quando Hamas ha conquistato la Striscia, l'IDF, che ne controlla comunque tutti i confini, ha bloccato qualsiasi passaggio di merci e persone, che non fossero per motivi strettamente umanitari. Da Venerdì scorso persino il transito di carburante, cibo e medicinali è stato fermato completamente. In sostanza, un milione e mezzo di persone si sono ritrovate all'improvviso in un enorme campo di concentramento. Il paragone è quanto mai calzante, dal momento che il governo israeliano d'ora in avanti “non permetterà ai residenti di Gaza di avere una vita confortevole, evitando però una catastrofe umanitaria.” In sostanza, farà passare quel poco di carburante e cibo necessario a mantenerli in vita, e nient'altro, attuando un colossale esperimento in vivo, monitorando il livello di popolarità di Hamas nella Striscia al variare delle forniture di aiuti.

La mancanza di elettricità ha precipitato Gaza City nell'età della pietra. Che le macchine non possano girare non è una gran problema, con la disoccupazione a livelli dell'ottanta per cento nessuno può permettersi di usarle comunque. Gli effetti del blocco dell'elettricità sono ben altri, oltre alla mortale chiusura degli ospedali. Il problema principale riguarda l'acqua: essendo Gaza una zona desertica, l'elettricità è indispensabile per pompare l'acqua dai pozzi profondi e renderla potabile. Quindi la Striscia si ritrova al momento priva di acqua potabile. L'impianto fognario di Gaza City si è fermato, trasformando la città in una colossale fogna a cielo aperto. Le strade sono intasate da dieci o venti centimetri di liquami che appestano l'aria ed entrano nelle case. La catastrofe sanitaria è solo questione di giorni. Per non parlare di fabbriche, scuole, uffici chiusi. Per avere un'idea di cosa succede, basta immaginarsi la propria città al buio completo, in inverno, circondata da un muro elettrificato e sotto l'attacco continuo di caccia bombardieri.

Nei piani del governo israeliano, per evitare un imbarazzante catastrofe umanitaria immediata, si prevede la fornitura a singhiozzo, ogni qualche giorno, del poco gasolio necessario a mantenere in funzione l'ospedale, a partire da lunedì notte. Questa soluzione verrà adottata “finché Hamas manterrà il controllo della Striscia.” Anzi, secondo Olmert “Hamas sta aggravando la crisi a Gaza per ottenere pressioni internazionali su Israele.” Shimon Peres, presidente israeliano, ha poi precisato che il blocco totale continuerà finché non verrà fermato il lancio di razzi Qassam contro Sderot. Inutile dire che il folle lancio di razzi non si è fermato, anzi, pare che a stare in buona salute a Gaza siano rimaste solo le squadre di militanti, pagate fior di quattrini (fino a cinquemila dollari per lancio). Il leader di Hamas in esilio a Damasco, Khaled Meshal, ha dichiarato che “la resistenza, incluso il lancio di razzi, si fermerà solo quando Israele si ritirerà dalla terra Palestinese.” L'attuale situazione presenta dunque ampi margini di peggioramento.

Mercoledì si preannuncia un'infuocata sessione del consiglio di sicurezza, in cui i Palestinesi (non rappresentati ufficialmente) cercheranno di strappare una risoluzione di censura al blocco di Gaza, presentata dalla Libia per la Lega Araba. Le reazioni internazionali all'imminente genocidio a Gaza sono state però molto tiepide. Di questo si tratta, infatti, secondo l'articolo II della Convenzione dell'ONU sulla Prevenzione e Punizione del Genocidio, in cui questo crimine viene definito nel modo seguente: “Uno tra i seguenti atti commessi con l'intento di distruggere, del tutto o in parte, un gruppo nazionale, religioso, etnico o raziale: l'uccisione dei membri del gruppo; causare danni corporali o mentali ai membri del gruppo; infliggere deliberatamente sul gruppo condizioni di vita calcolate per portare alla distruzione fisica del tutto o in parte.” Mentre il segretario generale dell'ONU Ban Ki-Moon si è detto “preoccupato” per la situazione in Gaza, le diplomazie occidentali hanno evitato prese di posizione. Il ministro degli esteri D'Alema ha dichiarato di capire la gravità del lancio di razzi su Sderot ma di “non comprendere le ragioni dell'assedio di Gaza.” La nuova posizione ufficiale dell'Unione Europea è stata presentata Martedì da Franco Frattini in un incontro a Herzilya, in Israele, ed è molto interessante. Frattini afferma che “il blackout di Gaza non si può considerare un crimine di guerra” e “Israele ha il diritto di difendersi contro l'incessante lancio di razzi Qassam.” Possiamo dunque concludere che, tecnicamente, secondo la Convenzione dell'ONU citata in precedenza, l'UE sta supportando un genocidio.

Per quanto riguarda il resto del mondo arabo, se a parole la Lega Araba condanna il blackout di Gaza, l'Egitto, unico paese confinante con la Striscia di Gaza, si è guardato bene dal riaprire il valico di Rafah per permettere agli aiuti dell'ONU di entrare a Gaza. Il presidente palestinese Abu Mazen, da Ramallah, sta cercando di convincere la comunità internazionale a fare pressioni su Israele per fermare l'embargo a Gaza. Tuttavia è d'accordo con Olmert sul fatto che “sfortunatamente ci sono alcuni [Hamas] che vogliono solo far soffrire la nostra gente,” riferendosi al fatto che i razzi dei lanci Qassam (alcuni dei quali sparati dal braccio armato del suo partito Fatah) “devono finire al più presto.” Secondo Abu Mazen, la soluzione all'assedio di Gaza è che “Hamas faccia un passo indietro e lasci a Fatah il controllo dei checkpoint di confine,” e sostiene che l'attuale crisi di Gaza non deve mettere in pericolo il processo di pace, che deve continuare fino a concludere entro quest'anno l'accordo finale. Quindi il “sindaco di Ramallah” (come viene sovente chiamato il presidente palestinese), si presterà alle foto ricordo con Olmert e Bush persino mentre Olmert lascia morire di stenti i palestinesi della Striscia di Gaza, protetto dal veto di Bush al Consiglio di Sicurezza.

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