di Daniele John Angrisani

E' finalmente arrivato il giorno del giudizio negli Stati Uniti: in questo fatidico Supermartedì si vota infatti per ben 22 Stati per le primarie democratiche ed in 20 Stati per quelle repubblicane. Tra coloro che sono chiamati al voto per entrambe le primarie vi sono i cittadini della California, dello Stato di New York, dell'Illinois, del Missouri e di altri Stati minori. Il totale dei delegati in gioco è di circa 1.100 per i repubblicani, vale a dire pressochè la cifra che serve per assicurarsi la nomination. Considerando che il meccanismo di computo dei delegati per la Convention repubblicana è per gran parte basato sulla regola "il vincitore prende tutto" per distretto o per Stato, da molti il “Supermartedì” viene considerato come il giorno cruciale per l'aggiudicazione della nomination repubblicana. I sondaggi, dopo il rovinoso ritiro dalla corsa presidenziale di Rudolf Giuliani, beffato dalla sua stessa strategia elettorale, e le dichiarazioni di supporto da parte dei principali leader repubblicani come il governatore della California Arnold Scharzenegger, mostrano in netto vantaggio John Mc Cain, il quale si dice, da par suo, sicuro di ottenere la quasi matematica certezza della nomination con le votazioni odierne. Ben diversa è invece la situazione in campo democratico in cui nulla sembra ancora deciso. Barack Obama, che sembrava aver perso molto del suo smalto iniziale dopo le sconfitte in New Hampshire e Nevada, ha ripreso quota dopo la sua formidabile vittoria in South Carolina, dove ha doppiato la Clinton in percentuale di voti ricevuti. A rendere la situazione ancora più complicata vi è stato prima il ritiro di Edwards (il quale, però, non ha ancora dichiarato a chi dei due andranno i suoi voti) e poi gli endorsement ricevuti da Obama, tra i quali, molto importanti, quello del patriarca della famiglia Kennedy, Ted, oltre che della figlia dell'ex presidente Dwight D. Eisenhower, Susan. Stando ai sondaggi, comunque, la Clinton viene ancora considerata come favorita per la nomination finale, anche se, man mano che passano i giorni il suo margine su Obama diminuisce sempre di più.

Sebbene vi siano oggi in gioco pressochè metà dei delegati della Convention Democratica, è difficile che uno dei due sfidanti possa, alla fine di questa giornata, trovarsi nettamente in vantaggio sull'altro a meno di una sorprendente vittoria che al momento non è pronosticata dai sondaggi. Ciò per la semplice questione che buona parte di tali delegati democratici verrà eletta oggi con il metodo proporzionale puro, ovvero in base al numero di voti ottenuto da ciascun candidato senza alcun premio di maggioranza, il che rende molto arduo per entrambi ottenere una vittoria decisiva oggi. E' per questo motivo che, più del dato numerico, sarà importante il dato politico: se vi sono infatti alcuni Stati in ballo, come New York e l'Illinois che sono di fatto già assegnati (il primo alla Clinton, il secondo ad Obama), vi sono anche molti altri, tra cui in particolare, California (da sola più di 400 delegati), New Jersey e Missouri, in cui la competizione è ancora apertissima.
Qualche commentatore televisivo, soprattutto dopo lo stranamente cordiale faccia a faccia tra la Clinton ed Obama della scorsa settimana, ha già iniziato ad ipotizzare uno scenario che, se si realizzasse, sarebbe una assoluta novità nel panorama politico americano: un ticket tra una donna ed un nero per la Casa Bianca. Come ha però affermato, piuttosto ironicamente, Obama, rispondendo alla domanda di un giornalista su questa ipotesi “è ancora troppo presto per pensare che Hillary possa decidere di accettare di farmi da vicepresidente”. A parte le battute, comunque, una tale ipotesi viene considerata credibile solo nel caso di una vittoria finale alla nomination da parte della Clinton, in quanto per Obama sarebbe molto più accettabile correre da vicepresidente che non per una ex First Lady come la Clinton. In ogni caso è veramente troppo presto per parlarne.

Su una cosa, comunque, già tutti concordano. L'affluenza alle urne raggiungerà livelli mai visti per le primarie americane, cosa che, da sola, spiega l'interesse enorme degli americani per questa competizione elettorale. C'è inoltre anche un'altra novità interessante: per gli americani residenti all'estero ed iscritti alle liste elettorali del partito democratico, è stata data la possibilità di votare alle primarie, non solo di persona in alcuni Voting Center che sono stati organizzati nelle principali città del mondo (in Italia a Bologna, Firenze, Roma e Milano), ma anche via Internet, in modo tale da raggiungere il maggior numero di possibili elettori che per diversi motivi sono stati finora impossibilitati a votare. Come andrà questo esperimento, è presto per dirlo, ma è indubbiamente interessante vedere in azione, per la prima, l'e-voting anche in elezioni di tale importanza. Ed a questo punto, non ci resta che dire, come di tradizione, che vinca il migliore!

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