di mazzetta

Nicolas e Carla sono scesi all'aeroporto di N'Djamena, lei, vestita sobriamente, in scuro, è stata guidata alla conoscenza del paese dalla “premiere dame” del Ciad, avvolta in un luminoso scialle rosa. Nicolas si è intrattenuto alcune ore con presidente-dittatore Idriss Deby Itno. I due leader hanno discusso della recente rivolta, domata nel sangue grazie all'aiuto essenziale dell'esercito francese presente in loco e del vertice del Cemac, la parodia di Commonwealth che la Francia ha organizzato tra le sue ex colonie in Africa Centrale. Della visita del presidente francese ci è stata restituito solo lo sbarco, occasione per diffondere una carezza di Carla a Nicolas intravista dalle telecamere attraverso il lunotto di una limousine e niente di più. Nemmeno un cenno alle ultime novità urbanistiche della capitale, ora circondata da un vallo che dovrebbe impedire l'accesso ai fuoristrada dei ribelli, consentendo l'accesso alla capitale solo da varchi tenuti sotto tiro dai carri armati. A Deby non è piaciuto essere assediato nel palazzo preso a fucilate e sta prendendo le sue precauzioni, tra le quali l'abbattimento degli alberi centenari dei boulevard, colpevoli di aver offerto riparo ai ribelli durante gli attacchi degli elicotteri. La visita della coppia presidenziale in realtà è stata molto più densa di una semplice visita protocollare. Parigi in Ciad si dice neutrale mentre aiuta materialmente il dittatore a rimanere al potere. In aggiunta, è corsa al Consiglio di Sicurezza per ottenere (sostenuta dagli USA) una mozione di condanna della ribellione e un placet all'intervento armato in favore del “presidente regolarmente eletto”. La Francia ha promosso una missione europea nel paese (EUFOR), formalmente intitolata all'assistenza dei profughi del vicino Darfur, in realtà destinata a controllare le centinaia di migliaia di profughi dello stesso Ciad e della Repubblica Centrafricana, in fuga dalle rappresaglie indiscriminate delle bande armate agli ordini di due “presidenti regolarmente eletti” sostenuti proprio dalla Francia. Che ha rifornito i carri armati e difeso l'aeroporto dal quale sono partiti gli elicotteri che hanno assicurato la supremazia aerea all'altrimenti inutile rimasuglio d'esercito rimasto dalla parte del dittatore.

Nemmeno Amnesty International, che ha lamentato la sparizione di tre autorevoli oppositori del dittatore, è riuscita a dare una spruzzata di etica alla visita; la Francia ha risposto che non ci sono prove che siano spariti e meno che mai che lo siano per mano di Deby. Dimenticata anche la questione dei soldati-bambino, che l'esercito di Deby non trovando adulti disponibili, rapisce e costringe ad imbracciare i fucili, accanto ai mercenari arruolati con i soldi del fondo “etico” destinato alle spese sociali, cioè quelli che la Banca Mondiale ha sbloccato di fronte alla minaccia del dittatore di tagliare la produzione petrolifera. Non ce n'era bisogno, Deby piace tantissimo a Stati Uniti e Francia.

Nicolas e Carla torneranno in patria portando la grazia presidenziale per i rapitori di bambini dell'Arche de Zoe, associazione impegnata nel reperimento e rapimento di bambini africani da dare in adozione a coppie francesi. Fingendo di portare in salvo orfani del Darfur, l'organizzazione francese ha invece sottratto con l'inganno un centinaio di bambini del Ciad alle rispettive famiglie ed è stata colta sul fatto mentre cercava di imbarcarli su un aereo. La grazia da una condanna che stanno scontando in prigioni francesi che tutto sommato appare modesta se paragonata alla gravità e al numero di reati commessi dall’associazione.

Nicolas e Carla hanno sparso glamour anche in Sudafrica, cercando smaccatamente aperture commerciali verso l'Africa anglofona, in particolare c'era da trattare la fornitura di una centrale nucleare al Sudafrica. Oggi, che il paese ha ripudiato il programma atomico sviluppato dal governo bianco suprematista in tandem con Israele, può accedere allo shopping nucleare e sta pensando seriamente di costruire la prima centrale nucleare ad uso esclusivamente civile. Qui Nicolas si è fatto bello affermando davanti al parlamento sudafricano, bontà sua, che la Francia non intende mantenere perennemente i suoi contingenti militari in Africa, ma che l'Africa deve prima essere in grado di garantire la sua stessa sicurezza. Il presidente sudafricano Mbeki ha ritenuto le dichiarazioni di Nicolas un passo avanti "nel processo di decolonizzazione", ma ben pochi hanno raccolto la provocazione, in Francia come altrove.

Questa sarebbe nella sostanza “la svolta” nella politica francese in Africa, da tempo annunciata da Nicolas, che ha pure avuto la faccia tosta di dichiarare, intervistato da un importante quotidiano sudafricano, che non è più concepibile che la Francia sia coinvolta in conflitti interni. Nicolas ovviamente non ha spiegato perché la Francia abbia appena dato corso ad un “inconcepibile” intervento militare seguito dalla consueta carneficina degli oppositori. In ogni caso il cambiamento di politica della sua presidenza, dice lo staff di Nicolas, sarà graduale e differirà a seconda delle situazioni locali. Non c'è fretta. Sicuri?

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