di Elena Ferrara

Le olimpiadi cinesi - quelle della XXIX edizione - sono alle porte. La fiaccola - che con grande difficoltà ha superato molti scogli della contestazione organizzata dai monaci tibetani - è sulla via di Pechino dove l'8 agosto alle 8 e 8 minuti (una ricorrenza del numero 8 che, secondo la tradizione cinese, sarebbe di buon auspicio) si svolgerà la cerimonia d’apertura. Ci saranno, nella grande arena dello stadio, diecimila bambini di tutto mondo che saluteranno l’ingresso della fiaccola. In totale 50 minuti di spettacolo che dovranno rappresentare i momenti più importanti dei cinquemila anni di storia cinese evidenziando la mutazione genetica della società. Ma proprio mentre la dirigenza cinese punta a creare un clima di normalizzazione si apprende che è sempre più alto il rischio terrorismo e che accanto allo stadio olimpico spuntano le postazioni di missili terra-aria destinati a difendere l’intera area da possibili incursioni. Una mano in aiuto del governo di Pechino viene dagli americani che mandano sul posto esperti delle loro forze dell’antiterrorismo. Sul fronte del Tibet, intanto, sembra che si possa cominciare a parlare di calma. Perché Pechino - dopo i tre mesi di isolamento totale della regione - ha deciso di riaprire Lhasa e i monasteri delle maestose città di Sera, Drepung, Tashilumpo e Ganden ai turisti stranieri. I controlli sono stati allentati anche nelle prefetture di Nagqu, Qamdo, Nyinchi, Shannan, Xigazê e Ngar, punti cardinali di una delle più antiche e misteriose culture.

L’annuncio di queste nuove soluzioni per zone che erano prima “proibite” è arrivato dall’agenzia governativa Nuova Cina, che non ha chiarito però se la riapertura riguarda anche i giornalisti ed i diplomatici stranieri. Così come non spiega se saranno riaperte anche le zone delle vicine province del Gansu, Qinghai e Sichuan, che erano state chiuse a tutti gli osservatori stranieri dopo che le manifestazioni di protesta anticinesi, iniziate in marzo nella capitale del Tibet si erano estese ad altre zone a popolazione tibetana.

E mentre le notizie di una relativa normalizzazione del Tibet sono diffuse da Pechino si apprende che il governo centrale cerca di favorire l'immigrazione di cinesi di etnia Han nella Regione Autonoma del Tibet, anche grazie alla Ferrovia del Qingzang che dal 2006 collega Lhasa a Pechino e al resto della Cina. Si stima che questa linea porterà in Tibet 40 milioni di non tibetani (contro circa 6,5 milioni di tibetani). La ferrovia è lunga 960 chilometri e raggiunge un’altitudine superiore ai quattromila metri con un picco record di 6022 metri. La costruzione di questa opera viene ora presentata da Pechino come un vero gioiello di ingegneria. Ma conta anche il comfort dei vagoni. Sul treno, che viaggi per circa 48 ore per coprire il percorso tra le due capitali, ci sono a disposizione dei vagoni ristorante, bar, docce, teatri, karaoke e sale per la visione di programmi satellitari. Non mancano, ovviamente, maschere d’ossigeno sotto i sedili per chi ha problemi d’altura.

La Cina, quindi, si avvia alla grande prova olimpica con un attivismo che coinvolge i settori dell’economia e del turismo. Al mondo economico offre un mercato dalle dimensioni colossali dimostrando sempre più di avere abbracciato l’economia di mercato. Agli operatori turistici offre itinerari inediti: dalle visioni tibetane ai grattacieli di Shangai, dalle montagne gialle dello Anhui alla patria di Confucio, Shandong. Ma è chiaro che in questo momento è sui tour operator di tutto il mondo che Pechino concentra i suoi sforzi. Prima di tutto per portare turisti nella capitale e poi, una volta chiusi i giochi, tutti a Lhasa. Ammesso che a vincere sia stata la normalizzazione.

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