di Michele Paris

Con un’altra decisione che ha profondamente diviso i suoi 9 membri, dopo aver decretato qualche settimana fa la legittimità del metodo dell’iniezione letale nella procedura di condanna a morte, la Corte Suprema degli Stati Uniti d’America ha spazzato via la legge sul bando delle armi da fuoco per uso personale nel District of Columbia, stabilendo invece, per la prima volta nella storia del Paese, che il Secondo Emendamento garantisce tale diritto. La decisione ha così posto fine a decenni di dibattute sentenze nei vari tribunali locali, negando che l’emendamento approvato oltre due secoli fa stabilisca qualche relazione tra il diritto al possesso di un’arma al servizio svolto in una milizia o in un esercito regolare, come suggerisce invece il suo dettato. Mentre non è ancora chiaro quale sarà l’impatto della deliberazione sulle innumerevoli leggi che controllano la vendita e il possesso di armi nei vari Stati americani, essa agirà immediatamente su quella della capitale Washington e del suo distretto, unanimemente ritenuta una delle più rigide del paese. Oltre a proibire il possesso di un’arma da fuoco, la regolamentazione in vigore nel District of Columbia ordina che pistole e fucili vengano conservati scarichi e smontati oppure bloccati da speciali dispositivi di bloccaggio.

A stendere la sentenza è stato il giudice ultraconservatore Antonin Scalia, assieme al quale hanno votato contro la regolamentazione il giudice capo John G. Roberts jr., Anthony M. Kennedy, Clarence Thomas e Samuel A. Alito jr. “Il Secondo Emendamento senza dubbio eleva al di sopra di ogni altro interesse il diritto dei cittadini responsabili e osservanti della legge di utilizzare armi in difesa della loro proprietà”, si legge nella motivazione. L’opinione espressa dalla Corte Suprema peraltro solleva non pochi interrogativi circa la possibilità del governo federale di adottare ulteriori misure per regolare il possesso delle armi da fuoco, come ha sostenuto con insistenza l’ala liberal del tribunale nelle proprie opinioni in disaccordo con la maggioranza.

Il giudice Stephen G. Breyer, appoggiato da John Paul Stevens, David H. Souter e Ruth Baden Ginsberg, ha manifestato il proprio dissenso sottolineando come tale decisione “minacci di mettere in discussione la costituzionalità di tutte le norme sul controllo delle armi da fuoco negli Stati Uniti”. In piena sintonia con i quattro membri di minoranza della Corte, l’amministrazione del District of Columbia ha annunciato che nuove regole volte a regolare il possesso delle armi da fuoco prenderanno il posto della legge appena invalidata, un’iniziativa destinata a suscitare ulteriori nuove contestazioni.

A sostegno della sentenza si è schierato invece l’avvocato di tendenze libertarie Robert A. Levy, il quale ha contribuito in maniera decisiva a mettere in piedi il procedimento che ha portato alla sentenza della Corte Suprema assoldando, tra gli altri, la guardia privata Dick Anthony Heller, il quale aveva rivendicato il diritto a portare con sé la propria arma anche al di fuori dell’orario di lavoro. “Il Distretto non può cercare di risolvere i suoi problemi legati alla criminalità violando i diritti dei cittadini rispettosi della legge”, ha affermato perentoriamente Levy. La stessa Casa Bianca, inizialmente favorevole al riconoscimento del diritto individuale di portare armi da fuoco ma orientata a rispedire il caso ad una Corte inferiore per permettere un dibattito più ampio sull’intera questione, ha accolto la decisione con favore. “Dal momento che sono sempre stato un convinto sostenitore dei diritti dei possessori di armi in America, approvo pienamente la storica decisione della Corte Suprema che conferma ciò che è sempre stato chiaro nella Costituzione: il Secondo Emendamento protegge cioè un diritto individuale di possedere e portare armi da fuoco”, è stato il comunicato ufficiale del Presidente George W. Bush.

Ugualmente positive sono state le reazioni dei due candidati alla presidenza John McCain e Barack Obama, anche se il Senatore repubblicano dell’Arizona si è dimostrato decisamente più entusiasta. Quest’ultimo infatti, ha definito la sentenza una “vittoria storica”, prendendo di mira, tra le altre, le leggi restrittive che a Chicago, città d’origine di Obama, stabiliscono qualche tipo di regolamentazione sul possesso delle armi. Da parte sua il Senatore democratico dell’Illinois si è detto da sempre assertore del Secondo Emendamento, ma allo stesso tempo ha affermato che ritiene “necessarie misure restrittive di sicurezza in quelle comunità colpite da un elevato tasso di criminalità”.

Nonostante, anche secondo il parere del giudice Scalia, la sentenza non intenda mettere in discussione le proibizioni sul possesso delle armi da fuoco relative a persone affette da disturbi mentali o che abbiano subito condanne, nonché in luoghi sensibili come scuole o edifici federali o ancora per armi insolite e particolarmente pericolose, le sfide che si prospettano a breve coinvolgeranno quelle legislazioni cittadine che hanno finora garantito una rigida normativa come a Chicago, New York, Philadelphia e Detroit. Proprio nella metropoli dell’Illinois, dove è in vigore un’ordinanza molto simile a quella di Washington, immediatamente dopo la deliberazione della Corte Suprema è stata presentata una richiesta alla Corte Federale per renderne nulla la validità.

Il sindaco della capitale degli USA, il democratico Adrian M. Fenty, ha dichiarato che il municipio muoverà quanto prima i passi necessari per adeguarsi alla sentenza. La prima misura da adottare pare comprenderà un periodo di amnistia durante il quale i possessori di armi da fuoco potranno registrarle senza incorrere in alcuna penale. Resta inteso, a detta del sindaco Fenty, che continuerà ad essere considerato illegale portare armi al di fuori della propria abitazione e che solo le armi registrate potranno essere conservate. Le armi automatiche e semiautomatiche rimarranno illegali, ha poi aggiunto.

Un altro motivo di polemica è determinato dal fatto che la sentenza della Corte Suprema nel caso “District of Columbia contro Heller” si riferisce esclusivamente all’area di Washington e quindi ad una legge federale, senza risolvere la questione se il diritto riconosciuto dal Secondo Emendamento debba riferirsi anche alle leggi statali e locali. Se quest’ultima ipotesi dovesse cadere infatti, le regolamentazioni in vigore in molte aree urbane degli Stati Uniti verrebbero escluse dalla decisione dei membri della Corte e potrebbero così continuare ad essere considerate legittime.

Nella colpevole e quasi totale mancanza di ferme condanne a tale sentenza da parte del mondo politico americano, spiccano invece alcune reazioni dei giornali tradizionalmente di area liberal, come l’editoriale del New York Times in proposito che ha accusato senza mezzi termini i giudici della Corte Suprema di rendere con questa decisione gli Stati Uniti un paese più pericoloso provocando un costo enorme in termini di vite umane. Ricordando che ogni anno negli USA vengono uccise dalle armi da fuoco circa 30.000 persone mentre sono nei luoghi di lavoro, camminano per strada, nelle scuole o nei centri commerciali, la prestigiosa testata newyorchese è certa che la cancellazione di leggi come quella applicata a Washington produrrà nel prossimo futuro un aumento di morti senza senso in tutto il paese.

Assurda sembra poi l’interpretazione riferita ai singoli cittadini del Secondo Emendamento che si riferisce invece esplicitamente, nel diritto di possedere e portare un’arma, al servizio in una regolare milizia. A ciò si aggiunga l’ultima deliberazione del Supremo Tribunale americano relativa al possesso di armi da fuoco, risalente al 1939, punto di riferimento per tutte le corti che negli anni seguenti hanno dovuto trattare con questa delicata questione e ribaltata clamorosamente dalla decisione del giudice Scalia e dagli altri membri di maggioranza. I riferimenti alle stragi degli ultimi anni avvenute nei campus universitari della Virginia Tech (33 morti) e della Nothern Illinois University (6 morti) sono poi inevitabili e si connettono anche al recentissimo episodio avvenuto la settimana scorsa all’interno di una fabbrica del Kentucky dove un operaio ha sparato uccidendo il suo supervisore ed altri quattro colleghi prima di volgere l’arma contro se stesso.

Ricordando il caso dibattuto dalla Corte Suprema sempre nel mese di giugno di quest’anno relativo al riconoscimento del diritto dell’habeas corpus per i detenuti della Base di Guantánamo, l’editoriale del New York Times si chiude con la dichiarazione di dissenso sostenuta in quell’occasione da Antonin Scalia, nella quale paventava che tale sentenza “avrebbe causato quasi certamente l’uccisione di molti altri americani” facilitando la liberazione dei presunti terroristi. Una simile dichiarazione invece può essere ribaltata e applicata purtroppo con maggiore fondatezza al caso attuale concernente la legislazione sul controllo delle armi nel District of Columbia, sollevando una riflessione su quali effetti disastrosi possa produrre una Corte composta da una maggioranza sempre più schiacciante di giudici di estrema destra. Una prospettiva che minaccia di materializzarsi concretamente nel caso di una prossima amministrazione presieduta da John McCain.

Pin It

Altrenotizie.org - testata giornalistica registrata presso il Tribunale civile di Roma. Autorizzazione n.476 del 13/12/2006.
Direttore responsabile: Fabrizio Casari - f.casari@altrenotizie.org
Web Master Alessandro Iacuelli
Progetto e realizzazione testata Sergio Carravetta - chef@lagrille.net
Tutti gli articoli sono sotto licenza Creative Commons, pertanto posso essere riportati a condizione di citare l'autore e la fonte.
Privacy Policy | Cookie Policy