di mazzetta

Assistere all'ondata di arresti eccellenti che ha scosso la Turchia e alle conseguenti polemiche che li hanno seguiti, provoca robusti deja-vu. Gli arresti sono scaturiti dallo svelamento di una rete di potere ultra-nazionalista dedita ad attentati, golpe ed altre amene attività. Dalla struttura di Ergenekon, rete di origine atlantica trasformatasi poi nel baricentro di quello che è stato chiamato “lo stato profondo”, le indagini hanno preso le mosse fino a delineare una lunga serie di reati gravissimi commessi da importanti personalità turche. I fatti non ti esauriscono tuttavia nel contrasto ad una rete accusata di ricorrere sistematicamente alla violenza per perseguire i proprio obiettivi politici ed economici. La grande retata è scattata infatti a pochi giorni dall'attesa relazione del Procuratore turco di fronte alla Corte Costituzionale, relazione che dovrebbe provare le accuse di “lesa secolarità” da parte dell'AKP, il partito di ispirazione musulmana che esprime il premier ed il Presidente della Repubblica. L'accusa, se riconosciuta fondata, porterebbe al paradossale bando del partito di maggioranza e all'esclusione del Premier e del Presidente della Repubblica dalla vita politica. Lo "Stato profondo" in Turchia non è un'invenzione giornalistica: decine sono i delitti smaccatamente compiuti da esponenti dell'apparato statale e loro complici in nome della presunta difesa della laicità dello stato, subito tramutatasi in difesa nazionalista del dubbio concetto di “turchità”. Molti scrittori ed oppositori sono stati accusati in passato di offesa alla "turchità" e molti tra quelli che non sono finiti rinchiusi a norma di legge hanno poi trovato la morte per mano di balordi armati e protetti da elementi dell'esercito e della polizia. Tipici in questo senso gli omicidi “politici” dello scrittore Dink e del prete italiano Don Santoro, ma altrettanto tipica la lunga serie di attentati e uccisioni da attribuire prima ai curdi e in seguito ai cattivi islamici. A carico della rete l'inchiesta pone anche un paio di progettati golpe.

La novità di questi giorni è che il potere civile per la prima volta riesce ad incidere lo stato profondo, in particolare la casta militare. Alcuni dei generali in pensione tratti in arresto sono stati presi all'interno di strutture militari, con il consenso evidente dell'esercito. Solo pochi mesi fa il procuratore di Van, che aveva accusato l'attuale capo dell'esercito turco di aver organizzato un attentato da attribuire ai curdi, si è visto togliere l'inchiesta e si è procurato noie di ogni tipo.

Una svolta che cade in un momento delicatissimo, stante il procedimento aperto contro l'AKP, ma che non è detto si delinei come un punto a favore del governo. L'ondata di arresti ha infatti dilatato molto quelli che sembravano gli obiettivi iniziali e in carcere, insieme a generali in pensione e uomini di apparato, sono finiti molti personaggi accusati di dare “sostegno ideologico” alla rete golpista clandestina. Tra questi l'editore capo del Tercüman daily, pubblicazione ultra-nazionalista, ma anche quello di Cumhuriyet, testata considerata progressista nel panorama turco oltre al presidente della camera di commercio di Ankara e numerosi esponenti della società civile, oltre agli organizzatori della “Marcia per la laicità” dello scorso anno.

Se da un lato sembra che il governo voglia liberarsi degli oppositori più feroci, non è però del tutto scontato che questa possa essere la chiave di lettura corretta. L'abbondanza negli arresti, secondo commentatori liberali turchi, potrebbe combinarsi le accuse di lesa laicità e legittimare i militari nel mettere definitivamente fuori gioco l'AKP ed i suoi membri. A rafforzare questa ipotesi resta l'atteggiamento prudentissimo sulle inchieste da parte di Erdogan e del presidente Gul. Si tratterebbe quindi di dispiegamento di un pretesto per cancellare l'AKP.

Se è provata l'esistenza di una rete dedita all'assassino politico, non è quindi detto che questo sia sufficiente a mettere il governo dalla parte dei giusti o al riparo dalle accuse promosse da quegli stessi nazionalisti che sono stati arrestati. L'ago della bilancia resta l'esercito e bisognerà attendere per capire se i generali sceglieranno di cogliere l'occasione per liberarsi di pezzi impresentabili del passato o se non siano in attesa del momento buono per sbarazzarsi dell'AKP.

Curiosamente la notizia in Europa non ha suscitato molto scalpore, alcune testate di destra se ne occupano cercando di descrivere un tentativo di golpe bianco “islamico” che non è nelle cose, ma in generale il disinteresse regna sovrano. In Europa l'ingresso della Turchia nella UE è tradizionale argomento delle minoranza xenofobe, preoccupate di importare islamici. Trattandosi di minoranze molto più rumorose della felpata diplomazia comunitaria, non tutti si sono resi conto che il vero ostacolo posto dalla UE è quello della preventiva rimozione dei militari dal potere e la cancellazione dalla costituzione delle norme che ne stabiliscono la primazia sul potere civile.

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