di Carlo Benedetti

MOSCA. Il titolo è: “L’aggressione georgiana diretta da israeliani”. E subito dalle edicole moscovite vanno esaurite le 570.000 copie del settimanale Argumenty nedeli (Argomenti della settimana) che dedica una pagina a questa notizia che già circolava negli ambienti diplomatici della capitale. Ma ora arrivano i fatti, le testimonianze, i nomi precisi. Di qui l’interesse dell’opinione pubblica ed anche un certo allarme perchè questa “vicenda” può scatenare una reazione del nazionalismo russo, ferito e risentito. La vicenda generale è nota ed è l’argomento del giorno. Perchè il fatto che la Georgia abbia attaccato l’Ossezia del Sud e l’Abkhazia è già un fatto consegnato alla storia. Ma la domanda che resta si riferisce al “come” sia stato possibile che un paese così piccolo - e cioè la repubblica caucasica - sia stato in grado di muovere le sue armate con un blitz-krieg teso a mettere l’avversario con le spalle al muro. Molti, a Mosca, gli interrogativi sulle capacità o meno dell’intelligence di prevedere mosse aggressive, situazioni di fatto, sbocchi e conseguenze. E così la Russia potente e militarmente ben piazzata scopre di avere il suo tallone d’Achille. Com’é successo e perché lo spiega ora il settimanale russo con un articolo non firmato che sa molto di velina che arriva dal vertice del Paese. Sotto accusa, in pratica, è il GRU - il Glavnoje Razvedivatel'noe Upravlenie - cioè la “Direzione principale delle informazioni”, organismo, inquadrato nel ministero della Difesa come II Direzione Principale dello Stato Maggiore Generale. Un servizio, quindi, responsabile dell'insieme del ciclo delle informazioni necessarie alla condotta militare strategica e operativa. Ma questa volta il GRU - pur se forte di quindicimila agenti - ha commesso un errore. Non ha previsto che dietro all’esercito georgiano c’erano (e ci sono) armi sofisticate che vengono da Israele.

Ed ecco la ricostruzione in merito così come presentata dal settimanale russo. Il primo riferimento è al tipo di attrezzature ed armi che - in dotazione all’esercito di Tel Aviv - sono entrate in funzione pochi istanti prima che Saakasvili premesse il bottone del blitz. Tutti erano all’erta. Meno che gli agenti del GRU. E così hanno preso il volo gli aerei senza pilota (Rpv, droni della Elbit System con la sigla “Made in Israel”) per le prime ricognizioni e si sono alzati anche i bombardieri mentre a terra entravano in azione i mezzi corazzati appoggiati dai sistemi computerizzati fabbricati a Tel Aviv. Tutto secondo i piani prestabiliti con un Saakasvili che si è subito preoccupato di tranquillizzare gli amici fornitori dichiarando: “Le armi israeliane si sono rivelate molto adeguate”. E il merito delle operazioni lampo è anche andato a due istruttori israeliani: i generali Israel Ziv e Gal Girs.

Ma il fatto più eclatante, sul quale il settimanale di Mosca pone l’accento, consiste nel rendere noto - in maniera ufficiale - che “tutta l’operazione dell’armata georgiana contro l’Ossezia del Sud è stata messa in essere da cittadini israeliani”. Argumenty nedeli rivela che “in Israele vivono oltre 50mila ebrei georgiani”, ma sin qui, sicuramente, nulla di particolare o allarmante. Ma il fatto è - scrive il settimanale - che tra questi “georgiani” - c’è un certo Irakli Okrusciasvili che si trova alla testa degli ebrei georgiani e che opera in stretto contatto con David Keserasvili, l’aiutante diretto del presidente Saakasvili. E si tratta di un ebreo georgiano che è passato dal lavoro di collaborazione con il vertice di Tbilissi al posto di ministro della Difesa. In tasca due passaporti: uno georgiano ed uno israeliano. E con lui un altro personaggio dal doppio passaporto: Temur Jakobasvili. I due, insieme, contribuiscono - scrive il settimanale di Mosca - ad approntare anche la piattaforma mediatica, antirussa, di Tel Aviv. Sin qui la denuncia.

Resta comunque il fatto che il GRU - che nel suo “Statuto” vanta la sua specializzazione nel campo militare e nella valutazione delle minacce esterne alla Russia e alla Comunità degli Stati Indipendenti - ha mostrato, come scrive ora la stampa di Mosca, di essere un colabrodo. E’ vero che ha a disposizione 20 tipi di aerei, 60 navi, stazioni radio, satelliti (ha un proprio cosmodromo) ed ha basi, oltre che nei Paesi della CSI, in 60 installazioni protette dal diritto diplomatico nonché a Cam Rank in Vietnam ed a Lourdes, una località sull’isola di Cuba a meno di 200 km dalla costa statunitense, dove operano 1000 agenti. Ma il fronte del Caucaso, come si vede, era ben scoperto. E il Cremlino può solo sfogarsi gettando un po’ di fango su una intelligence che ha mostrato una clamorosa carenza di analisi e precisioni. Grave in generale, gravissima alla luce della situazione attuale.

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