di Mario Braconi

Si sa, l’oscenità della guerra è spesso nascosta da un velo trasparente di ipocrisia. Ultimo esempio: per “stanare” Obama dal suo meditabondo silenzio e costringerlo ad una (pur blanda) presa di posizione sulla tragedia che si sta abbattendo sui Palestinesi della striscia di Gaza c’è voluta la strage della scuola di al-Fakhora nel campo profughi di Jabaliya, centrata, a quanto sembra, da ben due F16 dell’aviazione israeliana. La conseguente esplosione di un deposito di carburante in un lampo si è portata via quarantadue persone, certamente in gran parte civili innocenti che avevano cercato rifugio nell’edificio agli scambi di artiglieria tra l’esercito israeliano e le milizie di Hamas. Mentre si diradava il fumo sui resti della scuola, arriva la flebile dichiarazione del neo-presidente americano, “preoccupato delle morti di civili in Palestina e in Israele”. Ma la guerra porta con sé anche altri tipi di ipocrisia: pensiamo a quelle intrinseche alle sue “regole”. Per quanto sembri paradossale, anche la manifestazione più deteriore della povertà di spirito umana, la guerra, ovvero ciò che nega per sua stessa definizione il diritto più importante, quello alla vita, finge di darsi un “diritto”. Il trattato di Ginevra del 1980, infatti, stabilisce che il fosforo bianco non possa essere utilizzato come arma chimica: appena viene a contatto con l’ossigeno presente nell’aria, esso sviluppa anidride fosforica, generando calore e dando vita ad una luce color giallo intenso. L'anidride fosforica reagisce violentemente con composti contenenti acqua e li disidrata producendo acido fosforico, mentre il calore sviluppato dalla reazione brucia i tessuti organici. La pelle della vittima viene piagata da ustioni di secondo o di terzo grado; non di rado l’acido continua la sua azione distruttiva fino a che le ustioni raggiungono le ossa. Charles Heyman, esperto di cose militari ed ex maggiore dell’esercito britannico, non ha dubbi: “Se venisse impiegato deliberatamente il fosforo bianco su una folla, qualcuno finirebbe al tribunale dell’Aja.”

Ma il diavolo è nei dettagli: infatti, anche se non vi sono dubbi che questo tipo di armi sia vietato quando viene dispiegato direttamente contro le persone, il diritto internazionale non prevede un veto assoluto al suo impiego per altri scopi; in altre parole, quella che a tutti gli effetti è una micidiale arma chimica, è “ammessa” quando viene usata per creare cortine fumogene o illuminare il teatro di un’operazione militare. Se poi qualche “nemico” passa da quelle parti, lo scempio prende il nome di “danno collaterale”. Per inciso, il problema potrebbe essere facilmente risolto, se solo lo si volesse classificare il fosforo bianco “arma chimica” tout-court: una volta “battezzato” in questo modo, il suo utilizzo diverrebbe inequivocabilmente un crimine contro l’umanità, quale che sia l’obiettivo dichiarato di chi se ne serve.

Il 4 gennaio scorso le truppe israeliane che hanno cominciato l’azione di terra nella striscia di Gaza si sono avvalse della copertura di proiettili traccianti quasi certamente al fosforo, come ben documentato dalle foto che i media (inglesi) hanno prontamente pubblicato sulla Rete. Il quotidiano britannico The Times ha chiesto lumi al capitano Ishai David, portavoce di IDF (Israel Defence Forces) il quale ha negato l’impiego di fosforo, senza peraltro specificare quale sostanza, invece, sarebbe stata impiegata: “Israele usa munizioni ammesse dal diritto internazionale”. Dichiarazione che non dissolve il dubbio, essendo il fosforo bianco, come visto sopra, non del tutto proibito; anche volendo prendere per buona la dichiarazione di rispetto delle regole internazionali, è impossibile restare impassibili di fronte allo spettacolo dell’unica democrazia del Medio Oriente che impiega un’arma chimica tanto pericolosa in una zona ad altissima densità abitativa: nei Territori vivono oltre 650 persone per chilometro quadrato (dati ONU, 2004); per avere un termine di paragone in Italia ne vivono 193 e in Francia 110. Eufemisticamente, si può dire che l’attenzione ai civili non è tra le priorità dell’esercito israeliano; altrimenti si potrebbe concludere che lo scopo delle forze armate con la Stella di David sia seminare il terrore nella Striscia.

La reticenza di Ishai David non è molto rassicurante, anche considerando che, nell’ottobre del 2006, l’allora Ministro israeliano dei rapporti governo-Knesset, Jacob Edery, ammise che “nel corso della guerra contro Hezbollah, IDF usò proiettili al fosforo in attacchi diretti ad obiettivi militari in campo aperto”. Non sarebbe quindi la prima volta. E forse nemmeno l’ultima.

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