di Eugenio Roscini Vitali

Chiedersi il perchè di una guerra tanto orribile quanto stupida è certamente inutile, non fosse altro perché una guerra è sempre una cosa assurda e perché chi l’ha decisa trova l’appoggio di gran parte della comunità internazionale, sia essa pro-Israele, sia essa pro-Gaza. Certo è che questa guerra non renderà gli israeliani più sicuri né l’estremismo islamico meno pericoloso, tanto meno renderà i 500 mila bambini che abitano la Striscia più liberi di giocare. Piuttosto accrescerà l’odio tra le generazioni a venire e impedirà per lungo tempo ogni forma di dialogo e ogni progetto di pace. Oltre a chi vende armi e casse da morto, in ogni guerra c’è comunque chi, suo malgrado, finisce per trarne un vantaggio: chi, in vista delle elezioni, conquista la fiducia dell’elettorato radicale; chi trova il modo per riacquistare una credibilità persa a causa di una sconfitta inattesa; chi riesce a prolungare la propria nomina nonostante il termine del mandato; chi rafforza la sua posizione, se pur estrema. Lungo la Striscia di Gaza la situazione umanitaria è ormai gravissima: le Nazioni Unite valutano che circa il 50 per cento delle vittime sono civili; con riferimento alla data del 12 gennaio, le autorità palestinesi parlano di 910 morti e 4250 feriti; 292 i bambini e 75 le donne che hanno perso la vita; 1497 i bambini e 626 le donne rimasti feriti. Gli ospedali sono a corto di medicinali e le condizioni igenico-sanitarie sono inaccettabili; i civili vagano in cerca di una via di fuga; mancano cibo, acqua potabile, gas ed elettricità.

Rasi al suolo interi quartieri; colpite scuole ed edifici pubblici; 18 le moschee distrutte, luoghi che Tsahal considera arsenali clandestini e rifugio per i miliziani ma che molte volte la popolazione utilizza come ultimo riparo dai bombardamenti. Colpita la sede centrale della Mezza Luna Rossa, la sede dell’agenzia Onu che si occupa dei profughi palestinesi (Unrwa) e il vicino ospedale di Tell al Hawa; attaccato l'edificio Al Shuruq, il palazzo che ospita gli uffici dell'agenzia Reuters, le emittenti e i media arabi al Arabiya ed Mbc.

Le informazioni parlano di un aumento delle attività militari sulle città di Gaza, Khan Yunis e Rafah e di una forza di occupazione che trasgredisce alle fondamentali regole del diritto internazionale, che usa addirittura il fosforo bianco illuminare e stanare il nemico. E parlano anche di una risposta altrettanto scellerata: secondo lo Shin Bet dall’inizio dell’operazione “Piombo fuso” Israele è stata colpita da più di 600 razzi, di cui almeno 60 Katiusha a lungo raggio, e circa 200 colpi di mortaio.

Negli ultimi tre anni lo Stato ebraico ha costretto la Striscia Gaza ad un assurdo quanto mai disumano isolamento; ha privato gli arabi-palestinesi dei più elementari diritti civili e in molti casi della stessa dignità; li ha recintati con un muro di metallo arrugginito alto circa 8 metri; ha trasformato i 360 chilometri quadrati della sottile lingua di terra in un carcere a cielo aperto, un carcere popolato da un milione e mezzo di civili; ha posto le condizioni perché Gaza diventasse teatro di una guerra civile. Nello stesso periodo le milizie islamiche hanno lanciato su Israele quasi 6 mila razzi e 4 mila colpi di mortaio; 37 i cittadini israeliani morti dal gennaio 2000 a causa dei Qassam palestinesi.

Così come accade da sempre, nelle ultime tre settimane la capacità bellica di entrambi gli attori ha dimostrato ancora una volta di essere solo cocepita per offendere e non per difendere. Le bombe continuano a cadere e ogni giorno la gente che abita la Striscia muore; lo Stato ebraico piange i civili uccisi dai razzi e i soldati vittime del fuoco amico. La storia si ripete, una storia iniziata il secolo scorso, prima ancora che Israele nascesse, prima ancora che gli araba fossero cacciati dalle loro case, dai loro villaggi, dalla loro terra.

Attaccare Gaza non sta rendendo la vita dei cittadini israeliani più sicura, così come non la renderà più sicura l’ostinazione americana, sia della vecchia che della nuova amministrazione, a non voler trattare con Hamas. Al contrario, l’azione scellerata decisa dalla triade Olmert, Livni, Barak, sta producendo un effetto disastroso: la campagna delle Forze di Difesa Israeliane sta concependo una nuova generazione di orfani, bambini scioccati dalla guerra che in molti casi, oltre ad essere feriti nell’animo, subiscono lesioni permanenti che per il resto della loro vita non faranno altro che alimentare la fiamma dell’odio e della vendetta.

Il ministro della Difesa israeliana, Ehud Barak, si scusa per gli incidenti e per le vittime civili della guerra; lo fa anche la signora Tzipi Livni, convinta che la prima causa di tanta violenza è l’ostilità di Hamas ad usare le donne e i bambini come scudi umani; lo fanno Ehud Olmert e Shimon Peres, convinti che per salvaguardare l’interesse degli israeliani l’azione militare era inevitabile.

Ipocrisia ed egoismo, lo stesso espresso dai leader di Hamas che da Damasco, ignorando assolutamente il sacrificio dei civili, incitano il popolo palestinese a combattere fino alla morte. Lo stesso individualismo e la stessa prepotenza espressa da chi ha escluso il movimento islamico dalla conferenza di Annapolis, da chi ha aiutato Abu Mazen a rovesciare un governo legalmente eletto, da chi continua a volere risolvere la questione israelo-palestinese con l’uso esclusivo della violenza.

Che l’operazione “Piombo fuso” non giovi agli israeliani lo dimostra ancor di più quanto sta accadendo sul fronte settentrionale. Beirut ha già inviato nel Libano meridionale i suoi migliori reparti speciali, commando della terza, sesta, undicesima e dodicesima brigata che dovranno collaborare con i Caschi blu di Unifil per fermare il lancio di razzi Katiusha su Israele. La paura è che lo Stato ebraico decida di rispondere alle provocazioni dei gruppi palestinesi che operano a pochi chilometri dal confine e che i libanesi per ora definiscono “elementi sconosciuti”. Hezbollah nega ogni coinvolgimento ma questo non significa che a guerriglieri palestinesi non godano dell’appoggio logistico e militare del movimento religioso sciita e, di conseguenza, dell’Iran.

Il conflitto, per ora limitato alla sola Striscia di Gaza, potrebbe quindi estendersi a macchia d’olio e scoppiare proprio nelle mani di chi l’ha voluto. A Gerusalemme c’è chi comincia a parlare di un coinvolgimento diretto di Teheran e dei pirati somali che i pasdaran utilizzerebbero per rifornire di armi i guerriglieri palestinesi. Nella rotta che dal Mar Rosso arriva a Suez, Stati Uniti ed Israele starebbero organizzando una vera e propria guerra segreta contro il contrabbando di armi. Tre le rotte che secondo i servizi segreti alimenterebbero l’arsenale di Hamas: quella che gli iraniani utilizzano per raggiungere il Mediterraneo attraverso il Canale di Suez; quella che dal Golfo di Aden arriva al porto eritreo di Assab e da lì, attraverso il Sudan, risale il Nilo; quella che, partendo dai porti del Montenegro e della Croazia, raggiunge il Sinai attraverso l’Adriatico e l’Egeo. Tutto questo mentre il Comando della Marina Americana per il trasporto militare marino (MSC) noleggia un mercantile per trasportare tremila tonnellate di armi in Israele. La guerra potrebbe quindi non fermarsi a Gaza e certamente non finirà neanche se israeliani e palestinesi accetteranno la soluzione di tregue proposta dal Cairo: troppi gli attori, troppi gli interessi.

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