di mazzetta

Per capire cosa è successo attorno alla conferenza ONU contro il razzismo che si è chiusa ieri a Ginevra, basta leggere la composizione delle due squadre che si sono affrontate cercando di piegare l'evento alla propria convenienza politica. Da una parte Ahmadinejad, presidente iraniano prossimo alle elezioni in cerca di uno spot in grado di attenuare il discredito del quale gode in patria, dall'altra una serie di paesi e di governi che ricalcano esattamente la lista di quanti hanno fortemente voluto e messo in atto l'invasione illegale dell'Iraq. Italia, Polonia, Olanda, Nuova Zelanda ed Australia hanno seguito come cagnolini le mossa di Stati Uniti ed Israele, solo il governo britannico si è astenuto dalla pantomima. Hanno perso tutti, a cominciare dagli israeliani che hanno dato il via alle danze per deflettere qualsiasi critica contro la loro occupazione criminale dei Territori Occupati, utilizzando la strategia unica sulla quale si sono appiattiti tutti i governi israeliani più recenti: stimolare una guerra preventiva contro un nemico che si vuole pericolosissimo fingendo che Israele sia minacciato nella sua esistenza da “un nuovo Hitler” o da pericolosissime “armi di distruzione di massa”. Un espediente usato alla nausea, dal 2001 ad oggi, con l'inganno della “guerra preventiva” sono stati attaccati: l'Afghanistan, l'Iraq, la Somalia, il Libano, le due (ormai) enclave palestinesi, la Siria e ultimamente anche il Sudan. Ora Israele chiede a gran voce l'attacco all'Iran, nonostante il paese non sia militarmente in grado di rappresentare una minaccia e nonostante nessuno abbia mai denunciato tracce di preparativi per operazioni militari da parte dell'Iran.

Non a caso il proposito dell'amministrazione Obama di cercare un dialogo con l'Iran ha provocato in Israele un'ondata d'insulti verso il presidente americano, del tutto simile a quelli che raccoglie dagli estremisti di destra nel suo paese. Israele è in crisi e i politici israeliani che in questi anni hanno cavalcato la War on Terror sanno che senza nemici esterni di un certo peso non potrebbero continuare a trarre vantaggio dalla deriva estremista che ha ormai avvolto gran parte degli israeliani. I politici israeliani da anni non si occupano che di minacciare e progettare attacchi militari, è ormai evidente che non siano capaci di concepire una politica diversa, ma non si vede all'orizzonte una classe politica con idee diverse, come dicono molti, oggi Israele è la peggior minaccia all'esistenza di Israele.

Israele ed Ahmadinejad hanno così trovato un terreno di comune interesse nel boicottare la conferenza contro il razzismo e una serie di governi hanno retto il gioco, vuoi per solidarietà tra complici, vuoi per altri interessi concomitanti. L'iniziativa ONU contro il razzismo è infatti da lungo tempo boicottata dai paesi occidentali e fortemente voluta dal secondo e terzo mondo. Uno dei punti più controversi, al di là della questione mediorientale, è il focus principale di tutto il lavoro svolto negli ultimi anni: la condanna dello schiavismo e del colonialismo. Due fenomeni che senza il presupposto razzista non sarebbero praticabili, da qui l'ira di Israele che vede direttamente minacciato il suo disegno coloniale, ma anche il grande lavoro di europei e statunitensi per evitare che dalla condanna allo schiavismo e al colonialismo si passi alla condanna dei paesi colonialisti e alla richiesta di scuse e di danni.

Le angherie alle quali da decenni sono sottoposti i palestinesi sono sicuramente criminali, ma focalizzare l'attenzione sulla loro sventura è servito a sviare l'attenzione da altri drammi di grandezza incomparabile. I numeri non mentono: dai dieci milioni di congolesi massacrati da Leopoldo I all'alba del ventesimo secolo, fino ai giorni nostri, sono state centinaia di milioni le vittime del colonialismo occidentale. Dall'Asia all'Africa, all'America Latina, tutto l'emisfero meridionale è rimasto per oltre un secolo in balia delle armi e dei predatori occidentali, con esiti terrificanti. Il massacro nazista che con quelli dei colonialisti ha molti punti in comune, è parte di una storia molto più asta e di eccidi ancora più estesi.

Esiti sui quali è calata una cappa negazionista impenetrabile, esiti per i quali i colpevoli non hanno proferito scuse o risarcimenti. Le grandi liti sul documento finale si sono concentrate proprio sul tentativo di precludere qualsiasi sviluppo in questo senso. Allo scopo il confronto tra l'estremista iraniano e i suoi omologhi israeliani ed occidentali è caduto a proposito, niente di meglio per evitare che le opinioni pubbliche occidentali si distraessero dal vero oggetto del contendere, niente di meglio per nascondere ancora una volta le note politiche fallimentari dietro al richiamo all'unità contro la “minaccia” del giorno.

Nonostante questo frenetico lavorìo la conferenza è giunta al termine segnando alcuni risultati di valore. Tra questi, oltre alla ricordata condanna di schiavismo e colonialismo, è giunta la messa all'indice dell'India per la questione degli “intoccabili”, oggetto di una delle peggiori e più pesanti discriminazioni razziste nonostante l'India si definisca e sia ritenuta una democrazia matura. Ovviamente in gran parte dell'Occidente si continuerà a parlare di Ahmadinejad, visto che l'esito reale delle conferenza è del tutto inutile per strumentalizzazioni politiche ad uso interno, fanno fede le reazioni della stampa nel nostro paese come altrove. In Israele il punto che viene sottolineato da ogni editoriale è che il documento firmato a Ginevra non ha la valenza di un obbligo e tanto basta a mettere tranquilli i colonialisti locali, che potranno continuare indisturbati la loro condotta criminale. Nel resto dell'Occidente si divaga, la condanna di colonialismo e schiavismo (e dei paesi che li hanno praticati) è scivolata senza lasciare traccia nel dibattito pubblico.

Poca attenzione anche al fatto che a boicottare il documento finale siano stati solo nove paesi, che si sono messi in opposizione al resto del mondo. Per i giornali vicini al governo questo sarebbe anzi un punto a favore di un governo che si oppone al “nuovo Hitler”, mancando peraltro di trarre l'estrema conseguenza per la quale i firmatari sarebbero complici del cattivone iraniano. Non si può dire, gli altri paesi, che hanno salutato come “storico” il documento finale, alzerebbero la voce rischiando di mandare a monte tutta la farsa, con il rischio che molti dei governanti che amano descriversi come “portatori di civiltà” si ritroverebbero sul banco degli imputati nel processo al più grande massacro della storia umana.



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