di Carlo Benedetti

Dal 1994, dopo il crollo dell’Unione Sovietica, è alla guida della Bielorussia. Molti media occidentali lo definiscono come “l’ultimo dittatore d’Europa”. Ma ora le tante pagine della storia dovranno essere rilette e riviste in chiave moderna. Perché Aleksandr Lukashenko sta a poco a poco vincendo la sua battaglia con l’Ovest. Ed eccolo a Roma per un colloquio in Vaticano con Benedetto XVI e per un incontro con il ministro degli Esteri Franco Frattini. E’ una svolta significativa ed è anche l’avvio di un disgelo tra l’Europa e Minsk. Perché l’ultima visita di un esponente bielorusso in un Paese occidentale era stata quella del 1995, in Francia. Da quel momento i contatti di Minsk con le cancellerie europee, Ue compresa, si erano interrotti. Da allora, infatti, molte le accuse alla Bielorussia. L'Unione europea e gli Stati Uniti, in particolare, hanno accusato Minsk di pesanti violazioni anche nel campo dei diritti umani. Anche ora, nell'accogliere la richiesta del presidente bielorusso di incontrare Benedetto XVI, il Vaticano non ha nascosto un atteggiamento di distacco. "Con Minsk ci sono normali rapporti diplomatici" ha dichiarato il direttore della sala stampa vaticana, Federico Lombardi. "C'è un nunzio apostolico in Bielorussia, c'è un ambasciatore bielorusso accreditato presso la Santa Sede - ha ricordato - e se il presidente di un paese, con il quale abbiamo rapporti diplomatici, chiede udienza al Papa, non gli viene rifiutata".

Un atteggiamento pragmatico viene anche dall’Europa. Già all'indomani delle legislative di settembre, la comunità internazionale - pur mantenendo un giudizio complessivamente negativo sul rispetto degli standard democratici - parlò per la prima volta di "migliorie e passi in avanti" e la Commissione europea nel suo comunicato sottolineò l’esistenza di una serie di “sviluppi positivi". Contemporaneamente gli Stati Uniti - primi oppositori di Lukashenko - iniziarono a parlare di possibili aperture. Che si sono poi concretizzate ad ottobre, quando i Ventisette hanno deciso di sospendere per sei mesi le sanzioni e di riavviare i contatti politici a livello di 'trojka'.

Una tappa distensiva è stata poi quella dei mesi scorsi, quando è arrivato l'invito ufficiale da parte di Bruxelles alla partecipazione di Minsk al nuovo Partenariato per l'Est. Un summit destinato a varare il nuovo corso teso ad avvicinare l'Ue a sei repubbliche ex-sovietiche: Bielorussia, Moldova, Ucraina, Georgia, Armenia e Azerbaigian. "È chiaro - ha commentato Lukashenko - che l'Ue, e i governi nazionali europei abbiano compreso l'importanza della Bielorussia come partner. Il nuovo atteggiamento dell'Ue ha considerevolmente cambiato le nostre relazioni. Oggi la Commissione europea discute con i ministri bielorussi di energia, di trasporti, agricoltura, dogane e protezione ambientale…".

“Disgelo”, quindi, su vari fronti. Ed oggi gli osservatori diplomatici ricordano che fu Giovanni Paolo II a ricevere, nel 2002, l'ambasciatore bielorusso Vladimir Korolev per la presentazione delle lettere credenziali. Wojtyla in quell'occasione esortò i cattolici bielorussi a "usare la ritrovata libertà per un'intensificazione rinnovata delle relazioni tra comunità ecclesiali e al servizio di tutti". Negli anni successivi, in realtà, la "libertà religiosa" citata dal Papa polacco non trovò l'auspicata applicazione. Ai sacerdoti, alle suore, ai pastori protestanti e agli esponenti delle altre religioni, vennero rifiutati in molti casi i visti d'ingresso.

Al giorno d'oggi, comunque, la situazione è migliorata. "Non ci sono particolari problemi per i cattolici in Bielorussia", afferma padre Lombardi. E proprio alla vigilia della visita, Lukashenko si è fatto vanto "dell'apprezzamento espresso dal Vaticano della nuova politica del governo bielorusso nei confronti dei cattolici". "Il mio incontro con il Papa riflette l'apprezzamento che la Chiesa ha mostrato nei confronti della nostra politica verso i cattolici", ha dichiarato l’uomo di Minsk nel suo discorso annuale alla nazione. "Un tempo - ha continuato - c'erano così tanti problemi tra lo Stato e la Chiesa, in primis quella cattolica. Che fine hanno fatto quei problemi ora? Non ci sono più". In realtà, rimangono ancora alcune questioni in sospeso. Il Vaticano attende la restituzione dei beni confiscati alla Chiesa nel periodo sovietico, in modo particolare chiese e luoghi di culto. Temi, questi, che torneranno, con ogni probabilità, nei colloqui che Lukashenko avrà con il Papa.

Intanto la diplomazia bielorussa guarda anche agli Usa di Obama. Da Minsk, nel suo tradizionale discorso alla nazione, il presidente bielorusso ha lanciato un forte appello al collega americano: "Basta sanzioni e ricorso al linguaggio della forza – ha detto Lukashenko - é ora di normalizzare i rapporti politici tra di noi". E infine una serie d’indiscrezioni su una possibile opera di mediazione che la Bielorussia potrebbe svolgere nei confronti del dialogo tra la Chiesa di Mosca e il Vaticano. Un vertice religioso tra il capo degli Ortodossi, Kirill, e Papa Benedetto XVI potrebbe aver luogo a Minsk.

E così la Bielorussia potrebbe essere definita come “ponte” tra le due Chiese mettendo fine alla campagna di demonizzazione scatenata in occidente. Ma tutto questo, al momento, è solo un’ipotesi. Di concreto c’è che Lukashenko sta portando il suo paese sul terreno della distensione e verso un rapporto normale con l’Ovest. Ed è già una buona notizia.

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