di Michele Paris

L’annuncio del ritiro dal proprio incarico di giudice associato della Corte Suprema degli Stati Uniti di David H. Souter, previsto per il prossimo mese di giugno, ha messo nelle mani di Barack Obama - chiamato a nominare il suo successore - l’ennesima patata bollente di questa prima fase della sua presidenza. Designato al supremo tribunale americano nel 1990 da George H. W. Bush, Souter aveva da subito deluso le aspettative dei repubblicani, contraddistinguendosi piuttosto per le sue inclinazioni liberal. Nonostante la scelta del suo successore non finirà quindi per modificare gli equilibri all’interno della Corte - dove attualmente a quattro giudici che si collocano generalmente su posizioni conservatrici e ad altrettanti su posizioni progressiste, si affianca un moderato (Anthony M. Kennedy) che si schiera a seconda dei casi con l’uno o l’altro schieramento - i repubblicani stanno già affilando le armi in vista della battaglia al Senato per la conferma del futuro candidato del presidente, il quale potrebbe però cercare un compromesso all’insegna della moderazione per non mettere a repentaglio le trattative in corso con l’opposizione sui molti temi caldi della propria agenda politica. Sono bastate le prime indiscrezioni apparse sui giornali circa i possibili candidati alla successione di David H. Souter per scatenare il fuoco di sbarramento dei repubblicani al Congresso e dei vari gruppi che compongo il sottobosco conservatore di Washington. Ancora senza identità, il futuro nuovo membro della Corte Suprema è stato infatti definito, a turno, un “attivista di estrema sinistra” oppure un “radicale” che farebbe bene a sottostare al dettato costituzionale piuttosto che promuovere surrettiziamente una legislazione sociale dall’alto del suo incarico.

A suscitare le proteste preventive della destra americana sono state in particolare alcune dichiarazioni rilasciate da Obama nel corso degli ultimi due anni durante la sua campagna elettorale per le presidenziali. Nel definire il candidato ideale alla Corte Suprema, l’allora front-runner del Partito Democratico per la Casa Bianca aveva sostenuto tra l’altro di preferire un giudice che “comprenda come la giustizia non abbia a che fare soltanto con astratte questioni teoriche… ma che consideri come la legge influisce realmente sulla vita delle persone”. Per questo motivo, “comprensione ed empatia” sarebbero “componenti essenziali per il raggiungimento di decisioni eque da parte della Corte”, nonché i requisiti principali del prossimo membro.

L’esatto contrario, insomma, del principio di rigida interpretazione della Costituzione nel suo dettato originario (“originalismo”) in base al quale agiscono i giudici più conservatori attualmente in carica, come Antonin Scalia o Clarence Thomas, ma anche i due scelti da Bush jr., Samuel A. Alito e John G. Roberts, quest’ultimo presidente in carica della Corte Suprema (“Chief Justice”). Secondo alcuni esponenti repubblicani, il criterio di selezione annunciato da Obama finirebbe per spedire alla Corte Suprema un giudice che inevitabilmente violerebbe “il giuramento di amministrare la giustizia in maniera equa riguardo a ricchi e poveri”, con la conseguenza di prendere decisioni “favorevoli al partito politico verso il quale si sente in maggiore sintonia”. Lo sforzo coordinato di repubblicani e think tank conservatori risulta ancora più singolare alla luce del fatto che sia i democratici che le organizzazioni liberal hanno mantenuto finora un basso profilo sulla questione del successore di David H. Souter, in attesa di qualche segnale dalla Casa Bianca.

Lo zelo di un’opposizione particolarmente agguerrita appare così intenso forse anche perché difficilmente i repubblicani riusciranno a bloccare la nomina del candidato scelto da Obama, visti i numeri in Parlamento. Una volta indicato dal presidente, il nuovo giudice della Corte dovrà sostenere l’esame della Commissione Giustizia del Congresso - dove verosimilmente sarà sottoposto ad una raffica di interrogazioni da parte dei senatori repubblicani - per poi superare il voto di conferma al Senato. Qui gli equilibri sono tutti a favore della maggioranza democratica, tanto più che per confermare il candidato alla carica di membro associato della Corte Suprema è sufficiente la maggioranza semplice di 51 senatori. Pur senza considerare il fatto che solo dodici candidati sono stati bocciati nella storia della Corte (di cui l’ultimo, Robert Bork, nel 1987) i democratici possono contare, dopo il recentissimo cambiamento di partito del senatore ex repubblicano della Pennsylvania Arlen Specter, su 59 voti, che potrebbero salire a 60 una volta conclusa la battaglia legale ancora in corso dallo scorso novembre per l’assegnazione di un seggio in Minnesota, dove il democratico Al Franken appare in chiaro vantaggio sul repubblicano Norm Coleman.

Dalle indicazioni emerse dopo i primi mesi della presidenza Obama, appare in ogni caso in vista una scelta all’insegna del pragmatismo da parte del neo-inquilino della Casa Bianca, finora molto attento a muoversi in maniera prudente tra le acque di Washington. In questo senso va considerata la candidatura avanzata da più parti di Sonia Sotomayor, giudice federale della Corte d’Appello di New York, Connecticut e Vermont. Di origini portoricane, quest’ultima era già stata proposta dai senatori democratici nel 2005 a George W. Bush succedere al membro della Corte Suprema Sandra Day O’Connor, ma venne in seguito bocciata da molti intellettuali e opinionisti di destra perché classificata solo come “moderata” e non “conservatrice” dall’Almanacco dei Giudici Federali, stilato dall’associazione degli avvocati americani.

A conferma ulteriore della battaglia che si prevede da parte dell’opposizione per la conferma del prossimo candidato alla Corte, c’è anche la nomina da parte dei congressisti repubblicani del senatore ultraconservatore dell’Alabama, Jeff Sessions, a leader per il proprio partito nella Commissione Giustizia. In questo ruolo, Sessions svolgerà un ruolo chiave nell’audizione preliminare che attende il futuro membro della Corte Suprema nei prossimi mesi.

Il risentimento dei conservatori nei confronti di David H. Souter è d’altra parte profondamente radicato. Pressoché sconosciuto negli ambienti di Washington ai tempi della sua nomina, il 69enne nativo del Massachusetts aveva ottenuto la carica di giudice federale per la Corte d’Appello di Boston da appena due mesi - dopo dodici anni trascorsi in qualità di giudice dello Stato del New Hampshire - al momento della chiamata del presidente Bush nel 1990 per rimpiazzare il progressista William J. Brennan, costretto ad abbandonare la carica per motivi di salute. La frustrazione negli ambienti repubblicani era esplosa già meno di due anni dopo il suo insediamento, quando, in un caso fondamentale per una possibile limitazione del diritto all’aborto (“Planned Parenthood contro Casey”, del 1992), Souter si schierò dalla parte dell’ala liberal della Corte, confermando la costituzionalità del diritto all’interruzione di gravidanza.

Nel 2000 inoltre, Souter fu uno dei più accesi critici della decisione della Core Suprema di interrompere il riconteggio delle schede contestate in Florida nell’elezione presidenziale. Un verdetto che dichiarò di fatto George W. Bush il vincitore della discussa votazione nei confronti di Al Gore. Da tempo critico verso la politica della capitale, Souter aveva lasciato intendere già dallo scorso autunno di voler lasciare il proprio incarico solo in caso di successo di Barack Obama, così da non sbilanciare gli equilibri della Corte verso destra con la nomina del suo successore da parte di un presidente repubblicano. Quella che attende Obama sarà così la prima designazione di un giudice della Corte Suprema fatta da un presidente democratico dopo 15 anni. L’ultima fu quella di Stephen G. Breyer, fatta da Bill Clinton nel 1994.

Al ritiro di Souter, potrebbe fare seguito a breve anche quello di un altro membro della Corte, la 76enne Ruth Bader Ginsburg, nominata sempre da Clinton nel 1993 e da tempo malata di cancro. Anche la signora Ginsburg tuttavia fa parte dell’ala liberal del supremo tribunale americano – come d’altra parte il più anziano giudice attualmente in carica (l’89enne John Paul Stevens, scelto nel 1975 da Gerald Ford) – così che appare alquanto improbabile la formazione di una maggioranza di sinistra durante il mandato (o i mandati) di Obama.

Il diritto all’aborto sarà con ogni probabilità uno dei metri di giudizio con cui verrà valutato - soprattutto da destra - il giudice su cui ricadrà la scelta del presidente, nonostante quest’ultimo abbia dichiarato di non ritenere l’appoggio alla sentenza decisiva in questo ambito (“Roe contro Wade”, del 1973) un requisito essenziale per determinare la sua decisione finale. Se Obama, sul quale è probabile siano state fatte pressioni per scegliere una donna, così da allargare la rappresentanza femminile, darà la propria indicazione in tempi relativamente brevi, il voto decisivo al Senato potrebbe avere luogo entro i primi di ottobre, giusto in tempo cioè per l’inizio della prossima sessione della Corte Suprema.

Oltre alla già citata Sonia Sotomayor, in prima fila per succedere a David H. Souter ci sono, tra i molti nomi snocciolati dai media, Elena Kagan, nominata da Obama per rappresentare il governo americano di fronte alla Corte Suprema (“Solicitor General”), vicina al presidente fin dai tempi dell’Università di Chicago e stimata dagli stessi conservatori; Diane Pamela Wood, giudice federale della Corte d’Appello di Chicago; e altri candidati non provenienti dall’ambiente giudiziario, come Jennifer Granholm e Deval Patrick, rispettivamente governatori di Michigan e Massachusetts, entrambi saldamente allineati all’ala più liberal del Partito Democratico.

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