di Carlo Benedetti

Mosca. La distensione tra Est ed Ovest è di nuovo ad un bivio. Perchè se da Mosca parte l’annuncio che i negoziati Start (Strategic arms reduction treaty) con gli Usa sulla riduzione delle armi nucleari strategiche riprenderanno a febbraio, da Washington e da Varsavia arriva la conferma che la Polonia si appresta a dislocare missili americani Patriot nei pressi di Varsavia. In segno di risposta, il Cremlino manda a dire ai polacchi che la marina militare russa rafforzerà la sua flotta nel Baltico con “mezzi di superficie e sottomarini, impegnando nelle operazioni di pattugliamento anche formazioni aeree”. E’, come sempre, la tattica di un passo avanti e due indietro, con i negoziati che si fanno sempre più indecifrabili.

La situazione resta, quindi, complessa, pur se la trattativa “Start” sembra ora avviata sul binario giusto. Entrambe le parti hanno già annunciato di essere vicine al traguardo finale, ma che devono  essere  definiti alcuni  dettagli tecnici. E così l’incontro di febbraio dovrebbe essere quello definitivo portando a termine le linee generali di quel documento siglato il 31 luglio 1991 - cinque mesi prima del crollo dell'Unione sovietica, tra il presidente statunitense, George H. W. Bush, e Michail Gorbaciov - e che ha poi avuto tutta una serie di aggiornamenti. Significativi quelli avvenuti dopo l'elezione di Barack Obama alla presidenza degli Stati Uniti quando si incontrarono a Ginevra i responsabili della diplomazia di Washington e di Mosca, Hillary Clinton e Serghiei Lavrov. I due esponenti delle rispettive diplomazie si'impegnarono a un reset nelle relazioni tra Stati Uniti e Russia e a concludere un nuovo trattato Start entro la fine dell'anno. Ma, malgrado passi in avanti molto importanti che avvicinarono le rispettive posizioni - come ha dichiarato lo stesso leader del Cremlino nelle settimane scorse - Mosca e Washington non sono riuscite a concludere un'intesa entro il dicembre del 2009.

Il processo, comunque, non si è bloccato perchè Russia e Stati Uniti hanno rafforzato i rapporti bilaterali, alla cui base poggiano i principi di fiducia, apertura e di disponibilità per favorire gli interessi reciproci. In questo senso si era espresso il presidente russo, Dmitri Medvedev, in un messaggio di auguri inviato al presidente statunitense: "Spero che nel nuovo anno continueremo il lavoro comune e il dialogo costruttivo a favore di uno sviluppo stabile e positivo dei rapporti bilaterali, del rafforzamento della stabilità strategica nel mondo e della ricerca di risposte ottimali alle sfide globali della nostra epoca".

Ma nonostante l'impegno profuso da Obama e da Medvedev, restano una serie di problemi non solo di natura tecnica ma anche politica. Mosca, infatti, non è pronta a creare uno scudo antimissilistico con gli Stati Uniti sulla base delle proposte americane. E c’è il ministro Lavrov che, in questo contesto, si affretta a dichiarare che "con gli Stati Uniti e con la Nato, in riferimento alla tematica di questo scudo, noi parliamo della necessità di cominciare tutto da zero, proponiamo una analisi comune per stabilire quali sono i rischi e le minacce della proliferazione missilistica e da dove arrivano queste minacce". "Noi non siamo pronti a credere sulla parola a tutto ciò che qualcuno ha già analizzato e inventato - aggiunge il capo della diplomazia del Cremlino -, su come far fronte a queste minacce... Ma quando veniamo invitati alla trattativa ci viene detto: questi sono i sistemi che noi vogliamo sviluppare e voi, intanto, dateci le vostre stazioni radar... Questo non è un approccio reale e noi non siamo pronti ad appoggiarlo...”.

Eppure Obama e Medvedev avevano concordato di compiere un'analisi congiunta dei rischi della proliferazione missilistica. Si era quasi al punto-chiave dell’intera situazione e restava sul tappeto la minaccia della installazione di missili statunitensi Patriot in Polonia. “Certo, è una questione che riguarda i rapporti bilaterali tra Varsavia e Washington – aveva detto in proposito il russo Lavrov - ma la Russia aspetta chiarimenti". E i “chiarimenti” sono arrivati. Ma nel senso che la  Polonia (che è membro della Nato) e gli Stati Uniti hanno firmato un accordo che apre la strada allo spiegamento dei Patriot americani sul territorio polacco.

In proposito c’è da registrare, a Mosca, un autorevole commento del direttore dell’Istituto di Valutazioni Strategiche, Serghej Oznobyscev. ”I missili Patriot - dice - rappresentano complessi missilistici antiaerei di buona qualità che vengono utilizzati dalle forze armate degli USA e dei loro alleati. Sono missili d'intercettazione aerea, quindi non costituiscono una diretta minaccia alla sicurezza della Russia. Ma il loro dispiegamento segna un passo che per le alte sfere politiche polacche rappresenta un simbolo di un nuovo scatenamento della tensione nei rapporti con la Russia. Siamo di fronte ad una  ben determinata sfida nei confronti di Mosca, nonché un segno del fatto che le fobìe antirusse - risalenti ai tempi della guerra fredda nell’Europa Centrale ed Orientale, in particolare, in Polonia - sono  vive come in passato. La cosa più triste in questo senso è che simili passi ci allontanano dallo sviluppo dei contatti politici costruttivi sul continente, dai rapporti reciprocamente vantaggiosi nel campo dell’economia, del commercio, della scienza e della tecnica. Simili passi impediscono il processo di diffusione di un’atmosfera di fiducia e di partenariato nel mondo”.
Un altro aspetto di questa nuova tensione viene evidenziato da Pavel Felghengauer, un autorevole esperto militare che scrive nel quotidiano “Novaja Gaseta”.

“Attualmente – scrive il commentatore che riferisce i punti di vista dei settori militari del Cremlino - la NATO intende elaborare un piano di difesa reale, innanzitutto nei Paesi del Baltico. Fin qui l’ampliamento dell’Alleanza aveva un carattere politico, assai formale. Ora ci saranno dei preparativi militari reali. Anzi la proposta della Russia di dare vita ad una nuova architettura dell’Europa sarà silurata dall’Occidente. Altrimenti si dovrebbe concordare con la Russia il dispiegamento di qualsiasi nuova struttura militare ai confini russi. Cosa che non vogliono i dirigenti della Polonia, Lettonia, Lituania, Estonia. Ecco perché dal punto di vista delle prospettive a lungo termine si delineano i contorni di una nuova contrapposizione tra Occidente e il nostro Paese”. Torna così ad affacciarsi su Mosca la psicosi dell’allarme e dell’assedio. E non è un buon segno.

 

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