di Alessandro Iacuelli

La Corea del Nord ha chiesto il riconoscimento ufficiale di "potenza nucleare", dopo anni di trattative e tira e molla, soprattutto con gli Stati Uniti ed il Giappone, da sempre contrari allo sviluppo atomico del regime corano. Il governo di Pyongyang ha dichiarato, attraverso l'agenzia di stampa di Stato, che costruirà tutti gli armamenti atomici che ritiene necessari. Il ministero degli Esteri ha anche detto, attraverso un memorandum reso pubblico, che il Paese si unirà agli sforzi internazionali sulla non proliferazione "solo se sarà trattato alla pari dalle altre potenze nucleari", ribadendo inoltre la richiesta di un trattato di pace permanente con gli Stati Uniti che rimpiazzi l'armistizio che mise fine alla guerra di Corea del 1950-1953.

Da Washington è stata subito respinta l'idea di un trattato di pace, se Pyongyang rifiuta di mettere fine al suo programma nucleare. In pratica, secondo l'agenzia Kcna, voce del governo di Pyongyang, "la Corea del Nord produrrà tanto nucleare quando riterrà necessario, ma non parteciperà alla corsa agli armamenti nucleari né ne produrrà più di quelli che sente necessari".

Certo, suona decisamente contraddittorio il voler produrre armamenti nucleari e contemporaneamente non voler partecipare alla corsa agli armamenti. Così come, sul piano internazionale, ma anche su quello del buon senso, ci si chiede cosa potrebbe significare quel "non ne produrrà più di quelli che sente necessari". Necessari per cosa? La Corea del Nord, oltre ad una mancata piena ripresa dei rapporti diplomatici con la vicina Corea del Sud, non è minacciata militarmente da nessuno ed è sotto l'ala protettiva del potente vicino cinese. Lo si è visto in sede di Consiglio di Sicurezza dell'ONU, dove da anni la Cina pone il veto ogni volta che si parla di sanzioni verso il regime coreano.

Di sicuro non vanno d'accordo con USA e Giappone, ma allora perché produrre armamenti nucleari? La cosa preoccupa fortemente il vicino Paese del Sol Levante, soprattutto dopo i recenti test missilistici coreani, che hanno dimostrato come i vettori di Pyongyang hanno gittata sufficiente per colpire proprio il Giappone.

Secondo alcuni esperti americani, il Paese asiatico dispone di circa 50 kg di plutonio, quantità sufficiente a realizzare da sei a otto armi nucleari. Pyongyang, che secondo alcune indiscrezioni di stampa starebbe preparando un terzo test nucleare a maggio o a giugno, ha boicottato i colloqui per il disarmo nucleare con cinque potenze regionali (tra cui gli Stati Uniti) per oltre un anno, ponendo condizioni sul suo ritorno al tavolo tra cui la fine delle sanzioni ONU imposte dopo i suoi test nucleari dello scorso maggio. Naturalmente questo terzo test complicherebbe una vicenda diplomatica già tesa, e contribuirebbe ad un ulteriore isolamento del Paese sul piano internazionale.

La chiave di lettura, probabilmente, è proprio in questo: nell'isolamento. La richiesta di essere riconosciuta come potenza nucleare, il voler essere trattati alla pari delle altre potenze nucleari, è forse il segnale chiaro che l'isolamento e le sanzioni ONU iniziano a pesare sulla testa del regime. Il Paese vuole "contare di più" sul piano internazionale. Ma non è un Paese con risorse e commerci tali da guadagnarsi l’attenzione, né trattasi di un Paese democratico sotto il profilo dei diritti umani. Non lo sono nemmeno Cina e Russia, certo. Ma con una seria differenza: la Russia può contare grazie alle sue risorse sul piano energetico, la Cina invece ha dalla sua il sistema industriale in crescita spaventosa e l'invasione commerciale dei mercati di tutto il mondo. Alla Corea del Nord cosa resta? Una manciata di bombe atomiche le torna quindi utile.

Questa presa di posizione internazionale della Corea infatti arriva proprio all'indomani del Vertice sulla Sicurezza Nucleare che ha riunito i rappresentanti di 47 paesi a Washington il 12 e 13 aprile, dove è stato affrontato il tema della potenziale minaccia rappresentata dal "terrorismo nucleare". Dal canto suo, il presidente Obama, che ha fatto della sicurezza nucleare uno dei suoi cavalli di battaglia, ha affermato che non useranno, né minacceranno di usare, armi nucleari contro i paesi che aderiscono al Trattato di Non Proliferazione. Trattato mai firmato dalla Corea del Nord che, assieme all'Iran, è stata esplicitamente esclusa dagli Stati Uniti dal recente vertice. Con la differenza che a tutt'oggi non vi sono prove che dimostrino che Teheran stia perseguendo un programma nucleare di tipo militare, mentre Pyongyang è ufficialmente in possesso di armi nucleari.

Convocando un vertice sulla sicurezza nucleare senza invitare la Corea del Nord e l'Iran, cioé un Paese in possesso di armi atomiche e un Paese firmatario del Trattato di non proliferazione che sta sviluppando un proprio programma nucleare, si sceglie di non dialogare con due Stati con i quali sarebbe essenziale discutere i temi della sicurezza nucleare mondiale. Obama, secondo soprattutto gli analisti arabi, ha dato un pessimo esempio di una politica di "doppio standard" nei confronti degli altri Paesi, un esempio di politica dei "due pesi e due misure".

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