di Luca Mazzucato

Amir Peretz Le due stragi israeliane a Gaza hanno squarciato il velo di attesa che gravava sul nuovo governo Olmert, mettendo a nudo la totale continuità, in materia di strategie militari e politiche, con il precedente governo Sharon. La flebile speranza in una svolta, suscitata dall'ascesa di Amir Peretz al Ministero della Difesa, è naufragata miseramente negli ultimi giorni, insieme alla vita di due famiglie palestinesi. Speranza delusa?

Alla vigilia dell'insediamento dell'attuale governo, la scelta dell'ex sindacalista Peretz alla Difesa aveva messo l'intero paese di fronte ad un'inedita possibilità: uscire dalla logica dell'escalation militare, che negli ultimi anni ha accompagnato il bollettino di morte dell'Intifada di Al-Aqsa. Privo di competenze tecniche in materia di sicurezza, Peretz avrebbe potuto prendere decisioni coraggiose per dare un segno di discontinuità. I suoi primi provvedimenti sono stati infatti una simbolica boccata d'aria per la strangolata economia palestinese: l'apertura alle merci del valico di Karni con la Striscia di Gaza e il rilascio del permesso di lavoro in Israele ad alcune migliaia di palestinesi. Ma nel momento in cui si è trovato a decidere sul continuo stato d'assedio in cui si trova la Striscia di Gaza, da mesi sotto il fuoco incessante dell'artiglieria e dell'aviazione israeliana, Peretz ha avallato al cento per cento la strategia di Sharon, basata sugli omicidi mirati dei militanti palestinesi. E si è spinto persino oltre: senza curarsi della delicata situazione per l'ordine pubblico a Gaza, al limite della guerra civile, Peretz ha autorizzato l'uccisione di Abu Samhadana, numero due del Ministero dell'Interno (e della lista israeliana dei most wanted) e figura di spicco di Hamas a Gaza. Contemporaneamente, ha esasperato gli attacchi su Gaza per minimizzare il lancio dei razzi Qassam, fino ad arrivare ai due massacri di civili dell'ultima settimana.

La Realpolitik val bene due stragi

Al ritmo di una decina di razzi Qassam al giorno, i villaggi israeliani a ridosso della Striscia di Gaza hanno subito un'intensificazione continua degli attacchi. Anche se, nella maggior parte dei casi, questi razzi di fabbricazione artigianale e della gittata di qualche chilometro cadono in mezzo ai campi, qualche volta un razzo raggiunge una zona abitata, occasionalmente ferendo qualche israeliano. La cittadina di Sderot, dove lo stesso Amir Peretz risiede con la famiglia, è particolarmente presa di mira, tanto che i suoi abitanti da giorni protestano davanti alla residenza del Ministro della Difesa con uno sciopero della fame. Le scuole a Sderot sono chiuse, visto che dopo anni il governo non ha ancora ultimato la costruzione delle aule bunker per i bambini.

Nonostante le quotidiane eliminazioni dei militanti della Jihad, uccisi dall'aviazione israeliana mentre si accingono a lanciare i razzi, la pioggia di Qassam non diminuisce, mentre i lanci partono sempre più dalle zone interne della Striscia, spesso densamente popolate. Una settimana fa, un razzo cade a pochi metri dalla sua casa a Sderot e Peretz decide di autorizzare gli omicidi mirati anche all'interno delle zone abitate di Gaza, avendo ben presente il rischio di uccidere civili inermi. La strage non si fà attendere:durante un attacco israeliano, sulla spiaggia affollatissima di Gaza un'esplosione spazza via in un sol colpo un'intera famiglia palestinese. Il massacro spinge Hamas a revocare la tregua che rispettava da sedici mesi e che aveva effettivamente segnato la fine della seconda Intifada, dichiarando che la città di Sderot diventerà un villaggio fantasma. Peretz istituisce subito una commissione militare d'inchiesta per verificare le responsabilità della strage di civili. Nei giorni successivi, mentre Peretz riduce al minimo i bombardamenti su Gaza, per paura di provocare altre stragi e i conseguenti attacchi suicidi, i lanci di razzi Qassam su Israele aumentano drammaticamente, grazie all'apporto del braccio armato di Hamas. Mercoledì, cinque giorni dopo la strage sulla spiaggia, Peretz annuncia che l'esercito riprenderà le operazioni su Gaza, perché l'inchiesta ha appurato che la strage è stata causata da una mina inesplosa piazzata da Hamas e non da una granata della marina israeliana. L'inaspettato risultato dell'inchiesta fa trasecolare persino Kofi Annan, che ritiene improbabile che una mina si trovasse in una spiaggia affollata (in seguito Annan ritratterà la dichiarazione dopo un colloquio con un diplomatico israeliano).

Terrorismo di stato

La tragica ironia della sorte vuole che, proprio durante la conferenza stampa in cui Peretz scagiona l'esercito per la prima strage, un nuovo attacco mirato provochi un terrificante bagno di sangue, in cui undici palestinesi, di cui otto civili, perdono la vita. Un veicolo con a bordo tre uomini della Jihad, che si preparavano a lanciare dei razzi, viene colpito mentre attraversa una via affollata nel campo profughi di Jabalya. Il primo missile centra il furgoncino, ma mentre arrivano i primi soccorsi e la folla di curiosi circonda il veicolo, un secondo missile viene sparato da un caccia israeliano e uccide i paramedici e un'intera famiglia nel giardino accanto alla strada, compresi due bambini.

Peretz si è detto dispiaciuto per l'uccisione dei civili, ma ha ribadito che la priorità israeliana è fermare il lancio dei razzi Qassam. Secondo il Presidente dell'ANP Abu Mazen, Israele sta cercando di spazzare via il popolo palestinese attraverso la tattica del terrorismo di stato. Abu Mazen ha poi chiesto la pressione della comunità internazionale per bloccare le continue stragi di decine di civili a Gaza, quando le centinaia di razzi Qassam non hanno comunque mai fatto vittime tra gli israeliani.

Ma qualcosa intanto si muove a Gaza: secondo alcune indiscrezioni il primo ministro palestinese Haniyeh, insieme ad Abu Mazen, sta cercando di convincere i vari gruppi militari a bloccare il lancio dei razzi Qassam. Da una parte, infatti, è evidente la totale inefficacia dei lanci, dall'altra parte l'escalation israeliana e le continue vittime palestinesi stanno facendo scendere la già vacillante popolarità del governo Hamas, spingendo i gruppi armati verso la guerra civile.
Lo Shin Bet (il servizio interno israeliano) ha fatto trapelare che, nel caso in cui Hamas persista nel violare la tregua, l'esercito israeliano mirerà agli stessi membri del governo palestinese. Giovedì sera Hamas ha proposto a Israele un cessate il fuoco di vent'anni, a patto che l'esercito cessi i continui attacchi a Gaza.

Verso un ritiro concordato

La situazione nella Striscia si fa sempre più rovente. In modo paradossale, le più fosche previsioni dell'ultradestra israeliana si stanno puntualmente realizzando: dopo il ritiro unilaterale dell'estate scorsa, mentre gli scontri tra gruppi armati palestinesi stanno sfociando in una guerra civile, Gaza si è trasformata in una gabbia in cui l'esercito israeliano continua a sganciare granate e missili, anche in quartieri densamente abitati.
Quali riflessioni si possano trarre riguardo alla strategia dei ritiri unilaterali lo può forse suggerire il premierEhud Olmert, attualmente in tourneé a Washington e nelle capitali europee. Partito con lo scopo di promuovere il suo "piano di convergenza unilaterale", dopo aver incontrato l'unanime dissenso delle cancellerie occidentali, oltre che di Giordania ed Egitto, Olmert sta ora virando verso un piano di ritiro concordato con il Presidente Abu Mazen. Sperando che la situazione nel frattempo non precipiti.

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