di Michele Paris

“Il giorno più umiliante della sua vita”. Così il magnate dei media, Rupert Murdoch, ha definito la sua audizione alla Commissione cultura della Camera dei Comuni. Murdoch ha difeso la reputazione di "News Corp" sullo scandalo che ha coinvolto il suo tabloid e lo ha portato alla chiusura. Rupert Murdoch ha detto di non sentirsi responsabile per quello che è accaduto al News of the World.

Il News of the World è meno dell’1 per cento della loro azienda, ha detto il magnate australiano, affiancato dal figlio James. In due settimane, l’azienda ha chiuso un giornale proficuo, è uscita da un tentativo di comprare il resto della British Sky Broadcasting Group Plc e ha  perso due dirigenti. Nessun accenno significativo invece a Sean Hoare, l'ex giornalista del News of The World che l’altro ieri era stato trovato morto nella sua abitazione di Watford.

Ma lo scandalo si è diffuso aldilà di News Corp, costringendo alle dimissioni due dei poliziotti più anziani del paese inglese e il leader del primo ministro David Cameron. Il quale, dal canto suo, divide le colpe dell’accaduto tra i media, che hanno commesso dei crimini terribili, e la polizia, che deve rispondere a domande grandi ed imperative sulla corruzione all’interno del suo staff.

Ma proprio la posizione del primo ministro David Cameron, con l’allargamento dello scandalo delle intercettazioni telefoniche in Gran Bretagna, sembra farsi sempre più precaria. Gli strettissimi rapporti del premier conservatore con la famiglia Murdoch e i vertici del suo impero mediatico continuano infatti ad essere sotto i riflettori, minacciando la sopravvivenza stessa del governo a poco più di un anno dal suo insediamento.

Dopo aver affrontato sommariamente lo scandalo qualche giorno fa, Cameron è stato costretto lunedì ad interrompere la sua visita ufficiale in Sud Africa per tornare in fretta e furia a Londra dove mercoledì è in programma una sessione speciale del Parlamento. Gli ultimi sviluppi della vicenda stanno mettendo sempre più in difficoltà il primo ministro, la cui risposta alle polemiche delle ultime settimane è apparsa tutt’altro che convincente.

Il caso delle intercettazioni - come è noto - coinvolge il giornale News of the World, appartenente al gruppo del magnate australiano Rupert Murdoch, i cui vertici avrebbero messo sotto controllo i telefoni di politici, celebrità, membri della famiglia reale e famigliari di vittime di crimini negli ultimi anni. La condotta della testata più diffusa in Gran Bretagna, chiusa qualche giorno fa dopo 168 anni di pubblicazioni, ha messo in luce un desolante scenario di collusione tra l’impero di Murdoch, l’intera classe politica e le stesse forze di polizia.

Una prima indagine sulle intercettazioni era stata aperta, e quasi subito insabbiata, già nel 2006. Tra ipotesi e rivelazioni, il caso è riesploso prepotentemente qualche settimana fa, quando si è saputo che News of the World aveva ottenuto illegalmente l’accesso al telefono di una teenager scomparsa e successivamente ritrovata morta, Milly Dowler, e della sua famiglia. I documenti scoperti presso l’archivio di un investigatore privato al servizio di News of the World hanno rivelato poi che i telefoni di circa 4 mila persone erano stati allo stesso modo messi sotto controllo.

I problemi per il primo ministro Cameron erano iniziati almeno lo scorso mese di gennaio, quando il suo ormai ex portavoce, Andy Coulson, era stato costretto alle dimissioni a causa del suo coinvolgimento nello scandalo. Ex direttore di News of the World, Coulson era stato nominato direttore delle comunicazione del premier nonostante fosse già oggetto di una precedente inchiesta. Anche dopo le dimissioni, Cameron ha continuato a difendere pubblicamente Coulson, subendo così un duro colpo quando, settimana scorsa, quest’ultimo è stato arrestato per aver approvato i pagamenti destinati alle intercettazioni.

Le cose per Cameron hanno continuato però a peggiorare. Dopo aver rassegnato le dimissioni da amministratore delegato di News International - la filiale britannica dell’americana News Corporation di Rupert Murdoch - anche l’amica personale del premier, Rebekah Brooks, è finita  agli arresti domenica scorsa.

In rapida sequenza sono arrivate poi le dimissioni del capo della polizia metropolitana di Londra (Scotland Yard), Lord Paul Stephenson, e del suo vice, John Yates. Il primo ha dovuto cedere alle pressioni dopo il polverone sollevato dalla diffusione della notizia dei suoi rapporti con l’ex vice direttore di News of the World, Neil Wallis, assunto da Scotland Yard come consulente per i rapporti con i media, mentre il secondo è finito sotto accusa per aver deciso di chiudere l’indagine sulle intercettazioni due anni fa.

Sempre nella giornata di lunedì, è stato infine ritrovato senza vita il corpo dell’ex reporter di News of the World Sean Hoare nella sua abitazione a nord di Londra. In un’intervista di qualche mese fa al New York Times magazine, Hoare aveva per la prima volta accusato Andy Coulson di essere al corrente delle intercettazioni, contribuendo così alla riapertura delle indagini da parte della polizia britannica.

L’incertezza mostrata da David Cameron nella gestione della vicenda è indubbiamente il frutto della sua vicinanza ai responsabili dello scandalo che sta scuotendo il mondo politico britannico. Oltre a non aver scaricato in fretta il portavoce Coulson, il premier ha esitato nel chiedere le dimissioni di Rebekah Brooks dalla guida di News International. Soprattutto, però, Cameron non è intervenuto tempestivamente per fermare l’acquisizione da parte del gruppo Murdoch della totalità di British Sky Broadcasting (BSkyB).

BSkyB è la prima televisione satellitare britannica per numero di utenti ed appartiene già per il 39% a Murdoch. L’operazione in corso fino a pochi giorni fa prevedeva l’acquisto da parte di News International dell’altro 61%. Il via libera all’acquisizione da parte del governo di Londra sembrava cosa fatta, quando lo scoppio dello scandalo ha finito per rimettere tutto in discussione. Nonostante la crescente opposizione nel paese, Cameron ha atteso parecchi giorni prima di spingere Murdoch a ritirarsi dall’operazione, lasciando così la possibilità ai laburisti per presentarsi come difensori della pluralità del sistema dell’informazione in Gran Bretagna.

L’affare BSkyB è stato valutato nell’ordine di 12 miliardi di dollari e verosimilmente sembra poter essere alla base stessa dell’esplosione dello scandalo. Profonde rivalità tra i giganti della comunicazione e una dura competizione per le quote di mercato stanno dietro al tentativo di fusione tra News International e BSkyB, con la BBC e il Guardian - in prima linea nel denunciare l’affaire delle intercettazioni - particolarmente infastiditi dalle tendenze monopoliste del gruppo Murdoch.

Mentre Rupert Murdoch e il figlio James, assieme a Rebekah Brooks, apparivano di fronte alla commissione Cultura, Sport e Media al Parlamento di Londra per rendere conto delle loro responsabilità, il leader laburista Ed Miliband ha continuato ad attaccare sia i vertici di News International che il governo conservatore. “Questa era un’organizzazione che pensava di non avere alcuna responsabilità”, ha dichiarato Miliband a proposito del comportamento dei media del gruppo Murdoch. “Il suo potere era immenso, la sua influenza enorme, a partire dal primo ministro… Nessuno sembrava disposto a contrastarla, nemmeno la polizia, i politici e la stampa”. Nessuno, in effetti, e tanto meno i governi laburisti di Tony Blair e Gordon Brown che hanno ampiamente beneficiato dell’appoggio di Murdoch e dei suoi giornali.

Gli effetti del caso News of the World in Gran Bretagna, intanto, hanno avuto ripercussioni anche negli Stati Uniti, dove il gruppo Murdoch controlla, tra l’altro, FoxNews, New York Post e Wall Street Journal, il cui editore, Les Hinton, si è dimesso qualche giorno fa.

Dietro richiesta del deputato repubblicano di New York, Peter King, l’FBI ha infatti aperto un’indagine nei confronti di News Corporation con l’accusa di aver messo sotto controllo i telefoni dei famigliari delle vittime dell’11 settembre. Questa ipotesi era stata avanzata da un recente articolo del Daily Mirror basato sulla testimonianza di un ex poliziotto newyorchese, il quale aveva rivelato come alcuni giornalisti di News of the World gli avessero offerto del denaro in cambio dei dati telefonici delle vittime dell’11 settembre e dei loro famigliari.

Gli sviluppi dell’inchiesta americana rischiano di essere ancora più problematici per Rupert Murdoch, il cui gruppo ha la maggior parte degli interessi proprio negli USA. La sua vicinanza alla politica anglo-americana - e non solo - potrebbe tuttavia permettergli anche di uscire dalla vicenda senza troppe conseguenze, al di là di una campagna di condanna sui giornali di mezzo mondo.

Attraverso il suo impero, per molti anni Murdoch ha influito pesantemente sulle decisioni politiche in Gran Bretagna e negli Stati Uniti, al di là del colore dei governi che hanno spesso fatto a gara per assicurarsi il suo sostegno. In questo ruolo, il gruppo da lui guidato ha contribuito in maniera fondamentale a spostare a destra il baricentro della politica di questi due paesi e, di riflesso, di tutto l’Occidente, avanzando un’agenda dai tratti profondamente anti-democratici secondo il volere di quella oligarchia economico-finanziaria che il miliardario australiano rappresenta alla perfezione.

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