di Michele Paris

A poche settimane dall’avvio ufficiale della campagna elettorale per le presidenziali negli Stati Uniti, i due principali candidati alla Casa Bianca si stanno scontrando in questi giorni sulla delicata questione delle responsabilità del settore finanziario d’oltreoceano nella crisi economica e sulla sua regolamentazione. I toni populisti di Obama si scontrano con la difesa pressoché totale di Wall Street da parte di Mitt Romney, anche se la retorica elettorale nasconde una realtà ben diversa, cioè il completo asservimento di entrambi i partiti all’oligarchia finanziaria americana.

Questa settimana, il presidente democratico ha lanciato una nuova campagna televisiva e sul web volta a screditare il rivale repubblicano, accusato di aver agito senza scrupoli durante gli anni trascorsi alla guida della compagnia operante nel private equity, Bain Capital. In particolare, il video prodotto dal team di Obama racconta di come la compagnia di Romney fece fallire un’acciaieria del Missouri nel 2001 dopo averla acquisita nel 1993, provocando la perdita del posto di lavoro per tutti e 750 i dipendenti, pur incassando dall’operazione qualcosa come 12 milioni di dollari.

Se la vicenda descritta dimostra efficacemente i disastri compiuti da simili compagnie e la condotta del miliardario mormone mentre operava nel private equity, quest’ultimo settore rappresenta tuttavia una consistente fonte di finanziamenti per lo stesso Obama.

Poco dopo la presentazione del video elettorale anti-Romney, infatti, il presidente ha partecipato ad una raccolta fondi esclusiva presso l’abitazione di Manhattan di Hamilton “Tony” James, presidente di Blackstone Group, la più importante compagnia statunitense del private equity. I partecipanti all’evento newyorchese con Obama hanno sborsato 35.880 dollari ciascuno per essere presenti, consentendo alla campagna elettorale del presidente di raccogliere più di due milioni di dollari in un colpo solo.

La doppiezza di Obama, il quale nel recente passato aveva più volte indicato Blackstone Group come uno degli esempi degli eccessi di Wall Street, ha costretto uno dei suoi portavoce a spiegare ai giornalisti che le critiche della Casa Bianca sono sempre state rivolte agli individui e non all’industria finanziaria in quanto tale. Come se non bastasse, da Bain Capital la campagna per la rielezione di Obama ha già ottenuto finanziamenti tra i 100 e i 200 mila dollari grazie agli sforzi nella raccolta fondi di Jonathan Lavine, uno dei top manager della compagnia che fu di Mitt Romney.

Gli attacchi di Obama all’ex governatore del Massachusetts e al mondo della finanza sono iniziati qualche giorno dopo la diffusione della notizia della perdita di 2 miliardi di dollari subita dalla banca d’affari JPMorgan Chase in seguito ad operazioni speculative condotte dall’ufficio di Londra.

Oltre a dimostrare che dopo quasi quattro anni dal crollo di Lehman Brothers, che innescò una rovinosa crisi planetaria, non sono state adottate misure efficaci per regolamentare il settore finanziario, la debacle di JPMorgan rappresenta un imbarazzo per entrambi i candidati alla Casa Bianca.

Solo per la campagna elettorale in corso, i dati del Center for Responsive Politics indicano che Barack Obama ha ottenuto finora 76.675 dollari dai dipendenti JPMorgan. Decisamente più alta è la cifra andata invece a Romney, di gran lunga il maggior beneficiario delle donazioni JPMorgan quest’anno con 373.650 dollari. Il CEO, Jamie Dimon, pur contribuendo solitamente per entrambi i partiti, ha peraltro prediletto quelli democratici, ai quali ha personalmente donato oltre 150 mila dollari dal 2007 ad oggi. Secondo i dati resi pubblici martedì, infine, la famiglia Obama dispone di un conto presso JPMorgan per una cifra compresa tra i 500 mila e il milione di dollari.

Sulla vicenda JPMorgan, nel corso di una recente intervista Obama ha sostenuto che simili esempi dimostrano come sia necessaria una più incisiva regolamentazione del settore finanziario, mentre Romney chiede addirittura l’abrogazione della già debole riforma approvata dai democratici nel luglio 2010 (Dodd-Frank Act). Tuttavia, ben consapevole dell’importanza del denaro di Wall Street per le sue possibilità di rielezione, il presidente ha avuto parole di elogio per JPMorgan, definita “una delle banche meglio gestite”, e per Jamie Dimon, a suo dire “uno dei banchieri più capaci”.

L’indulgenza di Obama è d’altra parte in sintonia con le rassicurazioni offerte più volte da egli stesso e dai membri del suo staff agli ambienti finanziari, come ha fatto lo scorso febbraio, secondo quanto riportato l’altro giorno da Bloomberg News, il responsabile della campagna elettorale del presidente, Jim Messina, il quale nel corso di un incontro con facoltosi donatori del Partito Democratico ha garantito che il presidente non intende in nessun modo demonizzare Wall Street.

Le uscite di Obama contro le élite economiche e finanziarie degli Stati Uniti sono dunque pure trovate propagandistiche che fanno leva sulla profonda avversione comprensibilmente diffusa nel paese verso i responsabili della crisi in corso.

Con un’economia che mostra solo debolissimi segnali di miglioramento, l’inquilino della Casa Bianca si ritrova perciò costretto a puntare su appelli populisti, accusando Wall Street per la precaria situazione interna. Tanto più che i sondaggi di questi giorni indicano una certa ripresa di Mitt Romney e ancora maggiori difficoltà in vista per il presidente se il quadro economico dovesse peggiorare nei prossimi mesi. Una recente indagine di USA Today e Gallup, ad esempio, indica come il 55% degli americani ritenga che l’economia migliorerebbe con Romney presidente, contro appena il 46% nel caso Obama dovesse riuscire a conquistare la rielezione il prossimo novembre.

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