di Michele Paris

L’espulsione dal Partito Comunista Cinese dell’ex astro nascente Bo Xilai indica con ogni probabilità la temporanea sospensione delle divisioni interne alla classe dirigente di Pechino in vista dell’imminente decennale avvicendamento ai vertici dello Stato. L’annuncio dell’incriminazione formale di Bo è giunto nella giornata di venerdì e si è accompagnato alla decisione di fissare per l’8 novembre prossimo la data dell’apertura del congresso di un partito che dovrà eleggere una nuova generazione di leader.

Il brusco stop alla più che promettente carriera politica di Bo Xilai è coinciso lo scorso mese di marzo con la sua rimozione dall’incarico di segretario del PCC di Chongqing in seguito al tentativo di defezione dell’ex capo della polizia della metropoli del sud-ovest cinese, Wang Lijun. Quest’ultimo, nel febbraio precedente, aveva chiesto asilo politico presso il consolato americano di Chengdu, cercando di coinvolgere il suo superiore nello scandalo legato alla morte dell’uomo d’affari britannico Neil Heywood.

Per il presunto avvelenamento di Heywood, ad agosto è stata condannata alla pena di morte, subito sospesa, la sua ex partner d’affari, nonché moglie di Bo Xilai, Gu Kailai, mentre lo stesso Wang proprio la settimana scorsa ha ricevuto una condanna a 15 anni di carcere dopo un processo-lampo nel quale era stato accusato di corruzione e di aver sviato le indagini sulla morte di Heywood.

I processi a Gu e a Wang hanno come previsto aperto la strada a quello appena annunciato ai danni di Bo, il quale singolarmente nei due precedenti dibattimenti  non è mai stato nemmeno nominato, in un chiaro segno del disaccordo tra i vertici del partito circa la sua sorte. Alla fine, contro Bo sono state formalizzate numerose accuse, tra cui quella di avere seriamente violato la disciplina del partito, di avere ricevuto tangenti, di avere arricchito illegalmente i suoi familiari e di avere avuto relazioni sessuali “improprie” con un vasto numero di donne.

La cautela con cui il Politburo del PCC si è mosso per incriminare Bo rivela tutta la delicatezza del suo caso, sia per il sostegno di cui gode tuttora all’interno del partito sia perché l’esposizione dei suoi crimini avrebbe potuto rivelare la corruzione diffusa ad ogni livello della burocrazia statale, aprendo un indesiderato dibattito che rischierebbe di alimentare le tensioni sociali nel paese in concomitanza con il rallentamento dell’economia cinese.

Bo Xilai era considerato uno dei leader della cosiddetta “Nuova Sinistra”, fortemente critica delle politiche di aperture neo-liberiste della leadership uscente del presidente, Hu Jintao, e del primo ministro, Wen Jiabao. Il “modello di Chongqing” promosso da Bo combinava manifestazioni esteriori nostalgiche dell’era di Mao con la lotta senza quartiere alla criminalità organizzata e limitate politiche populiste di sostegno alle classi più disagiate. Ciò non ha impedito in ogni caso a Bo e alla sua cerchia di potere di arricchirsi enormemente.

Bo e la “Nuova Sinistra”, vicini alla fazione di Shanghai guidata dall’influente ex presidente Jiang Zemin, si battono inoltre per la protezione dei privilegi delle grandi compagnie statali, opponendosi alla fazione facente capo alla Lega della Gioventù Comunista, che annovera tra le sue fila le prossime due più alte cariche del paese - il presidente e il premier in pectore Xi Jinping e Li Keqiang - e che intende aprire ulteriormente il mercato cinese al capitale occidentale, come richiesto da tempo dagli ambienti finanziari internazionali.

In politica estera, invece, la fazione di Bo Xilai auspica un atteggiamento più severo nei confronti dell’aggressività mostrata dall’amministrazione Obama nel continente asiatico, così come nel fronteggiare le rivalità emerse con i paesi vicini in questi ultimi anni sul fronte delle dispute territoriali nel Mar Cinese Orientale e Meridionale.

Nonostante l’incriminazione di Bo, le divisioni all’interno dell’élite politica cinese sembrano tutt’altro che risolte in maniera definitiva. Lo stesso insolito ritardo con cui è stata comunicata la data del Congresso, così come il mancato annuncio pubblico dei candidati e del numero dei membri che comporranno il potente Comitato Permanente del Politburo del Partito Comunista Cinese, dove Bo Xilai aspirava ad entrare, indicano una persistente crisi politica e fratture ancora non sanate attorno alla leadership e alla direzione da dare al paese nei prossimi anni.

Le crescenti rivalità con Washington e le tensioni nella regione, la stagnazione economica e il raggiungimento di un livello allarmante del conflitto sociale interno, nell’immediato futuro non faranno che acuire lo scontro tra le fazioni che si contendono il potere, minacciando seriamente la stabilità della seconda economia del pianeta.

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