di Michele Paris

Con la diffusione dei risultati ufficiali, nella giornata di martedì il presidente della Georgia, Mikheil Saakashvili, è stato costretto ad ammettere la sconfitta del suo partito nelle elezioni parlamentari tenute il giorno precedente nel paese caucasico. Ad ottenere il maggior numero di consensi è stato il nuovissimo partito “Sogno Georgiano”, fondato dall’uomo più ricco del paese, Bidzina Ivanishvili, il quale si appresta ora ad assumere la carica di primo ministro in vista di una difficile coabitazione che condurrà al voto per le presidenziali del prossimo anno.

Il 44enne presidente filo-americano ha dovuto così incassare un chiarissimo attestato di sfiducia da parte degli elettori a quasi nove anni di distanza dalla sua ascesa al potere sull’onda della cosiddetta “Rivoluzione delle Rose”, orchestrata da Washington nella ex repubblica sovietica.

Nonostante i timori di brogli e possibili colpi di mano da parte del partito di governo, il risultato del voto era in qualche modo previsto ed era stato annunciato nelle scorse settimane da una imponente manifestazione popolare di protesta nella capitale, Tbilisi, e dalle reazioni di sdegno causate da uno scandalo legato al sistema carcerario georgiano. Il 18 settembre, cioè, due emittenti televisive vicine all’opposizione avevano trasmesso un video che descriveva in maniera cruenta torture e abusi sessuali commessi dalle guardie carcerarie di una prigione di Tbilisi ai danni di alcuni detenuti.

Secondo i dati ufficiali della Commissione Elettorale Centrale, la coalizione guidata da Ivanishvili ha ottenuto il 55% dei voti, contro il 40% dell’Unione Movimento Nazionale di Saakashvili. Dei 150 seggi parlamentari in palio, i risultati ne assegnerebbero circa 93 a “Sogno Georgiano” e 46 all’ormai ex partito di governo.

Saakashvili rimarrà in ogni caso alla guida del paese fino al prossimo anno quando, completato il numero massimo di due mandati previsto dalla Costituzione, non potrà più ricandidarsi. Attualmente, la carica di presidente dispone di ampi poteri ma, dopo le elezioni del 2013, entreranno in vigore modifiche costituzionali che rafforzeranno il parlamento e l’ufficio del primo ministro.

I cambiamenti alla Costituzione erano stati voluti dallo stesso Saakashvili nell’ambito di un progetto che, una volta vinte le elezioni parlamentari appena concluse, avrebbe dovuto aprirgli la strada alla carica di premier, seguendo l’esempio di Vladimir Putin che nel 2008 cedette temporaneamente la presidenza a Dmitry Medvedev per assumere la guida del governo russo.

Il risultato del voto ha invece sconvolto i piani di Saakashvili, il quale nei prossimi mesi dovrà fronteggiare possibili nuove tensioni politiche, come ha fatto subito intendere Ivanishvili dopo il trionfo alle urne. Sempre martedì, infatti, quest’ultimo ha attaccato in un discorso pubblico il suo rivale, chiedendogli esplicitamente di rassegnare le dimissioni e indire elezioni presidenziali anticipate, ipotesi però già respinta durante un successivo intervento televisivo dal consigliere di Saakashvili per la sicurezza nazionale, Giga Bokeria.

La presidenza Saakashvili era iniziata con grandi aspettative e promesse di trasformazione del paese tramite l’implementazione di “riforme” ultra-liberiste. I suoi due mandati, tuttavia, hanno mostrato chiare tendenze autocratiche senza rimediare alla povertà diffusa in un paese dove un terzo della popolazione vive tuttora al di sotto dell’irrisoria soglia di povertà ufficiale (70 euro al mese) e la disoccupazione, secondo molti analisti, è almeno il doppio di quella ufficiale, fissata al 16%.

L’evoluzione del quadro politico georgiano, inoltre, ha di nuovo ampiamente dimostrato come le “rivoluzioni colorate” patrocinate dal Dipartimento di Stato americano avessero ben poco a che fare con le aspirazioni democratiche di paesi usciti dalla dittatura sovietica e molto di più con la volontà di Washington di portare sotto la propria sfera di influenza i nuovi regimi installati, sottraendoli a quella di Mosca.

Bidzina Ivanishvili, da parte sua, ha fondato il partito uscito vincitore dalle elezioni di lunedì solo lo scorso aprile e per tutta l’estate veniva indicato in svantaggio nei sondaggi rispetto alla formazione guidata dal presidente Saakashvili. Secondo la lista di Forbes, Ivanishvili è il 153esimo uomo più ricco del pianeta e vanta una fortuna personale di 6,4 miliardi di dollari, pari a quasi la metà dell’intero PIL georgiano, messa assieme a partire dagli anni Novanta quando, come gli altri oligarchi russi, grazie ad agganci politici ad altissimo livello seppe approfittare della liquidazione delle aziende statali sovietiche realizzando profitti colossali.

Anche per questa ragione, il prossimo premier georgiano mantiene rapporti molto stretti con la comunità degli affari russa e, nonostante avesse anch’egli opportunamente appoggiato la Rivoluzione delle Rose e Saakashvili nel 2003, la sua campagna elettorale si è basata sulla necessità di cercare un riavvicinamento a Mosca, i cui rapporti con la Georgia sono stati gravemente danneggiati dalla guerra dell’agosto 2008 nell’Ossezia del sud.

Ivanishvili, in sostanza, fa parte di una sezione dell’élite georgiana che, mantenendo intatte le politiche di liberalizzazione dell’economia adottate dal presidente, chiede un riallineamento della posizione del proprio paese sullo scacchiere internazionale, ristabilendo in primo luogo i rapporti commerciali con la Russia. Ivanishvili afferma allo stesso tempo di volere rafforzare anche i legami con gli Stati Uniti e di continuare il processo che dovrebbe portare la Georgia nella NATO.

Il voto per il rinnovo del Parlamento di Tbilisi è stato infine segnato da una certa freddezza dell’amministrazione Obama nei confronti di Mikheil Saakashvili, mentre una folta delegazione del Congresso di Washington si è precipitata in Georgia per monitorare il corretto afflusso alle urne e per fare pressioni sui leader politici locali, così da evitare possibili scontri in caso di dispute elettorali.

La stessa tempestiva ammissione della sconfitta di Saakashvili, che salvo complicazioni segna il primo passaggio di poteri pacifico nel paese, è possibile sia giunta proprio in seguito alla presa di coscienza da parte del presidente di non godere più della piena fiducia di Washington.

Oltre alla crescente impopolarità di Saakashvili nel paese, ciò è dovuto probabilmente anche agli sforzi messi in atto in questi ultimi anni da Tbilisi per costruire rapporti cordiali con l’Iran. La cooperazione tra i due paesi ha infatti portato a svariate visite dei rispettivi rappresentanti nelle due capitali e, soprattutto, ad accordi per investimenti, scambi commerciali e progetti energetici.

Lo scorso marzo, addirittura, in un gesto che non deve avere trovato il gradimento americano, Saakashvili invitò un funzionario del ministero della Difesa iraniano, in funzione presso l’ambasciata di Teheran in Georgia, a partecipare ad una esercitazione militare dell’esercito locale con le forze armate statunitensi.

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