di Michele Paris

Con un annuncio ufficiale dalla Casa Bianca, il presidente Obama ha finalmente annunciato i propri candidati a ricoprire gli incarichi di Segretario alla Difesa e di direttore della CIA nel suo secondo mandato alla guida del paese. A sostituire rispettivamente Leon Panetta e l’ex generale David Petraeus, dimessosi da tempo in seguito ad uno scandalo sessuale, saranno l’ex senatore repubblicano del Nebraska, Charles “Chuck” Hagel, e il capo dei consiglieri della Casa Bianca per l’antiterrorismo, John Brennan.

La nomina più controversa secondo i parametri della politica di Washington sembra essere di gran lunga quella di Hagel, veterano pluridecorato della guerra in Vietnam che si è conquistato la fama di “congressman” indipendente nei dodici anni trascorsi al Senato, durante i quali si è frequentemente distinto per avere assunto posizioni contrasti con quelle dei suoi colleghi repubblicani.

Proprio questa sua caratteristica aveva scatenato nelle scorse settimane una campagna di discredito nei suoi confronti, orchestrata a suon di dollari da lobby e gruppi di interesse che esprimono il punto di vista dei falchi repubblicani “neo-con”, ma anche del governo di Israele e di quanti spingono per una linea sempre più dura nei rapporti con l’Iran.

Le macchie sul curriculum di Hagel, secondo il punto di vista di questi ultimi, sarebbero svariate, a cominciare da prese di posizione relativamente critiche nei confronti di Israele, ma anche la contrarietà all’opzione militare e alla continua imposizione di sanzioni contro Teheran, l’appoggio ad una qualche forma di dialogo con organizzazioni come Hamas o Hezbollah e le critiche indirizzate all’amministrazione Bush per la gestione della guerra in Iraq.

Se la scelta di Hagel non deve avere trovato il favore degli ambienti filo-israeliani di Washington, tra cui figurano anche numerosi membri democratici del Congresso, è comunque improbabile che gli ex colleghi del Segretario alla Difesa in pectore e l’ala destra del Partito Repubblicano, nonché i vari gruppi che ruotano attorno ad essa, continueranno a battersi strenuamente per far naufragare la sua nomina ora che è divenuta ufficiale.

Sul fronte progressista, qualche riserva nei confronti di Hagel è stata invece espressa esclusivamente in relazione ad una vicenda secondaria risalente ad oltre un decennio fa. Nel 1998, Hagel criticò infatti il candidato prescelto dal presidente Clinton per diventare l’ambasciatore USA in Lussemburgo perché “apertamente e aggressivamente gay”. Hagel, noto conservatore sui temi sociali, si è tardivamente scusato per il commento quanto meno inopportuno, lasciando però ancora più di uno strascico polemico.

Visto il drammatico spostamento a destra del baricentro politico americano di questi ultimi anni, la presunta indipendenza di giudizio di Hagel sulle questioni internazionali non deve essere comunque sopravvalutata.

Oltre al fatto che membri dell’amministrazione Obama sono da tempo impegnati a tranquillizzare gli ambienti più retrogradi e reazionari di Washington sul fatto che non ci saranno svolte significative nella gestione degli affari esteri degli Stati Uniti - sui quali peraltro il Pentagono ha ben poca voce in capitolo - lo stesso Hagel in una recente intervista rilasciata ad un giornale del Nebraska, il Lincoln Journal Star, ha definito “sconcertanti” le manipolazioni del suo passato politico, dal momento che “non esiste uno straccio di prova” delle sue posizioni anti-israeliane, né “un solo voto di una qualche importanza che abbia danneggiato Israele”.

Da Tel Aviv, inoltre, se pure il quotidiano conservatore Yedioth Ahronoth ha delineato un possibile scenario “da incubo” per il premier Netanyahu con Hagel al Pentagono, numerose voci all’interno dello stesso governo di destra hanno manifestato opinioni favorevoli per il candidato di Obama. L’influente vice-ministro degli Esteri, Danny Ayalon, ha ad esempio affermato martedì di avere “incontrato Hagel molte volte”, così da poterlo definire senza dubbio “un vero e naturale alleato di Israele”.

Comunque, è probabile che i dubbi espressi da varie parti nelle ultime settimane riguardo Chuck Hagel emergeranno nel corso delle imminenti audizioni al Senato che porteranno al voto per la sua conferma alla guida della macchina da guerra americana, anche se appare estremamente probabile un esito finale positivo per la Casa Bianca.

Decisamente meno problematica appare al contrario la nomina di John Brennan alla direzione della principale agenzia di intelligence a stelle e strisce, nonostante essa sia portatrice di conseguenze potenzialmente più nefaste.

Il 57enne consigliere di Obama sui temi della sicurezza nazionale ha trascorso un quarto di secolo all’interno della CIA, per la quale ha anche diretto la “stazione” in Arabia Saudita negli anni Novanta, prima di ricoprire l’incarico di capo di gabinetto del direttore, George Tenet, tra il 1999 e il 2001 ed altri ruoli dirigenziali nel pieno della formulazione delle pratiche pseudo-legali utilizzate nell’ambito della cosiddetta “guerra al terrore”.

Proprio il suo coinvolgimento negli interrogatori con metodi di tortura, nelle renditions, negli assassini extra-giudiziari di sospettati di terrorismo e nelle detenzioni nel lager di Guantanamo aveva fatto fallire prematuramente la sua candidatura alla guida della CIA nel 2009. Appena assunta la presidenza grazie alla promessa di rompere con gli eccessi del suo predecessore, Obama ritenne infatti troppo presto optare per la scelta di una personalità così compromessa con gli aspetti più rivoltanti dell’amministrazione Bush, finendo perciò per offrirgli un incarico alla Casa Bianca per il quale non è previsto il voto di conferma da parte del Senato.

Il fatto che il presidente americano possa scegliere ora senza troppe difficoltà o reazioni negative un personaggio simile alla direzione della CIA è dunque un’ulteriore testimonianza del deterioramento dell’ambiente democratico negli Stati Uniti, a cui peraltro ha contribuito proprio lo stesso John Brennan nello svolgimento delle funzioni assegnategli da Obama in questi quattro anni.

In collaborazione con il presidente e la sua più ristretta cerchia di consiglieri, Brennan ha infatti dato un apporto decisivo all’espansione del programma di assassini mirati in ogni angolo del pianeta come strumento principale della lotta al terrorismo internazionale. Soprattutto, il suo instancabile lavoro ha portato alla pressoché compiuta istituzionalizzazione degli omicidi deliberati decisi dal vertice del potere esecutivo senza la presentazione di prove di colpevolezza e senza passare attraverso un qualche legittimo procedimento legale.

La nomina di Brennan indica quindi inequivocabilmente il sempre maggiore ricorso che l’amministrazione Obama farà nel secondo mandato ai metodi palesemente illegali già ampliati in questi anni, a cominciare dalle incursioni con i droni in paesi come Afghanistan, Pakistan, Yemen e Somalia che hanno causato migliaia di vittime civili e terrorizzato popolazioni inermi.

Lo stesso presidente Obama, nel presentare il prossimo capo della CIA, ha sottolineato l’inquietante funzione di Brennan, elogiandolo lunedì per il suo lavoro volto ad “inserire i nostri sforzi in un quadro dalle salde fondamenta legali”. Un’affermazione che, nel consueto linguaggio orwelliano del governo americano, significa che Brennan e il suo staff hanno cercato in tutti i modi di fornire basi pseudo-legali a quelle che a tutti gli effetti risultano essere operazioni criminali.

In questo senso, Brennan ha difeso pubblicamente il programma di assassini extra-giudiziari dell’amministrazione Obama in un famigerato intervento dell’aprile scorso presso un think tank di Washington, giustificandone la legalità con l’aderenza al dettato dei provvedimenti draconiani adottati dal Congresso subito dopo gli attentati dell’11 settembre 2001 che hanno ampliato enormemente i poteri dell’esecutivo.

Inoltre, Brennan definì in quella stessa occasione come “etico” l’impiego dei velivoli senza pilota per la loro capacità di limitare al minimo i danni collaterali, senza tenere conto delle innumerevoli morti di civili innocenti documentate da numerosi studi e ricerche indipendenti.

Più in generale, anche leggendo attraverso i giudizi prevalenti sui media americani circa le due nomine di Obama, giustificate dalla necessità di modificare i ruoli tradizionali attribuiti al Pentagono e alla CIA negli anni a venire, la scelta di Hagel e Brennan sembra rispondere alla volontà delle élite d’oltreoceano di trasformare l’apparato militare e dell’intelligence in strumenti più efficaci e meno onerosi per la difesa degli interessi degli Stati Uniti nel mondo.

In altre parole, l’insostenibilità nel lungo periodo di conflitti come quelli combattuti in Afghanistan e in Iraq di fronte ad un indebitamente interno che ha raggiunto livelli allarmanti, assieme all’emergere di una potenza globale come la Cina da contrastare con ogni mezzo, comporta da un lato il ridimensionamento di una gigantesca macchina bellica che assorbe oltre 600 miliardi di dollari di denaro pubblico ogni anno e dall’altro il conseguente ricorso sempre più massiccio a operazioni limitate ma ugualmente distruttive come quelle garantite dai droni o dai reparti speciali.

Il primo di questi due obiettivi, nel giudizio di Obama, appare perciò raggiungibile con la nomina a Segretario alla Difesa di Chuck Hagel, apertamente favorevole ad un taglio delle spese militari e alla riduzione del contingente americano in Afghanistan in tempi brevi senza compromettere gli obiettivi strategici del proprio paese, e il secondo con John Brennan a Langley, dove quest’ultimo avrà mano libera per assegnare alla CIA un ruolo sempre più incisivo e svincolato da restrizioni legali nell’infinita guerra al terrore.

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