di Carlo Musilli

Lo hanno trovato morto in bagno. Era nella sua casa vicino Ascot, a ovest di Londra. Si è suicidato o lo hanno suicidato? Per ora l'unica certezza è che Boris Berezovski non potrà più dar fastidio a nessuno, nemmeno a se stesso. Ex oligarca russo, ex eminenza grigia del Cremlino, aveva 67 anni. Entrato in contrasto con lo zar Vladimir Putin, da quasi 13 anni si era auto-esiliato in Gran Bretagna. Secondo quanto riferisce la Bbc, due giorni fa si è tolto la vita perché oppresso da debiti insostenibili. Depressione da default imminente, a quanto pare. O forse qualcosa di più complesso.

Difficile credere che il potere - o meglio, la sua mancanza - non c'entri nulla. Berezovski è stato il più grande e oscuro burattinaio della Russia post-sovietica, ma il teatrino gli è sfuggito di mano. Le marionette da lui stesso forgiate si sono trasformate in nemici invincibili. E ne hanno decretato la fine.

La polizia scientifica britannica ha confermato ieri di non aver trovato alcuna sostanza sospetta nella residenza di Berezovski. La causa della morte non è affatto chiara e le indagini proseguono. Certo, gli elementi che fanno pensare al suicidio non mancano.

Negli ultimi mesi all'ex oligarca erano stati diagnosticati problemi cardiaci. Una preoccupazione che si sommava a quella economica, probabilmente ancor più difficile da digerire. I guai finanziari lo avevano costretto a vendere diverse proprietà, fra cui il "Lenin Rosso" di Andy Warhol, piazzato per 202 mila dollari. Una bella sommetta per i comuni mortali, spiccioli per chi ha ancora velleità da magnate. Berezovski era lontano anni luce da una soluzione.

A fine gennaio la Corte suprema di Londra aveva congelato i suoi beni per 200 milioni di sterline su richiesta dell'ex convivente Elena Gorbunova, che chiedeva cinque milioni. Ma il colpo di grazia è arrivato da un altro vecchio amore, Roman Abramovich. Cresciuto all'ombra dell'ex eminenza grigia, l'anno scorso il patron del Chelsea aveva sconfitto il suo stesso creatore in una causa legale sulla cessione di pacchetti azionari di grosse compagnie russe. Berezovski era stato condannato a pagare le spese legali per decine di milioni di dollari.

Un colpo difficile da incassare per l'uomo che negli anni Novanta ha ridefinito i parametri della ricchezza e del potere in Russia. Laureato in matematica e noto accademico per vari anni, con la caduta dell'Urss si trasformò in uno dei primi alfieri del neocapitalismo post-sovietico. Fulminea quanto sospetta la sua ascesa economica: partita dalla compravendita di computer e dalle cooperative autorizzate da Gorbaciov, proseguita con i concessionari privati di automobili e culminata con il petrolio, le tv e l’Aeroflot.

Un cursus honorum che si accompagnò naturalmente all'affermazione nella vita politica. Su questo terreno, però, Berezovski rimase in secondo piano, almeno in apparenza. Il suo ambiente naturale non era il palcoscenico, ma la stanza dove si muovono i fili. Vero e proprio demiurgo di sovrani, fu tra i protagonisti della clamorosa rielezione alla presidenza di Boris Eltsin nel 1996. Una performance che gli valse la nomea di eminenza grigia del Cremlino.

Berezovsky fu artefice anche della supereroica presa del potere nel 2000 da parte dell'ex capo dei servizi segreti, Vladimir Putin. Inoltre, il suo nome fu associato sia alla pace raggiunta con i ribelli islamici in Cecenia, sia alla nuova guerra che scoppiò pochi anni dopo. In molti ritengono che ci sia lui dietro alla morte della giornalista dissidente Anna Politkovskaya e a quella di Alexandr Litvinenko (l'ex ufficiale del Kgb esiliato in terra inglese e avvelenato con il polonio), altro vecchio pupillo.

La magistratura russa crede perfino che sia responsabile delle proteste anti-Putin scoppiate nelle piazze russe l’inverno scorso. In tutto, nel suo Paese natale Berezovsky aveva accumulato condanne per 18 anni di carcere, subendo processi anche per frode e riciclaggio. Secondo alcune fonti, già in passato sarebbe stato vittima di un paio di tentativi d'assassinio.

Sulla base di tutto questo, destano qualche perplessità le ultime affermazioni del Cremlino, secondo cui Berezovsky avrebbe recentemente inviato una lettera a Putin "riconoscendo di aver commesso numerosi errori" e chiedendo "perdono". Dmitri Peskov, portavoce dello zar, ha detto che "voleva tornare in Russia prima di morire". Ma sembra che alla fine ci abbia ripensato.


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