di Michele Paris

Le due esplosioni che hanno sconvolto le fasi finali della maratona di Boston nella giornata di lunedì hanno finora lasciato le autorità di polizia americane senza indizi significativi da seguire. La stampa, tuttavia, oltre a creare come di consueto un clima di panico tra la popolazione, ha cercato in buona parte di attribuire la responsabilità dell’attentato ad una rete terroristica organizzata, nonostante lo stesso presidente Obama abbia evitato di fare ipotesi sulle piste che gli investigatori si ritroveranno a dover scegliere.

Come è ormai noto, due bombe esplose a distanza di pochi secondi l’una dall’altra hanno seminato il panico su Boylston Street, in prossimità della linea del traguardo di una delle competizioni sportive più antiche e note degli Stati Uniti. Il bilancio attuale è di tre morti, tra cui un bambino di 8 anni, e oltre 140 feriti. Una ventina di questi ultimi si trova in condizioni critiche, mentre numerose vittime hanno perso gli arti inferiori.

Poco dopo i fatti, il capo della polizia di Boston aveva inoltre parlato di una terza esplosione ad alcune miglia di distanza, presso la John F. Kennedy Library, anche se successivamente è emerso che l’allarme era in realtà dovuto ad un incendio non collegato alle due bombe. Nella confusione seguita alle esplosioni, alcuni giornali hanno parlato poi di altri ordigni ritrovati nelle vicinanze del traguardo della maratona, tra cui almeno due disinnescati dalle autorità. Questa versione è stata però smentita martedì dal governatore democratico del Massachusetts, Deval Patrick, secondo il quale gli unici esplosivi sarebbero i due ordigni scoppiati lunedì.

Come da protocollo, l’attentato a Boston ha immediatamente fatto scattare un innalzamento dei livelli di sicurezza in tutte le aree sensibili delle principali città statunitensi, a cominciare da New York e Washington. Lo spazio aereo sopra la metropoli del Massachusetts è stato chiuso per alcune ore prima di essere riaperto, così come è stata a lungo sospesa la rete dei trasporti pubblici.

Le dichiarazioni ufficiali delle autorità americane hanno lasciato trasparire contraddizioni e una certa confusione. Nella serata di lunedì, l’agente speciale dell’FBI incaricato delle indagini, Richard DesLauriers, ha infatti parlato di una “potenziale indagine terroristica”, mentre poco più tardi nel suo intervento pubblico Obama ha evitato la parola “terrorismo”, mettendo in guardia da conclusioni affrettate e limitandosi a promettere di portare i responsabili davanti alla giustizia. Alcuni minuti dopo, però, un anonimo funzionario della Casa Bianca ha affermato che “qualsiasi evento che comporta esplosioni multiple… è chiaramente un atto di terrorismo e verrà affrontato come tale”. Lo stesso Obama, ieri pomeriggio, ha onfermato che lo FBI sta investigando le esplosioni "come atto di terrorismo"

Già lunedì, intanto, le autorità hanno trattenuto e interrogato un cittadino saudita, negli USA con un visto studentesco, che, secondo quanto riferito da agenti di polizia alla CBS, sarebbe stato visto da un testimone in atteggiamenti “sospetti” dopo le esplosioni. Il giovane non è tuttavia conosciuto alle autorità federali e, oltretutto, il suo paese di provenienza sarebbe una delle ragioni che hanno portato al suo fermo. La rete televisiva locale WBZ-TV ha poi rivelato l’avvenuta perquisizione da parte della polizia di un appartamento a Revere, una cittadina alla periferia nordorientale di Boston, senza fornire altri dettagli.

A fronte del gigantesco apparato della sicurezza interna approntato dal governo americano dopo l’11 settembre 2001, nonché delle ulteriori misure adottate appositamente per la maratona, le due esplosioni avvenute in una zona così sensibile sollevano più di una perplessità.

L’area scelta dai responsabili dell’attentato, ad esempio, avrebbe dovuto essere sottoposta ad accurati controlli e ricerche da parte delle forze dell’ordine. Un reporter di CBS News ha inoltre fatto notare come per i responsabili avrebbe dovuto essere complicato piazzare due ordigni esplosivi in aree massicciamente presidiate senza destare sospetti.

Se il percorso della maratona si snoda per parecchi chilometri, rendendo difficile garantire integralmente la sicurezza di atleti e spettatori, è altrettanto vero che l’attentato è avvenuto in uno dei luoghi più delicati della manifestazione. Infine, un rapporto della polizia dello stato del Massachusetts, redatto nel 2003, per varie ragioni aveva individuato la maratona di Boston come un “possibile obiettivo primario del terrorismo”.

In ogni caso, pur senza rivendicazioni né indizi decisivi, le prime informazioni sembrano lasciar preferire la pista del terrorismo domestico collegato ai movimenti di estrema destra. Innanzitutto, il ricorso a ordigni relativamente rudimentali sembra escludere l’ipotesi di un attentato messo in atto da gruppi integralisti legati al terrorismo internazionale come Al-Qaeda.

Alcuni analisti hanno poi ricordato come la settimana appena iniziata abbia un significato simbolico del tutto particolare per i gruppi radicali anti-governativi, dal momento che, oltre a prevedere la festa del Patriot Day in Massachusetts, essa segna la scadenza per il pagamento delle tasse e l’anniversario dell’attentato di Timothy McVeigh del 1995 contro un edificio federale di Oklahoma City che fece 168 vittime.

Secondo altri, invece, il radicalizzarsi delle formazioni di estrema destra negli ultimi tempi sarebbe dovuto non solo all’ingresso alla Casa Bianca di un presidente di colore ma anche al dibattito politico in corso a Washington attorno all’adozione di misure relativamente più severe sul controllo delle armi da fuoco.

L’organizzazione no-profit Southern Poverty Law Center ha rivelato che nel 2012 la diffusione negli USA di questi gruppi estremisti con tendenze violente ha raggiunto livelli mai visti in precedenza, facendo registrare un aumento di oltre l’800% negli ultimi quattro anni.

Le azioni di gruppi simili sono state evidenziate recentemente anche da un rapporto del Combating Terrorism Center citato martedì dal Washington Post, secondo il quale “c’è stato un drammatico aumento nel numero degli attacchi e di piani violenti riconducibili a individui o gruppi che si auto-identificano con l’estrema destra del panorama politico americano”. Anche se questa minaccia appare spesso ben più grave e diffusa rispetto al terrorismo di matrice islamica, prosegue lo studio, il governo ha dedicato ad essa molte meno risorse e meno impegno nel documentarne le attività.

A fronte della completa incertezza circa le responsabilità dell’attentato, molti media americani si sono comunque distinti da subito nell’avanzare ipotesi arbitrarie e quanto meno azzardate. In particolare, giornali e televisioni hanno in gran parte proposto paralleli tra i fatti di Boston e la situazione seguita all’11 settembre, con l’ex parlamentare democratica della California, Jane Harman, che ha addirittura ipotizzato nel corso di un intervento alla CNN il possibile coinvolgimento di Al-Qaeda.

Questo consueto atteggiamento dei principali media negli Stati Uniti, d’altra parte, contribuisce da oltre un decennio in maniera determinante ad alimentare il clima di terrore nel paese, così da giustificare le misure drastiche adottate dal governo, teoricamente per garantire la sicurezza della popolazione. In assenza di prove certe in queste prime ore seguite all’attentato di Boston, perciò, la frequente manipolazione dei fatti da parte dei media d’oltreoceano deve essere trattata con la massima cautela.

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