di Michele Paris

Con una decisione parzialmente a sorpresa, nella serata di martedì il consiglio deputato alla valutazione dei candidati da ammettere alla competizione per la presidenza dell’Iran ha escluso l’ex presidente, Ali Akbar Hashemi Rafsanjani, e il favorito di Mahmoud Ahmadinejad, il suo capo di gabinetto Esfandiar Rahim Mashaei. La decisione assicura virtualmente la presidenza del paese ai conservatori fedeli all’ayatollah Ali Khamenei, estromettendo due candidati in teoria in grado di intercettare fasce relativamente ampie dell’elettorato, chiamato alle urne il 14 giugno prossimo.

Dei quasi 700 aspiranti alla presidenza che avevano presentato la loro candidatura preliminare entro la scorsa settimana, il Consiglio dei Guardiani - i cui membri sono nominati dalla Guida Suprema e dal Parlamento - ne ha ammessi appena otto, in gran parte ascrivibili alle fazioni conservatrici.

A differenza di quella in gran parte prevista di Mashaei, non del tutto inattesa ma ugualmente sorprendente è stata la bocciatura di Rafsanjani, il quale aveva deciso di cercare un terzo mandato alla guida del paese solo all’ultimo minuto e, secondo molti osservatori, almeno con il tacito consenso di Khamenei.

Secondo la figlia dell’ex presidente, una delle ragioni ufficiali della sua esclusione sarebbe stata l’età - 78 anni - anche se essa stessa in un’intervista ad un sito web vicino all’opposizione iraniana ha lasciato intravedere implicazioni ben diverse. Il padre, infatti, a suo dire negli ultimi giorni sarebbe stato oggetto di forti pressioni da parte di personalità non meglio identificate per abbandonare volontariamente la corsa alla presidenza.

Se corrispondenti al vero, queste rivelazioni indicano una decisione in qualche modo sofferta da parte di un Consiglio dei Guardiani che avrebbe preferito un ritiro spontaneo di Rafsanjani, così da evitare possibili ripercussioni negative in seguito alla sua esclusione.

Quest’ultimo, infatti, sembrava avere ottenuto almeno il parziale sostegno dell’opposizione riformista iraniana, protagonista delle proteste di piazza seguite alle elezioni che nel 2009 assegnarono un secondo mandato ad Ahmadinejad e ipoteticamente in grado di mobilitare qualche manifestante per contestare l’esclusione di Rafsanjani. Sui timori per possibili agitazioni tra le sezioni della borghesia urbana che si riconoscono nelle posizioni pragmatiche ed economicamente liberali di Rafsanjani ha però prevalso la necessità di assicurare la presidenza ad una figura meno divisiva.

In altre parole, come ha spiegato martedì un’analisi della testata on-line Al-Monitor, anche se la presenza del nome di Rafsanjani sulle schede elettorali avrebbe potuto dare maggiore legittimità al voto, ciò che più ha pesato nella decisione del Consiglio dei Guardiani è stata “la stabilità, specialmente in un momento in cui il regime deve fronteggiare divisioni interne e difficili sfide economiche”.

Perciò, “i benefici che sarebbero derivati dal permettere a Rafsanjani e a Mashaei di correre per la presidenza semplicemente non giustificavano il costo da pagare, dal momento che entrambi molto probabilmente avrebbero pubblicamente messo in discussione una serie di politiche che rientrano nella sfera di competenza del Leader Supremo”.

Le posizioni di Rafsanjani poco gradite all’establishment conservatore riguardano soprattutto la politica estera, visto che l’ex presidente auspica un rapido riavvicinamento all’Occidente e, inoltre, ha nel recente passato espresso seri dubbi sulla sopravvivenza del regime siriano di Bashar al-Assad. Per quanto riguarda invece Mashaei, è il suo populismo in ambito economico che preoccupa un élite intenzionata a procedere alla soppressione dei sussidi destinati alle classi più disagiate e all’implementazione di altre misure per ridurre la spesa pubblica.

Più in generale, le candidature di Rafsanjani e Mashaei avrebbero potuto alimentare pericolose aspettative rispettivamente tra la borghesia iraniana e la classe lavoratrice, traducendosi in tensioni sociali che il regime intende accuratamente evitare in una fase storica così delicata per la Repubblica Islamica.

Il nervosismo del regime è apparso in ogni caso evidente dalla decisione di diffondere la notizia dell’esclusione di Rafsanjani e Mashaei solo nella tarda serata di martedì, nonché dall’insolitamente folta presenza di forze di polizia a presidiare le strade di Teheran, come testimoniato ad esempio dal corrispondente del Washington Post nella capitale iraniana.

Il voto dei riformisti, comunque, potrebbe almeno in parte confluire su tre candidati approvati dal Consiglio dei Guardiani, considerati su posizioni centriste o moderatamente riformiste, anche se decisamente meno noti e carismatici di Rafsanjani, come l’ex negoziatore sul nucleare vicino all’ex presidente, Hassan Rowhani, il vice dell’ex presidente Khatami, Mohammad Reza Aref, e Mohamad Gharzi, più volte ministro durante la presidenza Rafsanjani e il mandato di primo ministro (carica successivamente abolita) del leader del “Movimento Verde” agli arresti domiciliari, Mir-Hossein Mousavi.

Salvo clamorose sorprese, i veri favoriti per la vittoria e per l’accesso al ballottaggio sono però i candidati espressione della fazione conservatrice o “principalista” e soprattutto l’attuale capo dei negoziatori sul nucleare, Saeed Jalili, ma anche il sindaco di Teheran, Mohammed Baqer Qalibaf, l’ex presidente del Parlamento, Gholam Haddad Adel, e l’ex ministro degli Esteri e consigliere dell’ayatollah, Ali Akbar Velayati. A chiudere l’elenco degli otto candidati ammessi alla corsa per la presidenza è infine l’ex comandante dei Guardiani della Rivoluzione, Mohsen Rezaee.

Se Rafsanjani non ha ancora commentato pubblicamente la sua esclusione, Mashaei ha invece come previsto reagito subito alla decisione del Consiglio dei Guardiani. Il capo di gabinetto del presidente Ahmadinejad - fortemente osteggiato dai conservatori che lo hanno spesso accusato di “deviazionismo” e di privilegiare il nazionalismo persiano rispetto alla dottrina islamica - ha infatti definito “ingiusta” la bocciatura, chiedendo la riconsiderazione della sua candidatura. In caso contrario, ha aggiunto Mashaei, verrà chiesto direttamente all’ayatollah Khamenei di ribaltare il verdetto del Consiglio dei Guardiani.

La Guida Suprema, in effetti, ha in teoria la facoltà di intervenire per reinstallare i candidati esclusi, come fece ad esempio nel 2005 con il riformista Mostafa Moeen. La decisione dell’altro giorno, tuttavia, è stata con ogni probabilità avallata dallo stesso Khamenei e, oltretutto, il portavoce del Consiglio dei Guardiani, Abbas Ali Kadkhodaei, si è affrettato ad affermare in diretta televisiva che non ci sarà tempo per appellarsi contro le esclusioni, dal momento che la campagna elettorale vera e propria prenderà il via già nella giornata di giovedì.

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