di Michele Paris

A giudicare dai titoli dei principali giornali americani, il quinto discorso sullo stato dell’Unione del presidente Obama sarebbe stato uno dei più incisivi da quando è approdato alla Casa Bianca nel 2009, perché caratterizzato finalmente dal tentativo di incidere in maniera efficace sulla situazione economica attuale degli Stati Uniti con tutti i poteri a sua disposizione, con o senza la collaborazione del Congresso.

La questione politica più significativa affrontata nel corso della sua più recente apparizione pubblica sarebbe stata la promessa di ricorrere in maniera più frequente rispetto a quanto fatto finora allo strumento degli “ordini esecutivi”, ovvero ad una sorta di decreti con forza di legge che il presidente può emanare e che non necessitano dell’approvazione del Congresso.

In particolare, Obama ha esplicitamente affermato che nelle prossime settimane emetterà un “executive order” per portare lo stipendio minimo di alcuni lavoratori a 10,10 dollari l’ora. Questa iniziativa si inserisce nella recente strategia del presidente, inaugurata in una serie di discorsi pubblici, con la quale intende rifarsi un’immagine di difensore delle classi americane più disagiate, denunciando il crescente gap tra ricchi e poveri che la sua amministrazione ha peraltro contribuito enormemente ad allargare.

L’inconsistenza della proposta sul salario minimo, come tutte le altre avanzate nella serata di martedì di fronte ai due rami del Congresso, è testimoniata dal fatto che essa riguarderà solo ed esclusivamente i dipendenti delle compagnie appaltatrici del governo federale. Inoltre, questa disposizione si applicherà solo ai contratti da rinnovare o ancora da stipulare, ma non a quelli già in essere.

In definitiva, il provvedimento toccherà, secondo alcune stime ottimistiche, non più di qualche centinaia di migliaia di lavoratori. Oltretutto, anche uno stipendio orario di 10,10 dollari l’ora difficilmente potrà garantire la possibilità di una vita decente ai lavoratori interessati.

Per motivare la sua decisione, Obama ha ribadito quasi parola per parola alcune frasi che sono ricorse in molti recenti discorsi, quando ha ricordato che “dopo quattro anni di crescita economica, i profitti delle corporations raramente sono stati così elevati” o che gli americani al vertice della piramide sociale “non se la sono mai passata meglio… mentre gli stipendi medi si sono a malapena mossi, le disuguaglianze si sono intensificate e la mobilità sociale è bloccata”.

In tutto questo, tuttavia, la responsabilità principale grava sulla sua stessa amministrazione che ha presieduto in cinque anni ad una drammatica redistribuzione delle ricchezze verso l’alto. Ciò svuota dunque del tutto qualsiasi promessa da parte di Obama e del resto della classe dirigente USA di invertire la rotta tramite inefficaci ordini esecutivi o improbabili iniziative del Congresso.

L’uscita di Obama sul salario minimo era stata in ogni caso preparata accuratamente dai membri della sua amministrazione e del suo partito, così come dai media “liberal”, così da cercare di dare una qualche risposta al malcontento e all’apatia diffusi nel paese, soprattutto in vista delle elezioni di medio termine del prossimo novembre che minacciano una possibile riconquista anche del Senato da parte del Partito Repubblicano.

Per proseguire su questa linea, il presidente inizierà questa settimana un tour degli USA per propagandare il proprio messaggio. Già mercoledì si è recato in Maryland e Pennsylvania, per poi toccare Wisconsin e Tennessee, dove, secondo quanto scritto dal sito web della CNN, cercherà di “vendere le proprie ricette direttamente alla popolazione”.

Sempre martedì, poi, invitando il Congresso stesso a collaborare con la Casa Bianca per stimolare l’economia americana, Obama ha elencato nuovamente una serie di misure da adottare a favore del business. Tra di esse spiccano la consueta promessa di abbassare le tasse per le aziende che intendono investire negli Stati Uniti, abolendo inoltre regolamentazioni e obblighi “punitivi”.

Allo stesso modo, sul modello delle aree speciali create recentemente in alcune realtà depresse del paese, Obama ha invitato sostanzialmente a proseguire sulla strada della distruzione dei diritti dei lavoratori e della compressione dei loro salari - inaugurata con la bancarotta forzata di Chrysler e General Motors - ufficialmente per rivitalizzare il settore manifatturiero.

Questo, secondo Obama, sarebbe il percorso da seguire e che avrebbe contribuito a ridurre il livello di disoccupazione - dovuto in realtà soprattutto alla rinuncia a cercare un impiego da parte di milioni di americani - e a dare una qualche spinta all’economia.

La lontananza delle parole del presidente dal reale stato dell’Unione sul fronte economico sono state simili alla disconnessione dalla realtà sul piano internazionale. La pretesa di avere messo fine alla guerra in Iraq e di essere sul punto di chiudere la missione in Afghanistan è infatti contraddetta dalle pressioni sul presidente Karzai per firmare un accordo di “cooperazione” che permetterà agli USA di mantenere indefinitamente almeno 10 mila propri soldati nel paese centro-asiatico, tutti con garanzia di immunità per eventuali crimini commessi.

Le operazioni imperialiste all’estero sono state poi come al solito presentate come necessarie per combattere la minaccia del terrorismo islamista, dimenticando di aggiungere che quest’ultimo, quando necessario, è stato e continua ad essere un alleato per il raggiungimento degli obiettivi strategici americani, come in Libia o in Siria.

Il triste spettacolo andato in scena al Congresso martedì, con ogni probabilità tra l’indifferenza della maggior parte degli americani, è stato infine accompagnato dalla solita presenza di individui con storie particolari, scelti per assistere al discorso sullo stato dell’Unione, così da consentire al presidente di sfruttare le loro condizioni per trarre un vantaggio politico.

Le vicende di due degli invitati seduti a fianco della first lady, in particolare, sono state citate quasi con commozione da Obama nel corso della serata, suscitando lunghe ovazioni da parte dei membri del Congresso.

Simili a molte altre storie di vittime delle politiche senza scrupoli della classe dirigente d’oltreoceano, tuttavia, quelle di Misty DeMars - madre di due figli con un mutuo da pagare senza lavoro né indennità di disoccupazione - e del sergente Cory Remsburg - gravemente menomato da un’esplosione in Afghanistan - non sono altro che la dimostrazione del totale disinteresse da parte di Obama e dei suoi colleghi presenti in aula per la sorte delle persone comuni, usate cinicamente soltanto per ripulire la propria immagine di fronte ad una popolazione americana sempre più ostile ai propri teorici rappresentanti.

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