di Michele Paris

Da qualche tempo il governo degli Stati Uniti accusa Pechino di condurre operazioni di spionaggio industriale ai danni delle proprie corporations per assicurare un vantaggio tecnologico alle compagnie cinesi. L’accusa, tuttavia, è stata in più occasioni rimandata al mittente e con molte ragioni, anche se Washington insiste che simili pratiche, quand’anche siano state messe in atto dall’intelligence a stelle e strisce, a differenza di quelle della Cina sono giustificate, poiché non avrebbero come fine quello di avvantaggiare il business americano.

Questa giustificazione, già di per sé molto discutibile, è stata smontata ulteriormente qualche giorno fa in seguito alla pubblicazione sulla testata on-line The Intercept di documenti riservati dell’Agenzia per la Sicurezza Nazionale (NSA) americana forniti da Edward Snowden.

L’autore dell’articolo, Glenn Greenwald, spiega come un rapporto segreto emesso nel 2009 dall’ufficio del Direttore dell’Intelligence Nazionale (DNI) affermi apertamente la possibilità da parte della NSA quanto meno di considerare l’attività di spionaggio industriale in un prossimo futuro.

Il documento è denominato “Quadriennal Intelligence Community Review” e, secondo Greenwald, rappresenta un’interessante “finestra sulla mentalità dell’intelligence americana nell’identificazione di future minacce agli Stati Uniti e nella predisposizione di contromisure” in risposta a questa eventualità.

Nello specifico, i documenti in questione si riferiscono a un “potenziale scenario nel quale gli USA potrebbero dover fronteggiare, nel 2025, un blocco [di paesi] centrato su un’alleanza tra Cina, Russia, India e Iran che minacci la supremazia americana”.

Tra i pericoli ipotizzati, vi è la perdita da parte degli USA del proprio vantaggio “tecnologico e innovativo”, così che “le capacità tecnologiche delle corporations multinazionali straniere superino quelle delle corporations americane”. Uno scenario di questo genere, continua il documento, “potrebbe mettere gli Stati Uniti in una situazione di svantaggio crescente - e potenzialmente definitivo - in settori cruciali come quelli energetico, medico, delle nanotecnologie e dell’IT”.

In questo caso, tutto il potenziale dell’apparato di intelligence degli Stati Uniti sarebbe utilizzato per soccorrere le corporations del paese in crisi di competitività. La NSA metterebbe cioè in atto uno sforzo “sistematico e su più fronti per raccogliere informazioni protette e ‘open source’ attraverso mezzi palesi, penetrazione clandestina (sia fisica sia informatica) e controspionaggio”. In particolare, le “cyber operazioni” da condurre dovrebbero servire a penetrare “centri segreti per l’innovazione” com i laboratori di “Ricerca e Sviluppo” di paesi e compagnie straniere.

In un grafico esplicativo - titolato significativamente “Acquisizioni tecnologiche con ogni mezzo” - viene spiegato inoltre che la comunità dell’intelligence americana sarebbe chiamata a fare “approcci clandestini”, ad esempio nei confronti di paesi come India e Russia, ipoteticamente impegnati in progetti di innovazione tecnologica, per “dissolvere la loro partnership”.

Dopo avere condotto le operazioni descritte per ottenere le informazioni necessarie e per indebolire la “catena di approvvigionamento intellettuale”, l’intelligence dovrebbe anche e soprattutto valutare “se e in che modo quanto scoperto possa esse utile all’industria americana”.

Negando quest’ultima affermazione, l’ufficio del Direttore dell’Intelligence Nazionale ha ribadito allo staff del sito The Intercept che gli Stati Uniti non si appropriano in nessun modo di informazioni aziendali per favorire compagnie private americane e che il rapporto rivelato da Snowden non riflette l’attuale politica dello spionaggio USA.

L’ufficio del Direttore dell’Intelligence Nazionale è stato creato una decina di anni fa dall’amministrazione Bush con il compito, tra l’altro, di supervisionare l’intera comunità di intelligence americana. L’ufficio è guidato dal 2010 dall’ex generale dell’aeronautica James Clapper, già responsabile impunito di spergiuro di fronte al Congresso per avere mentito deliberatamente sul monitoraggio di massa delle comunicazioni elettroniche degli americani da parte della NSA.

Vista la vastità delle operazioni che la NSA conduce in tutto il pianeta, è come minimo ipotizzabile che l’agenzia sia già impegnata nelle operazioni che i suoi portavoce smentiscono. Tanto più che tra i documenti forniti da Snowden lo scorso anno, alcuni avevano rivelato l’esistenza del programma “Blackpearl”, con il quale la NSA ottiene dati e informazioni proprio da network privati, tra cui quello del gigante petrolifero brasiliano a maggioranza pubblica Petrobras.

In ogni caso, anche prendendo per vere le rassicurazioni del governo, i documenti appena pubblicati da The Intercept, come osserva Greenwald, confermano che la sottrazione illegale di segreti commerciali è una pratica che l’intelligence USA considera legittima per proteggere le proprie multinazionali.

Questa realtà è d’altra parte tutt’altro che sorprendente, visto che la classe dirigente negli Stati Uniti come altrove identifica sostanzialmente gli interessi del business domestico con quelli dello stato.

Le ultime rivelazioni di Snowden, infine, giungono opportunamente a pochi mesi dall’incriminazione formale da parte della giustizia USA di cinque dipendenti del governo di Pechino con l’accusa di avere violato le reti di svariate compagnie private americane.

Nell’annunciare la decisione a maggio, il ministro della Giustizia, Eric Holder, aveva affermato pubblicamente che i cinque cittadini cinesi erano coinvolti in attività di spionaggio industriale “con il solo scopo di avvantaggiare le compagnie pubbliche e altri interessi” del loro paese, assicurando poi che simili azioni illegali venivano “categoricamente condannate dal governo degli Stati Uniti”, sempre che a commetterle siano però paesi stranieri e possibilmente rivali.

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