di Michele Paris

A sette anni di distanza da una delle stragi più famose avvenute nell’Iraq occupato dagli americani, quattro ex mercenari della compagnia privata di sicurezza Blackwater sono stati condannati in primo grado da una giuria federale negli Stati Uniti. L’ex contractor Nicholas Slatten è stato riconosciuto colpevole di omicidio di primo grado, mentre i suoi colleghi Evan Liberty, Paul Slough e Dustin Heard di omicidio volontario (“manslaughter”) e di avere utilizzato mitragliatori per commettere un crimine violento.

Le pene per le quattro ex guardie private verranno stabilite in un secondo momento dal giudice che ha presieduto il procedimento durato 11 settimane. Per Slatten si prospetta un possibile ergastolo, mentre per gli altri tre mercenari la pena minima prevista è di trent’anni.

Un quinto contractor, Jeremy Ridgeway, si era dichiarato colpevole di omicidio volontario prima dell’inizio del processo e si era messo a disposizione dell’accusa, risultando fondamentale per la condanna dei colleghi.

Anche se i quattro sono stati subito tradotti in carcere, il caso è tutt’altro che concluso. Il praticamente certo appello potrebbe prolungarsi per più di un anno e una questione di competenze minaccia addirittura l’annullamento dell’intero processo.

Secondo la legge americana, cioè, il dipartimento di Giustizia ha giurisdizione sui crimini commessi all’estero solo da parte di appaltatori della Difesa, ovvero del Pentagono, mentre Blackwater all’epoca dei fatti nel 2007 era alle dipendenze del Dipartimento di Stato. In primo grado, i giurati hanno ritenuto trascurabile la questione tecnica ma essa potrebbe riemergere nei prossimi mesi.

In ogni caso, le sentenze di condanna appena emesse sono il riflesso del sentimento di disgusto nutrito tra la popolazione irachena e americana per il massacro di piazza Nisour, per la libertà di commettere crimini e l’impunità di cui hanno goduto agenzie private come Blackwater nel paese occupato, grazie ai legami con il governo di Washington.

La decisione dei giurati è però anche la conseguenza di un caso che ha sempre mostrato la fragilità delle tesi della difesa. Che i mercenari avessero sparato contro una folla di civili a piedi e in auto nel traffico di piazza Nisour, a Baghdad, per rispondere a una presunta minaccia non ha infatti mai trovato alcun riscontro.

Indagini condotte dal governo e da importanti giornali americani, così come le testimonianze di decine di cittadini iracheni che si erano recati a Washington nei mesi scorsi, hanno in sostanza delineato uno scenario nel quale gli uomini di Blackwater avevano preso di mira i veicoli fermi nel traffico nella capitale senza ragione dopo avere individuato una singola auto come possibile minaccia. Alla fine della giornata del 16 settembre 2007, sul campo rimasero 17 civili iracheni morti e una ventina di feriti.

Il nome stesso Blackwater, soprattutto dopo i fatti di piazza Nisour, era così diventato sinonimo di violenza, soprusi e oppressione di un intero popolo e di una società letteralmente devastata dall’invasione illegale del 2003.

La compagnia privata di sicurezza era stata fondata da un ex agente della CIA, Erik Prince, e aveva incassato centinaia di milioni di dollari di denaro pubblico grazie a lucrosi contratti per la difesa dei diplomatici USA nell’Iraq occupato e per altri incarichi segreti.

La potenza di Blackwater era apparsa evidente anche dal trattamento che i suoi uomini avevano ricevuto dal governo americano proprio dopo i fatti del settembre 2007. Il Dipartimento di Stato, ad esempio, aveva “ripulito” la scena del crimine per ostacolare la raccolta di prove, mentre in seguito avrebbe offerto una parziale immunità ai contractor coinvolti, rendendo più difficile la loro incriminazione da parte del Dipartimento di Giustizia.

Nel 2009 un giudice americano prosciolse poi di fatto i mercenari di Blackwater a causa del comportamento “irresponsabile” del governo, anche se il caso è stato infine riportato in aula con l’esito registrato qualche giorno fa.

Il governo americano ha cercato di trasformare il verdetto in una vittoria per l’amministrazione Obama e nella dimostrazione del presunto impegno di Washington per la giustizia e i valori democratici. In realtà, la condanna degli uomini di Blackwater non è che il riconoscimento delle colpe enormi della classe dirigente americana, responsabile del crimine più grave del nuovo secolo, cioè la sostanziale distruzione dell’Iraq.

Il comportamento dei contractor privati al servizio del governo deriva infatti dal crimine stesso dell’invasione e dell’occupazione, avvenute unicamente per ragioni strategiche, per le quali nessun membro della precedente amministrazione è stato messo sotto processo né tantomeno condannato.

Oltre a piazza Nisour, i crimini americani di contractor privati e dell’esercito regolare restano legati a numerose altre località, da Falluja a Hadihta ad Abu Ghraib, per non parlare delle “imprese” statunitensi in Afghanistan o in Pakistan, per limitarsi solo all’ultimo decennio, compiute sia durante la presidenza Bush sia durante quella di Obama.

Il rapporto del governo americano con compagnie private di sicurezza come Blackwater non è infine sostanzialmente cambiato. Quest’ultima, ad esempio, dopo essere stata ribattezzata “Xe Services” nel 2009 e “Academi” nel 2011, ha continuato ad essere utilizzata come strumento della politica estera USA, avendo ottenuto contratti milionari con il Dipartimento di Stato e partecipando alla repressione in Ucraina orientale messa in atto dalle forze di Kiev e dalle milizie neo-naziste appoggiate dall’Occidente.

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