di Michele Paris

Uno dei senatori più noti e influenti del Congresso americano è stato incriminato formalmente questa settimana dal Dipartimento di Giustizia per corruzione e una serie di altre gravi accuse. Il democratico Robert Menendez è oggetto di un’indagine dell’FBI durata due anni e i suoi guai giudiziari si incrociano con delicate questioni di politica estera al centro del dibattito politico negli Stati Uniti, come il ristabilimento delle relazioni diplomatiche con Cuba e l’accordo sul programma nucleare dell’Iran.

Il 61enne senatore del New Jersey deve fronteggiare 14 capi d’accusa fondamentalmente per avere favorito gli interessi economici dell’amico e medico oftalmologo multimilionario della Florida, Salomon Melgen, in cambio di regali e contributi alla propria attività politica.

Menendez è stato eletto per la prima volta alla Camera dei Rappresentanti di Washington nel 1993 e dal 2006 occupa un seggio al Senato. Nella camera alta del Congresso USA, il senatore cubano-americano è stato alla guida della commissione Affari Esteri tra il febbraio 2013 e il gennaio di quest’anno, per diventarne poi il membro democratico più importante dopo la conquista della maggioranza da parte dei repubblicani.

Dalle carte del procedimento emerge come Menendez abbia fatto pressioni sui vertici dell’agenzia federale che gestisce i programmi di assistenza pubblici Medicare e Medicaid per ottenere clemenza nei confronti di Melgen. Quest’ultimo era accusato di avere gonfiato per quasi 9 milioni di dollari le richieste di rimborso per prestazioni mediche da lui fornite nell’ambito del programma Medicare.

Melgen ha raggiunto una certa notorietà in Florida e ha visto i propri redditi salire vertiginosamente grazie a una catena di cliniche di sua proprietà convenzionate con Medicare e specializzate nel trattamento della degenerazione maculare, una grave malattia dell’occhio. Nel 2012, il dottor Melgen era al primo posto della graduatoria dei medici americani che avevano ricevuto i rimborsi più sostanziosi dal governo federale.

Menendez ha comunque respinto seccamente tutte le accuse, sostenendo che il Dipartimento di Giustizia “non conosce la differenza tra amicizia e corruzione”. Il senatore e Melgen si frequentano da due decenni e i loro rapporti di amicizia, a detta di Menendez, si sovrapporrebbero in maniera legittima agli affari del medico.

Oltre che per la risoluzione della questione delle fatturazioni gonfiate, Menendez si sarebbe adoperato anche con il Dipartimento per la Sicurezza Interna nel tentativo di far naufragare un progetto di fornitura gratuita al governo della Repubblica Dominicana di strumenti di controllo destinati alle dogane. Se la fornitura fosse andata in porto, un’azienda di proprietà di Melgen sarebbe stata danneggiata economicamente, visto che aveva in essere un contratto di vendita dello stesso materiale con il governo dell’isola caraibica.

Inoltre, il senatore avrebbe favorito l’emissione di visti per l’ingresso negli Stati Uniti a favore di “amiche” del dottor Melgen provenienti da vari paesi, tra cui Repubblica Dominicana, Brasile e Ucraina.

In cambio di questi servizi, Menendez avrebbe ricevuto dall’amico centinaia di migliaia di dollari in contributi elettorali. Inoltre, Melgen ha ospitato in parecchie occasioni il senatore democratico, assieme ad amici e parenti, nella sua villa presso il resort esclusivo Casa de Campo, in Repubblica Dominicana. Melgen, tra l’altro, avrebbe anche saldato il conto di un viaggio di Menendez a Parigi, di cui solo le tre notti in hotel erano costate quasi 5 mila dollari.

Secondo la legge americana, i regali ricevuti dai membri del Congresso devono essere dichiarati ed eventualmente rimborsati. Menendez, però, ha restituito a Melgen un totale di 58.500 dollari per rimborsare soltanto due voli con jet privati pagati dal medico su un totale di 12. Il denaro è stato oltretutto versato tardivamente e fino al 2013 il senatore non aveva dichiarato nessuno dei benefit goduti grazie alla generosità dell’amico.

Se le circostanze della vicenda che riguarda Menendez appaiono piuttosto compromettenti, in molti sui giornali americani si sono interrogati circa l’effettiva possibilità del Dipartimento di Giustizia di riuscire a dimostrare la sua colpevolezza. Per fare ciò, come ha spiegato il Wall Street Journal, è indispensabile che l’accusa presenti prove inconfutabili del fatto che Melgen abbia fatto regali e donazioni al senatore in cambio di favori specifici e non soltanto che si sia adoperato per aiutare un vecchio amico.

Il precedente più recente di un’incriminazione di un senatore in carica finita nel nulla risale al 2008. In quell’occasione, il repubblicano dell’Alaska Ted Stevens era stato indagato e condannato per corruzione ma l’anno successivo il verdetto sarebbe stato annullato per negligenza dell’accusa nella raccolta e presentazione delle prove.

In ogni caso, in molte occasioni durante la sua carriera politica Robert Menendez è stato sfiorato da controversie e scandali per avere utilizzato il proprio potere a beneficio di amici o finanziatori, uscendone però sempre indenne.

Il New Jersey, poi, è tradizionalmente noto per i legami più che sospetti tra il business e la politica, soprattutto di parte democratica. Solo negli ultimi tre decenni, altri due senatori democratici di questo stato hanno visto finire le proprie carriere politiche per accuse di corruzione: Harrison Williams negli anni Ottanta, la cui vicenda è stata raccontata dal film del 2013 American Hustle, e Robert Torricelli nel 2002.

Poche settimane fa, invece, il governatore repubblicano del New Jersey, Chris Christie, era finito al centro di un’accesa polemica per avere negoziato con il gigante petrolifero ExxonMobil il pagamento di una penale pari a solo il 3% di quanto richiesto dalla pubblica accusa in tribunale nell’ambito di un processo per disastro ecologico.

Al di là dell’esito dell’indagine a carico di Menendez, le ripercussioni politiche della sua incriminazione potrebbero farsi sentire a breve. Il senatore del New Jersey è annoverato tra i “falchi” sulle questioni di politica estera e si è scontrato varie volte con lo stesso presidente Obama.

In particolare, l’ex presidente della commissione Esteri del Senato aveva promesso battaglia contro l’iniziativa dell’ammnistrazione Obama per normalizzare i rapporti con Cuba. Sulla crisi del nucleare iraniano, Menendez intendeva poi utilizzare la sua posizione influente nella commissione per ostacolare l’eventuale accordo che potrebbe uscire dai negoziati in corso in Svizzera, visto che risulta essere co-firmatario di un provvedimento - osteggiato dalla Casa Bianca - che impone la ratifica da parte del Senato di qualsiasi intesa sottoscritta con Teheran.

Menendez ha già annunciato di volere abbandonare temporaneamente l’incarico di numero uno della delegazione democratica nella commissione Esteri del Senato, lasciando così ad altri colleghi del suo partito il compito di stabilire l’agenda dell’opposizione, con possibili effetti positivi per l’amministrazione Obama.

I potenziali sostituti di Menendez indicati dai media americani - tra i favoriti spiccano Barbara Boxer (California), Ben Cardin (Maryland) e Jeanne Shaheen (New Hampshire) - sono accreditati infatti di posizioni decisamente più moderate in materia di politica estera.

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