di Michele Paris

Le elezioni di domenica scorsa per il rinnovo del Parlamento polacco hanno registrato il netto successo di un’altra formazione di estrema destra euroscettica e di orientamento xenofobo. Il Partito Diritto e Giustizia (PiS) ha surclassato quello di governo di centro-destra, Piattaforma Civica (PO), anche se la conferma dell’eventuale conquista della maggioranza assoluta dei seggi giungerà solo in seguito all’annuncio dei dati definitivi nella giornata di martedì, dopo che vari exit poll diffusi alla chisura delle urne avevano delineato un quadro contrastante.

I dati più recenti sono sembrati assegnare al PiS tra il 37% e il 38% dei consensi che dovrebbero riflettersi in un numero appena superiore alla metà dei 460 seggi complessivi della camera bassa di Varsavia (Sejm). Il PO dell’attuale premier, Eva Kopacz, e del suo predecessore, Donald Tusk, si è fermato invece a meno del 24%, facendo segnare una perdita di sessanta seggi rispetto alle elezioni del 2011.

La valanga che ha investito il PO nel fine settimana era stata in qualche modo annunciata dalle elezioni presidenziali del maggio scorso, quando il candidato del PiS, Andrzej Duda, aveva superato quello favorito dal partito di governo, il presidente in carica Bronislaw Komorowski.

Se anche il partito uscito vincitore dal voto di domenica non dovesse raggiungere la maggioranza assoluta, già lunedì è emersa concretamente la possibilità di un’alleanza di governo con il movimento “anti-establishment” Kukiz’15, fondato dall’ex rock-star polacca Pawel Kukiz. Quest’ultimo aveva già corso nelle recenti presidenziali ed era giunto sorprendentemente terzo con il 21% delle preferenze.

Questo partito si è assicurato circa il 9% dei voti e disporrà di una quarantina di seggi nel nuovo Parlamento. Secondo quanto affermato lunedì dagli esponenti del PiS e dai suoi più stretti alleati, se Kukiz’15 dovesse declinare l’offerta di entrare nell’esecutivo, la Polonia potrebbe anche assistere alla nascita di un governo di minoranza.

Al di là del fatto che il PiS dell’ex primo ministro, Jaroslaw Kaczynski, possa riuscire a governare da solo o abbia bisogno del sostegno di almeno un altro partito, il quadro politico che ha reso possibili questi risultati appare sufficientemente chiaro.

Se il governo di PO e degli alleati del Partito Popolare Polacco (PSL) viene generalmente acclamato dalla stampa occidentale per essere riuscito a far crescere in maniera relativamente sostenuta e senza significative interruzioni l’economia del paese dell’Europa orientale negli ultimi otto anni, il prezzo pagato da buona parte della popolazione è stato e continua a essere molto alto.

I governi di Tusk e Kopacz hanno infatti anch’essi implementato pesanti misure di austerity che hanno determinato una crescita della disoccupazione e delle disuguaglianze sociali parallelamente a una stagnazione persistente delle retribuzioni. La lunga serie di leggi volte a favorire le élite del paese include poi un aumento sostanziale dell’età di accesso alla pensione, la privatizzazione di industrie statali in settori chiave dell’economia e di parte del sistema sanitario, con tutte le prevedibili conseguenze in termini di costi e accesso alle cure, nonché ripetuti attacchi al sistema scolastico pubblico.

A queste iniziative ne vanno aggiunte altre di orientamento simile, come l’aumento dell’IVA, deciso nel 2011, e la deregolamentazione del mercato del lavoro a partire dal 2009 che, in Polonia come altrove, ha allargato drammaticamente il numero di contratti di lavoro temporanei e praticamente senza alcun diritto né benefit.

Tutto ciò, assieme alla “prudenza fiscale” perseguita costantemente, ha quasi sempre assicurato a Varsavia le lodi degli ambienti finanziari internazionali ma, come ha dimostrato il voto di domenica, la realtà modellata dai governi guidati da Piattaforma Civica non è apparsa particolarmente gradita alla maggioranza degli elettori polacchi.

Il Partito Diritto e Giustizia è riuscito così a sfruttare le frustrazioni diffuse nella società polacca con una serie di proposte di impronta populista, in modo da orientarle a favore della propria agenda di estrema destra. Tra l’altro, il PiS ha prospettato un incremento dei sussidi destinati alle famiglie con figli, l’assistenza sanitaria virtualmente gratuita per i più anziani, l’abbassamento dell’età pensionabile e l’aumento dello stipendio minimo. Inoltre, come ha confermato il partito lunedì, una delle prime mosse una volta al potere potrebbe essere l’imposizione di una modesta tassa a carico delle banche.

In realtà, in campagna elettorale anche PO aveva lanciato varie proposte per alleviare le condizioni di vita delle fasce più povere della popolazione, ma la natura delle politiche adottate in due mandati di governo ha completamente distrutto la credibilità di simili promesse.

In molti, ad ogni modo, temono che il PiS possa rapidamente consolidare un sistema tendente all’autoritarismo in Polonia, sul modello della vicina Ungheria del primo ministro, Viktor Orbán. L’esperienza al governo di questo partito tra il 2005 e il 2007 con Jaroslaw Kaczynski primo ministro fu infatti segnata da proclami reazionari e anti-democratici che potrebbero essere rispolverati a breve e che andavano dalla drastica riduzione del diritto all’aborto all’introduzione della pena di morte, fino alla dissoluzione dei confini tra stato e chiesa cattolica.

Inoltre, a fronte delle promesse all’insegna della giustizia sociale, le misure di rigore del precedente governo restarono sostanzialmente inalterate, mentre venne ad esempio ridotto il carico fiscale sui redditi più elevati. Anche in questa occasione, d’altra parte, il PiS ha già fatto sapere che il nuovo governo manterrà l’impegno con l’UE per contenere il deficit di bilancio entro il 3% del PIL polacco.

Il successo del Partito Diritto e Giustizia su queste basi è dovuto anche al continuo discredito dei social-democratici e all’incapacità delle altre formazioni di sinistra nel contrastare lo strapotere della destra in Polonia. A dare l’idea del fallimento registrato dopo il voto di domenica, per la prima volta dal 1989 i partiti legati alla galassia post-comunista polacca potrebbero non occupare nessun seggio al Parlamento di Varsavia. L’alleanza Sinistra Unita non avrebbe infatti superato nemmeno lo sbarramento dell’8% per ottenere una qualche rappresentanza parlamentare.

Il ritorno al potere di Jaroslaw Kaczynski, fratello dell’ex presidente Lech, deceduto in un incidente aereo nel 2010 in Russia, non è stato comunque accolto in maniera particolarmente positiva dai mercati finanziari, visti i timori per il possibile ritorno a politiche di spesa “irresponsabili”, anche se il fatto che i risultati erano previsti ha forse contribuito a contenere i danni.

I timori maggiori provocati da un governo guidato dal PiS e dalla premier in pectore, Beata Szydlo, sono però legati più che altro a ragioni di politica estera, visti gli orientamenti parzialmente diversi di questo partito rispetto alla coalizione uscente. Innanzitutto, Piattaforma Civica è un partito fortemente ancorato all’Unione Europea, mentre il PiS vede con estremo scetticismo possibili ulteriori legami con Bruxelles ed è contrario all’adozione della moneta unica.

I suoi leader sono anche molto critici verso le politiche UE relative all’immigrazione, ancor più del governo uscente, il quale nelle scorse settimane aveva respinto e poi accettato a stento la quota di migranti assegnati al proprio paese. Il PiS ha comunque cavalcato con successo la propaganda xenofoba promossa dallo stesso governo Kopacz, aggiungendo svariate uscite apertamente razziste da parte dei suoi leader.

In ambito militare e delle alleanze internazionali, infine, il PiS è orientato a rafforzare il ruolo della NATO e i legami di Varsavia con gli Stati Uniti, ma anche a promuovere una certa integrazione delle forze armate di vari paesi dell’est europeo, principalmente in funzione anti-russa.

Questo partito condivide invece con PO l’atteggiamento aggressivo nei confronti della Russia, in particolare in relazione alla vicenda ucraina, ma auspica una politica estera maggiormente indipendente, soprattutto dalla Germania. Questa tendenza della formazione politica che ha appena dominato le elezioni in Polonia riflette le divisioni esistenti all’interno della classe dirigente del paese dell’Europa orientale e rischia di alimentare altre tensioni in ambito europeo e sul fronte interno, considerando anche che la Germania è il principale partner commerciale di Varsavia.

La diffidenza polacca nei confronti della Germania ha ovvie radici storiche ma è anche dovuta al ritorno di Berlino a una politica estera sempre più aggressiva negli ultimi anni. Ciò ha avuto riflessi evidenti nell’atteggiamento di un partito di stampo nazionalista come il PiS, la cui retorica anti-tedesca è risultata infatti particolarmente accesa in questi ultimi anni.

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