di Fabrizio Casari

Un Obama commosso, nella sua prima conferenza stampa del 2016 ha lanciato una sua campagna politica per la riduzione delle facilitazioni nella vendita di armi. Sono oltre trentamila gli statunitensi che ogni anno muoiono a causa del proliferare di armi e all’epidemia di follia che investe gli Stati Uniti. Non è un caso che l’ironia sui social dipinga i college statunitensi come l’intermezzo che gli USA si danno tra una guerra e l’altra per non perdere l'allenamento. Difficile peraltro riuscire a provare che i due elementi - il desiderio di possedere un arma ed eventualmente usarla e la diffusione di disturbi mentali - siano slegati.

Conscio di come la battaglia sia durissima, per via dell’influenza profonda e remunerante che la lobby delle armi esercita sui congressisti e i senatori statunitensi, il presidente ha specificato come le misure che intende prendere non travalicano i poteri presidenziali ma che esse siano ormai inderogabili.

La Casa Bianca sta dunque studiando un pacchetto di misure che prevedono la responsabilità diretta degli acquirenti nella custodia delle armi ed il divieto di utilizzo da parte di altri; una maggiore documentazione necessaria per gli acquirenti ed una maggiore limitazione per quella che, ad oggi, è una vendita libera. Ma l’aspetto più importante è rappresentato dall’intenzione di Obama di consentire allo FBI di esercitare controlli che prevederanno anche valutazioni psicologiche su chi compra armi e, a questo proposito, il Presidente ha annunciato specifici fondi a disposizione per assumere il personale necessario.

Obama, che pure già in passato ha spesso avvertito sulla necessità di ridurre le armi in circolazione negli Stati Uniti, sa benissimo come il percorso legislativo sia in salita, proprio per il peso della lobby armamentista, rappresentata dalla National Rifle Association che annovera tra i suoi sostenitori deputati, senatori e personaggi celebri, che hanno sempre difeso a suon di dollari quello che resta uno dei maggiori business del Paese e che ne incarna, per molti aspetti, il modus vivendi di milioni di suoi abitanti.

Il Presidente, che ha iniziato il suo ultimo anno del suo ultimo mandato, ritiene però che sebbene congressisti e senatori siano in maggioranza favorevoli alla libera circolazione delle armi, la maggioranza della popolazione ritiene invece che vada approvata una regolamentazione normativa in chiave restrittiva, per tentare almeno di ridurre le stragi ripetute che in ogni angolo del paese vengono effettuate da squilibrati armati fino ai denti.

Obama ha ricordato come il diritto al possesso delle armi, previsto dalla Costituzione, non può però divenire un impedimento al godimento di altri diritti costituzionali, come quello alla vita. Ma in una Costituzione che prevede la libertà di armarsi e, nello stesso emendamento, la libertà di difendersi (quindi anche da chi le usa contro di te) emerge la contraddizione in termini di un Paese che ha ancora nelle ossa il mito della frontiera, della forza, della sua libertà e non della libertà di tutti. Gli Stati Uniti, del resto, sono la rappresentazione di un modello politico e sociale di assoluta compenetrazione tra essi.

Il modello che da sempre propongono è il loro e ritengono che esso debba essere esteso - con le buone o con le cattive - al resto del mondo. Diffondono una cultura che difficilmente privilegia l’argomentare, che non indugia nel riconoscimento delle altrui ragioni, divise solo tra ostili e affini. Ritiene che il suo destino sia quello di guidare il mondo, che il suo ruolo sia dunque preminente ed i privilegi che ne derivano si trasformino in diritti, mentre i diritti altrui devono essere subordinati agli interessi statunitensi.

Quello della diffusione delle armi è tuttavia solo un aspetto delle storture di una società profondamente malata. Il numero dei detenuti per abitanti, come quello dei malati psichiatrici e dei tossicodipendenti, i reati contro la persona come quelli contro il patrimonio, la diffusione della violenza, l’arbitrio assoluto a disposizione delle sue strutture militari e di sicurezza, i numeri allarmanti dell'emarginazione sociale come della mortalità scolastica, raffigura un impianto sociale che ha nella devianza patologica un dato preoccupante per dimensioni, intensità e pericolosità sociale.

Ben più profonda dovrebbe essere dunque la riflessione sull'insostenibilità di un sistema che ha nella violenza una leva centrale del suo dispiegarsi. Servirebbe insomma il coraggio di ripensare al modello sotto il profilo concettuale, non solo intervenire sui sintomi del suo malessere.

Che Obama abbia deciso di affondare lo scontro politico con lobby delle armi, Senato e Congresso solo nell’ultimo anno del suo mandato, senza quindi avere molto da perdere, indica però che questa potrebbe essere l’occasione per andare oltre le parole e provare a passare alla storia come il Presidente che provò a cambiare alcuni aspetti della follia americana. E non impegna Hillary a dover assumere su di sé il portato di questa battaglia, che appare più del Presidente che del partito che rappresenta.

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