di Mario Lombardo

Un previsto rimescolamento degli equilibri interni al Partito Popolare Austriaco (ÖVP) di centro-destra ha innescato nei giorni scorsi una crisi politica nel paese alpino che porterà a elezioni anticipate nel prossimo mese di ottobre. L’imminente fine della “grande coalizione” tra l’ÖVP e i Social Democratici (SPÖ), al governo fin dal 2007, potrebbe aprire la strada al ritorno nell’esecutivo di Vienna del Partito della Libertà (FPÖ) di estrema destra dopo l’esperienza del 2000 sotto la guida del defunto Jörg Haider.

La fine anticipata della legislatura, la cui scadenza naturale era prevista per l’ottobre 2018, era nell’aria da tempo, viste le crescenti tensioni all’interno dei due principali partiti austriaci. L’adozione di politiche di austerity ha contribuito all’erosione dei consensi sia dell’SPÖ sia soprattutto dell’ÖVP, mentre l’impossibilità di trovare un accordo sull’implementazione di misure anti-sociali ancora più pesanti ha ulteriormente aggravato lo stallo politico, a tutto vantaggio dei neo-fascisti dell’FPÖ.

È stata però soprattutto l’agitazione nel principale partito di centro-destra austriaco ad accelerare i tempi della crisi. Il sostegno all’interno dell’ÖVP per l’ormai ex leader, Reinhold Mitterlehner, era infatti crollato sotto la spinta “modernizzatrice” del 30enne ministro degli Esteri, Sebastian Kurz.

Mercoledì scorso, Mitterlehner ha finito così per dimettersi da segretario dell’ÖVP, consentendo a Kurz di mettere le mani sul partito e decretare di fatto la fine del governo guidato dal cancelliere Social Democratico, Christian Kern. Kurz è stato nominato leader del Partito Popolare nella giornata di domenica, ma già due giorni prima aveva annunciato l’intenzione di forzare nuove elezioni, da tenersi dopo l’estate.

L’approdo al vertice dell’ÖVP di Sebastian Kurz si è accompagnato a una straordinaria concentrazione di poteri nelle sue mani. Il giovane ministro degli Esteri ha di fatto imposto una serie di condizioni al direttivo del suo partito, in assenza delle quali avrebbe negato la propria disponibilità a diventarne il segretario. Ben sapendo che Kurz è oggi il politico di centro-destra più popolare in Austria, i suoi diktat sono stati alla fine accettati.

Kurz ha chiesto e ottenuto, tra l’altro, di poter scegliere personalmente i vertici del partito, i candidati alle elezioni, il contenuto del programma, nonché di condurre i negoziati per la formazione del prossimo governo e di selezionare i ministri che dovrebbero farne parte. In maniera insolita per la politica austriaca, Kurz avrà anche il proprio nome accanto a quello del partito sulle liste dell’ÖVP nelle elezioni federali.

I media austriaci insistono sul carattere innovativo della strategia politica di Kurz, necessaria per ridare ossigeno a un partito impantanato in decenni di clientelismo e inazione che rischiano di ridurne sensibilmente il peso, nonostante governi localmente in sei delle nove province del paese.

Il modello dichiarato del nuovo leader del Partito Popolare Austriaco è il neo-presidente francese, Emmanuel Macron, del quale condivide le tendenze neo-liberiste. Proprio sull’esempio dell’ex ministro Socialista francese, Kurz ha anche deciso di aprire le liste elettorali dell’ÖVP a candidati “indipendenti” e a esponenti di altri partiti.

Per garantirsi l’ascesa ai vertici del partito, Kurz aveva puntato su una strategia fatta di attacchi da destra al governo della “grande coalizione”. In particolare, nel corso della presunta crisi scatenata dal transito dei migranti in Austria lo scorso anno, il ministro degli Esteri di Vienna si era distinto per un’attitudine indiscutibilmente xenofoba, ad esempio chiedendo in maniera decisa la chiusura della cosiddetta “rotta balcanica”.

La strategia di Kurz è in sostanza la stessa perseguita da molti partiti centristi in questi anni in Europa minacciati dall’emergere di forze di estrema destra, vale a dire far proprie alcune delle istanze di questi ultimi, quasi sempre in materia di immigrazione, nell’illusione di intercettare il maggior numero possibile di consensi.

Anche se i sondaggi indicano oggi il Partito Popolare Austriaco dietro l’FPÖ e i Social Democratici, in molti giudicano del tutto possibile un recupero grazie alla nomina a segretario di Sebastian Kurz. Anzi, alcuni giornali prevedono addirittura una possibile vittoria nelle prossime elezioni per l’ÖVP e la conquista della cancelleria da parte del suo nuovo leader.

Se ciò dovesse accadere, è evidente che un politico che mostra simili tendenze autoritarie nella gestione del proprio partito non potrà che distinguersi per l’inclinazione ugualmente anti-democratica una volta al governo del paese. D’altra parte, il suo stesso emergere sulla scena nazionale, grazie all’appoggio dei poteri di riferimento dell’ÖVP, è precisamente il tentativo di preparare una nuova leadership in grado di perseguire politiche impopolari con maggiore efficacia rispetto alla screditata classe dirigente tradizionale.

Ad ogni modo, non è solo la promozione di Sebastian Kurz a rappresentare una minaccia, visto che, come già anticipato, il voto del prossimo autunno potrebbe riportare al governo anche il Partito della Libertà di estrema destra, quasi certamente come partner in una coalizione con l’ÖVP o l’SPÖ. Lo scorso mese di dicembre, l’FPÖ aveva già sfiorato la conquista della presidenza dell’Austria, quando il suo candidato, Norbert Hofer, era stato battuto al secondo turno dall’indipendente sostenuto dai partiti “mainstream”, Alexander Van der Bellen.

Il partito populista di estrema destra FPÖ viene dato dai sondaggi più o meno alla pari con quello Social Democratico attorno al 30% e un risultato di questo genere renderebbe difficile non considerarlo per un possibile nuovo governo. Soprattutto perché i leader dei due partiti attualmente alla guida dell’Austria sembrano avere quasi del tutto escluso una nuova “grande coalizione”.

Le divisioni interne a ÖVP e SPÖ sull’opportunità di governare con l’estrema destra sono comunque persistenti, ma entrambi hanno dato chiari segnali di voler prendere in considerazione questa ipotesi. Ciò conferma il netto spostamento a destra anche del panorama politico austriaco in questi anni, già evidente peraltro dalla retorica anti-migratoria adottata dalle forze di governo.

Il Partito Popolare ha d’altra parte già governato con l’FPÖ a Vienna tra il 2000 e il 2002, mentre i Social Democratici hanno da tempo sdoganato la destra estrema austriaca, quanto meno a livello locale.

Dopo le elezioni del maggio 2015, infatti, lo stato orientale del Burgenland è guidato da una coalizione tra SPÖ e FPÖ e l’attuale leader di centro-sinistra, il cancelliere ed ex manager Kern, non ha mai escluso di poter duplicare l’esperimento a Vienna. La direzione del partito starebbe anzi preparando un “catalogo di condizioni” che l’estrema destra dovrebbe rispettare prima di essere accettata in un’eventuale gabinetto di coalizione.

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