Con notevole ritardo, la magistratura francese, precisamente la Procura di Nanterre, ha deciso di mettere agli arresti l’ex presidente Nicolàs Sarkozy, accusandolo di finanziamento illecito alla sua campagna elettorale del 2007. Si tratta dei fondi ricevuti dall’ex leader libico Moammar Gheddafi, dapprima generoso finanziatore del candidato all’Eliseo, poi vittima della guerra che lo stesso Sarkozy ha scatenato per deporlo, affinché la verità sui fondi neri provenienti da Tripoli non fosse divulgata.

 

 

L’ex presidente era già stato messo sotto inchiesta per la disinvoltura con i finanziamenti destinati alle sue fortune politiche, nello specifico per aver speso, nella campagna elettorale del 2010, oltre 42 milioni di euro, superando così di circa 20 milioni il limite imposto per legge che prevede una spesa massima di 22,5 milioni di Euro.

 

Quelli di Tripoli erano finanziamenti non  a titolo gratuito, ma funzionali a un accordo che prevedeva un do ut des tra Sarkozy e Gheddafi in direzione di una stabilizzazione delle relazioni tra Francia e Libia. Stabilità che in parte era già stata ottenuta negli anni precedenti all’arrivo all’Eliseo di Sarkozy, con l’indennizzo da parte libica ai familiari delle vittime del volo UTA 772, abbattuto in Niger nel 1989 con 179 persone a bordo. L’azione, immediatamente addossata all’ex leader libico, si disse fosse stata concepita per colpire la Francia che ostacolava militarmente l’avventura libica nel paese africano.

 

Alcune fonti dell’intelligence internazionale ipotizzarono anche una vendetta contro il tentativo francese di alcuni anni prima di abbattere il jet sul quale viaggiava Gheddafi da Tripoli a Belgrado (che causò invece l’abbattimento del volo Itavia su Ustica), ma non vi sono testimonianze o riscontri diretti che avvalorano quella che resta una tesi indimostrabile.

 

Per l’abbattimento del volo del volo di linea 772 della società aerea francese Union de Transports Aériens (UTA), partito da Brazzaville, capitale della Repubblica del Congo e diretto all’aeroporto parigino di Roissy, Parigi identificò i responsabili in sei uomini dei servizi libici. Gheddafi rifiutò di estradarli, sottoponendo la Libia ad un duro embargo internazionale che durò fino al 2003, quando Tripoli ammise indirettamente le sue colpe versando un ricchissimo indennizzo alle famiglie delle vittime. Ebbe inizio così una fase di disgelo tra Parigi e Tripoli, culminata con il sostegno finanziario di Gheddafi a Sarkozy nel 2007.

 

A rinsaldare il connubio arrivò la vicenda delle 33 infermiere bulgare che avevano infettato con l’Aids decine di piccoli pazienti dell’ospedale di Bengasi. Arrestate, processate e condannate a morte da un tribunale libico, vennero graziate ed estradate proprio in Francia, grazie all’indennizzo da parte del governo di Sarkozy ammontante a 400 milioni di dollari, oltre che dell’iniziativa del presidente francese per la creazione della "Unione del Mediterraneo", che sebbene fosse solo un tentativo nemmeno troppo convincente di rilanciare l’azione francese nel Maghreb, era particolarmente gradita al Colonnello libico.

 

L’idillio tra i due trovò poi rappresentazione simbolica a fine 2007, quando il presidente francese ospitò Gheddafi a Parigi consentendogli di piantare la sua tenda beduina nei giardini dell’Hotel de Marigny, vicino all’Eliseo.

 

Ma dal Darfour al conflitto in Sierra Leone, in Kenya come in Ciad e in Mali, l’ansia di Gheddafi per un ruolo regionale della Libia si scontrò con le mire coloniali francesi, con tanti saluti alla mai formatasi "Unione del Mediterraneo", che nel 2008 lo stesso leader libico cominciò a definire “un progetto neocoloniale”.

Furono somme importanti quelle versate da Gheddafi, ma tutto sommato relative se si pensa all’immenso patrimonio dilapidato dal leader libico alla ricerca di amici in Occidente e di un ruolo egemonico nel Nord Africa, entrambe strategie dimostratesi fallimentari, comunque eccessivamente ambiziose per lui.

 

Ma, appunto, il Colonnello non si risparmiò. Il rapporto con Sarkozy d’altra parte era eccellente, anche sotto il profilo personale, e lo rimase almeno fino al 2011, quando il regime egiziano e quello tunisino caddero sotto le cosiddette “primavere arabe”, nelle quali Obama aveva avuto un ruolo decisamente predominante e che colsero di sorpresa Parigi. Sarkozy, che di colpo perse influenza su Tunisi e Il Cairo, pensò di guadagnarne una nuova a Tripoli (a spese dell’Italia) e propose a Londra e a Washington di estendere le “primavere arabe”anche alla Libia.

 

Sostenuto dalla Total e dalla British Petroleum, Parigi e Londra erano ansiose di cacciare l’ENI e rimettere le mani sul prezioso greggio libico: Sarkozy decise che l’occasione era propizia per liberarsi di uno scomodo testimone e di un debito che non aveva nessuna voglia di onorare.

 

Ma già sei anni orsono, grazie ad una inchiesta giornalistica di due cronisti del sito online Mediapart, Fabrice Arfi e Karl Laske, autori di un libro dal titolo “Avec les compliments du Guide”, l’affaire Libia si era imposto all’attenzione pubblica. Nel libro si raccontavano con dovizia di particolari le borse piene di banconote che da Tripoli arrivarono a Parigi, così come i bonifici bancari sospetti per un totale di circa 50 milioni di Euro e con aggiunta di lettere nelle quali la Libia prometteva ulteriori, massicci finanziamenti per favorire l’elezione di Sarkozy.

 

E’ dal 2013 che i magistrati anti-corruzione di Nanterre indagano sui finanziamenti occulti di Gheddafi a Sarkozy, ma la morte di molti dei fedelissimi del Colonnello libico che erano stati testimoni dei pagamenti avvenuti ha complicato notevolmente lo sviluppo dell’inchiesta. Nel gennaio di quest’anno, però, Alexander Djouhri, uomo d’affari francese che, secondo gli inquirenti, sarebbe stato il tramite per lo svolgimento delle operazioni tra Tripoli e Parigi, venne arrestato all’aeroporto londinese di Heatrow su mandato di cattura internazionale emesso dalla Francia.

 

Il prossimo 17 aprile si svolgerà l’udienza per l’estradizione di Djouhri, ma non bisognerà attendere per valutare le pesantissime responsabilità dell’ambizioso brevilineo francese che, per eliminare i testimoni di una corruzione che permise la sua entrata all’Eliseo, non esitò a scatenare una guerra con migliaia di morti, la distruzione di un paese laico, l'assassinio di un presidente, la messa al potere delle fazioni legate alle tribù della Cirenaica, della Tripolitania e del Fezzan.

 

Si è fatto della Libia una cimitero di migranti e un lager a cielo aperto, uno spezzatino succulento per il piatto dell’Isis, che dopo la cacciata dalla Siria di Assad, ha ora proprio in quella che fu la terra di Gheddafi il suo ultimo rifugio. Terra che sarà teatro della prossima guerra, che vedrà nella cacciata dei residui del Califfato l’obiettivo dichiarato e nella conquista del greggio libico il principale obiettivo.

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