Le elezioni anticipate di domenica scorsa in Austria non hanno riservato particolari sorprese, anche se la composizione, se non la natura, del prossimo esecutivo potrebbe rimanere incerta per settimane o addirittura mesi. Il Partito Popolare Austriaco (ÖVP) dell’ex cancelliere federale, il 33enne Sebastian Kurz, si è confermato la prima forza politica del paese con un margine decisamente ampio. A pagare il prezzo più caro del caos politico registrato a Vienna negli ultimi mesi è stato invece l’ex partner di governo dei popolari, cioè il Partito della Libertà (FPÖ) di estrema destra, la cui partecipazione al nuovo gabinetto resta però un’ipotesi tutt’altro che remota.

 

L’ÖVP è passato dal 31,5% dell’ottobre 2017 a oltre il 37%, migliorando anche il risultato delle ultime elezioni europee. Questa prestazione è dovuta in primo luogo all’emorragia di voti dell’FPÖ, imbrigliato in uno scandalo che la scorsa primavera aveva fatto naufragare l’alleanza di governo con il partito di Kurz. La principale formazione della destra xenofoba austriaca ha perso ben dieci punti percentuali, fermandosi al 16%.

Numericamente, ÖVP e FPÖ sarebbero in grado di dare vita a una nuova coalizione e, prima del voto, i leader di entrambi i partiti avevano lanciato segnali espliciti in questo senso. Dal punto di vista ideologico, le distanze tra i due partiti si sono ormai ridotte e, nella più recente esperienza di governo, Kurz aveva sfruttato la presenza dell’estrema destra nel suo gabinetto per implementare misure anti-migranti, mantenendo invece per se stesso l’immagine di “riformista” impegnato in primo luogo in ambito economico con iniziative di stampo neo-liberista.

Una nuova partnership tra i popolari e l’estrema destra sarebbe tuttavia una scommessa rischiosa per il cancelliere in pectore, soprattutto perché vista con sospetto a Bruxelles. I rapporti con le due più importanti personalità dell’FPÖ, l’ex leader Heinz-Christian Strache e l’ex ministro dell’Interno, Herbert Kickl, restano inoltre molto tesi dopo la crisi della scorsa primavera. Com’è noto, la stampa tedesca aveva pubblicato un video nel quale Strache si intratteneva con la presunta figlia di un miliardario russo e altri ospiti in una villa a Ibiza nel luglio del 2017, cioè alcuni mesi prima delle elezioni che avrebbero riportato il suo partito al governo. Sull’isola spagnola, Strache aveva discusso di possibili donazioni all’FPÖ in cambio di favori sotto forma di appalti pubblici.

La vicenda presentava non pochi aspetti oscuri, tanto da far pensare a un’operazione mirata, forse ad opera dell’intelligence tedesca, per colpire la destra populista e sovranista, nonché filo-russa, alla vigilia delle elezioni europee. In ogni caso, il risultato è stato precisamente quello di penalizzare l’FPÖ e scoraggiare l’ingresso di questo partito in un nuovo governo Kurz. Kickl, peraltro, dopo le elezioni di domenica ha affermato di vedere il suo partito all’opposizione, dal momento che “il 16% [dei consensi] non rappresenta un mandato [nemmeno] per intavolare negoziati” con il futuro cancelliere.

Non è da escludere ad ogni modo che ÖVP e FPÖ intendano impegnarsi in un gioco delle parti per avvantaggiarsi il più possibile in previsione proprio di un nuovo accordo di governo. Che questa ipotesi resti sul tavolo dipende principalmente a due ragioni. La prima è la necessità per l’FPÖ di conservare incarichi di potere e allargare la propria influenza dentro gli apparati dello stato prima di un possibile futuro ulteriore ridimensionamento dei consensi. In Austria come altrove, il voto destinato all’estrema destra non rivela almeno per il momento un appoggio di massa per queste formazioni, ma è piuttosto una manifestazione di disagio e protesta contro l’establishment politico tradizionale. Come spesso accade, la concretizzazione delle politiche estreme di queste forze provoca un riflusso, spesso netto, in termini elettorali.

L’altro motivo che spinge ÖVP e FPÖ verso una nuova intesa è appunto la sostanziale coincidenza delle rispettive agende politiche. Kurz, in altre parole, nonostante la retorica relativamente moderata, punta a implementare misure xenofobe e neo-liberiste, così da rendere l’estrema destra di Strache e Kickl il partner ideale o, quantomeno, quello più adatto tra quelli disponibili dopo il voto del fine settimana.

Il baricentro politico austriaco si è però spostato talmente a destra negli ultimi anni che qualsiasi altra coalizione guidata da Kurz resta una possibilità concreta. Gli altri due partiti che garantirebbero la maggioranza assoluta all’ÖVP sono quello Socialdemocratico (SPÖ) e i Verdi, in grado di salire da poco meno del 4% del 2017 ad addirittura il 14%.

L’SPÖ ha partecipato a molti governi di “unità nazionale” con i popolari dal secondo dopoguerra fino all’approdo di Sebastian Kurz alla guida dell’ÖVP. I socialdemocratici sono stati anche per questo fortemente screditati agli occhi del proprio elettorato di riferimento. A livello locale, poi, l’SPÖ ha in più di un’occasione governato con l’estrema destra e, durante l’ultima campagna elettorale, alcuni suoi leader avevano ipotizzato una possibile coalizione federale con l’FPÖ.

I socialdemocratici hanno alla fine fatto segnare la peggiore performance del dopoguerra, fermandosi al di sotto del 22% dei consensi. Questo risultato rende improbabile una partecipazione al prossimo governo, sempre che le dinamiche post-elettorali non richiedano l’intervento stabilizzatore di uno dei due partiti del tradizionale panorama politico austriaco.

I Verdi, invece, hanno dato per ora segnali contrastanti su un’alleanza di governo con i popolari. Alcuni esponenti del partito hanno ricordato le presunte profonde differenze che lo separano dall’ÖVP, sia pure mostrando totale disponibilità al dialogo. Al di là dell’agenda ecologica dei Verdi, in linea di massima in contrasto con le politiche ambientali di Kurz, esistono potenzialità di intesa tra i due partiti in ambito economico e, a ben vedere, anche sulla gestione dei flussi migratori. A conferma di ciò, alcuni osservatori ritengono probabile una partecipazione a un eventuale governo ÖVP-Verdi del partito neo-liberista e pro-business NEOS, capace di sfiorare l’8% nelle elezioni di domenica.

Qualunque sia l’identità delle forze che comporranno il prossimo governo di Vienna, è probabile che le trattative si protrarranno a lungo. Le posizioni del nuovo gabinetto guidato da Sebastian Kurz sembrano invece già chiare fin da ora e i partner di quest’ultimo determineranno solo le sfumature o poco più di un’agenda politica sostanzialmente e inequivocabilmente orientata verso destra.

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