Il rapido evolversi della crisi legata al Coronavirus sta mettendo di fronte l’Italia e molti altri paesi del pianeta alla seria eventualità di un collasso dei sistemi sanitari, già devastati da decenni di tagli alla spesa pubblica. Quasi ovunque, tuttavia, i governi stanno adottando misure che, sia pure con gradi di serietà ed efficacia anche molto differenti, risultano inadeguate a contenere la diffusione rapida della malattia e a proteggere la salute di decine di milioni di persone. Questo fallimento annunciato non dipende tanto – o non solo – dall’incompetenza dei governi, quanto principalmente dall’inadeguatezza del capitalismo a rispondere a crisi che minacciano le fondamenta stessa della società.

Le priorità dei governi nella gestione della crisi in corso sono risultati evidenti da molte iniziative prese in questi giorni a livello globale. Negli Stati Uniti, il sostanziale atteggiamento di indifferenza del presidente Trump per la diffusione, quasi sicuramente sottostimata, dell’epidemia e le trattative al Congresso per un inadeguato pacchetto di aiuti a popolazione e imprese contrasta in maniera drammatica con il tempestivo intervento delle autorità federali a favore del sistema finanziario.

Giovedì, infatti, la Federal Reserve ha messo a disposizione qualcosa come 1.500 miliardi di dollari alle banche americane sotto forma di prestiti a breve scadenza per “far fronte alle perturbazioni altamente insolite dei mercati a causa del Coronavirus”. Se utilizzata per rispondere prontamente all’epidemia, questa cifra sarebbe stata abbondantemente sufficiente a contenere gli effetti devastanti a cui il mondo sta assistendo.

Anche in Italia, le decisioni “drastiche” prese dal governo hanno lasciato in larga misura aperte le fabbriche di tutto il territorio, ostentando l’introduzione di norme di comportamento e “misure di sicurezza” teoricamente obbligatorie per giustificare l’obbligo imposto ai lavoratori di rischiare il contagio. Al primo posto continua d’altronde a esserci la salvaguardia di profitti e quote di mercato delle aziende.

A confermare questa realtà è stato lo stesso presidente di Confindustria Lombardia, Marco Bonometti, il quale in un’intervista al Corriere della Sera di venerdì ha chiesto all’Europa un intervento per chiudere tutto il sistema produttivo del continente. Infatti, se a fermarsi fossero solo le imprese italiane, le fette di mercato di queste ultime potrebbero essere accaparrate dai loro concorrenti. Per Bonometti, inoltre, gli scioperi spontanei diffusi nei giorni scorsi sarebbero “irresponsabili” e ha invitato perciò i sindacati a fare di più per contenere le tensioni e riportare la disciplina tra i lavoratori.

In paesi dove la situazione tra qualche giorno o settimana potrebbe risultare molto simile a quella italiana le decisioni dei governi appaiono ugualmente insufficienti e la prudenza dipende quasi sempre, da un lato, dall’incapacità di reperire risorse da tempo sottratte deliberatamente alle necessità della popolazione e, dall’altro, dal timore di interferire con gli interessi del business. In Francia, il presidente Macron ha annunciato una chiusura parziale delle attività, ma nessuna misura importante è stata presa per effettuare test di positività su larga scala o per mettere a disposizione maggiori risorse al sistema sanitario.

In Germania, qualche giorno fa la cancelliera Merkel aveva rilasciato una dichiarazione agghiacciante nella quale prospettava una diffusione del contagio nel suo paese al 60% o al 70% della popolazione, senza tuttavia offrire soluzioni concrete, ma mettendo soltanto in guardia dal rischio che la sanità tedesca possa essere travolta nelle prossime settimane. Le implicazioni delle parole della Merkel sono di un numero enorme di decessi, verosimilmente anziani, per i quali le cure potrebbero essere limitate in maniera drastica, in modo da non “sovraccaricare” il sistema sanitario.

Ancora più incredibile è stata la reazione del governo britannico di estrema destra del primo ministro, Boris Johnson. Quest’ultimo, membri del suo gabinetto e “consiglieri scientifici” stanno promuovendo l’incredibile tesi della “immunità di gregge” nella popolazione che, in termini concreti, consiste nell’applicare il culto del neo-liberismo alla pandemia in corso, lasciando milioni di persone esposte al virus e a morte certa.

Prima di fare una parziale e umiliante marcia indietro con alcune misure ancora una volta inefficaci, Johnson ha così avvisato che nel Regno Unito “numerosissime famiglie finiranno per perdere i loro cari prima del tempo”. Ancora più rivelatrici sono state le dichiarazioni di altri esponenti del governo di Londra e di commentatori vicini ai conservatori. Il “capo consigliere scientifico” di Downing Street, Patrick Vallance, ha spiegato che il governo non dovrebbe cercare di evitare che il Coronavirus infetti la popolazione e provvedimenti di questo genere “non sono nemmeno desiderabili”.

L’editorialista del Daily Telegraph, Jeremy Warner, ha ammesso invece apertamente quello che in molti stanno già pensando all’interno delle classi dirigenti di tutto il mondo, cioè che il COVID-19 “potrebbe addirittura avere effetti moderatamente benefici nel lungo periodo, eliminando in maniera selettiva e sproporzionata gli anziani dipendenti” dal welfare.

Ancora negli Stati Uniti, le misure più incisive hanno a che fare finora con lo stop ai voli provenienti dall’Europea, anche se il virus è ormai da tempo sul suolo americano e pochi sforzi si stanno facendo in modo serio per contenerne la diffusione. La scelta di mettere un integralista cristiano e anti-evoluzionista, come il vice-presidente Mike Pence, alla guida dello sforzo anti-Coronavirus la dice d’altra parte lunga sulle intenzioni di un’amministrazione che vanta già un lungo elenco di iniziative anti-scientifiche.

Il governo USA ha stanziato appena 50 miliardi di dollari per combattere l’epidemia. Qualche restrizione ai movimenti sul territorio americano potrebbe essere invece decisa nel prossimo futuro, mentre altre modeste misure prevedono, tra l’altro, interventi a favore di quanti perderanno o hanno già perso il lavoro a causa del Coronavirus e per garantire qualche giorno di congedo pagato ad alcuni lavoratori dipendenti.

In una conferenza stampa dalla Casa Bianca per annunciare le misure contro il COVID-19, venerdì Trump ha significativamente invitato svariati “CEO” di compagnie private con interessi nel settore sanitario. Tutte saranno coinvolte nello sforzo che il governo metterà in atto, a cominciare dalla campagna per sottoporre a test di positività i soggetti o, per meglio dire, una minima parte di coloro che presentano sintomi sospetti.

In sostanza, la Casa Bianca continuerà a muoversi in due direzioni, la prima per cercare di minimizzare, anche per fini elettorali, l’impatto del COVID-19 e la seconda per assicurare ai grandi interessi economico-finanziari che l’emergenza sarà un’altra occasione per fare affari sulla pelle degli americani.

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