Il partito di estrema destra, Alternativa per la Germania (AfD), potrebbe essere a breve oggetto di un’intensa attività di sorveglianza da parte del servizio segreto federale tedesco, dopo che quest’ultimo ha dichiarato quella che è di fatto la principale forza di opposizione nel parlamento di Berlino come una “sospetta minaccia” al sistema democratico del paese. Prima che la situazione si sblocchi, si dovranno però attendere gli sviluppi di un procedimento legale avanzato dalla stessa AfD, che ha contestato duramente l’iniziativa in un anno ricco di importanti appuntamenti elettorali, compreso quello per il rinnovo del “Bundestag”, in programma alla fine di settembre.

 

I vertici dell’AfD hanno presentato un’istanza al tribunale amministrativo di Colonia per fermare le misure destinate a colpire il loro partito dopo che la stampa tedesca aveva dato notizia delle intenzioni dell’intelligence di mettere tutto il partito sotto controllo, sostanzialmente per i suoi legami con l’estremismo neo-nazista. Il processo in atto ha così rimandato la dichiarazione ufficiale sulla questione da parte del servizio segreto, noto col nome di “Ufficio per la Protezione della Costituzione” (“Bundesamt für Verfassungsschutz” o BfV). Venerdì, infatti, la già citata corte ha ordinato la sospensione dei provvedimenti di sorveglianza in attesa della conclusione del procedimento legale.

La decisione del BfV scaturisce da un rapporto, pubblicato in esclusiva settimana scorsa dal magazine Der Spiegel, che descrive dettagliatamente i collegamenti tra esponenti anche di primo piano dell’AfD e il sottobosco dell’estrema destra tedesca, nonché il rischio concreto di azioni violente da parte dei suoi affiliati. La presa di posizione dell’intelligence federale testimonia dell’indiscutibile pericolo rappresentato da questo partito, ma è allo stesso tempo una mossa tardiva che cerca di nascondere le responsabilità di tutto l’apparato di potere tedesco, a cominciare dagli stessi servizi di sicurezza. Basti pensare al livello di consenso e, ancora di più, al rilievo “istituzionale” che ha oggi l’AfD, possibili solo grazie alla sostanziale legittimazione assicuratale negli ultimi anni dal sistema politico tradizionale.

Per la prima volta nella storia della Germania post-bellica, dunque, un partito rappresentato in parlamento potrebbe essere al centro di un’estensiva attività di controllo da parte del servizio segreto. Tra le opzioni che il BfV avrebbe a disposizione ci sono intercettazioni telefoniche e della corrispondenza elettronica, così come la sorveglianza sulle riunioni del partito. Esclusi da queste misure dovrebbero rimanere invece i membri del parlamento.

Il rapporto del BfV che ha fatto scattare la storica decisione si basa sulle attività e sulle dichiarazioni pubbliche di 302 funzionari del partito, di cui 88 a livello federale. L’elemento centrale emerso dall’indagine è l’influenza che continua a esercitare sull’AfD la fazione più estrema (“Flügel” o “Ala”), nonostante sia stata ufficialmente sciolta e da tempo sotto la sorveglianza dei servizi di sicurezza. Secondo il BfV, non può essere escluso il ricorso a metodi di “resistenza violenta” da parte di questi ambienti.

Ciò che viene rilevato, a proposito degli esponenti dell’AfD, è un atteggiamento “diametralmente opposto” a quello del rispetto della dignità umana dei migranti garantito dalla costituzione, in grado anche di “minacciare seriamente la coesione sociale e la convivenza pacifica in Germania”. Al centro del discorso politico dello stesso partito di estrema destra c’è inoltre la condanna degli avversari come “nemici del popolo” e “distruttori della Germania”, mentre la retorica xenofoba, intollerante e razzista “offende, deride ed emargina” in particolare i musulmani.

Nello stesso rapporto del BfV si legge che “una parte significativa del partito è interessata non solo a introdurre una certa dose di polemica nel dibattito politico”, ma “cerca di stimolare o rafforzare un rifiuto integrale del governo tedesco, di tutti gli altri partiti e dei loro esponenti”. Questi ultimi sono costantemente definiti “servi del regime” e “schiavi dei vecchi partiti”. In questa strategia comunicativa vengono poi spesso impiegati termini con connotazioni riconducibili al vocabolario nazista, tra cui “Volksverräter” per caratterizzare un rivale politico come “traditore del proprio popolo”.

I collegamenti all’estremismo neo-nazista non sono tuttavia solo retorici. Anzi, i legami tra i membri del partito e formazioni estremiste sono numerosi e ben documentati. Una di queste è il Movimento Identitario, mentre, ad esempio, il leader dell’AfD nello stato della Turingia, Björn Höcke, è un noto simpatizzante dell’iniziativa ferocemente anti-immigrati “Ein Prozent” (“Uno Percento”). Il numero uno della delegazione dell’AfD nel parlamento statale del Brandeburgo, Hans-Christoph Berndt, è invece un dirigente della Associazione per il Futuro della Patria, che ha legami con gli ambienti neo-nazisti e tra le cui attività figurano l’organizzazione di “manifestazioni islamofobe e xenofobe”. Svariate sono anche le dichiarazioni pubbliche che hanno minimizzato o addirittura celebrato in nazismo. Il leader storico dell’AfD, Alexander Gauland, definì ad esempio i crimini del nazismo “sterco di uccello” a fronte di “mille anni di storia di trionfi tedeschi”, mentre si era detto orgoglioso dei soldati della “Wehrmacht hitleriana”.

A partire dall’esplosione della pandemia di Coronavirus oltre un anno fa, l’Alternativa per la Germania è diventata ancora più “radicale”, secondo l’intelligence tedesca. Come in altri paesi occidentali, le chiusure forzate dovute alla crisi sanitaria e lo stato di emergenza dichiarato ripetutamente dal governo hanno creato terreno fertile per il populismo di estrema destra, che ha fomentato proteste contro la “dittatura del virus” presumibilmente introdotta in Germania.

Se i servizi segreti federali dovessero avere il via libera per sottoporre il partito a sorveglianza, sarà tutto da valutare l’impatto che ciò avrà sull’esito delle elezioni in calendario nei prossimi mesi. I consensi dell’AfD sono dati in flessione rispetto al 12,6% ottenuto nel voto per il parlamento federale nel 2017. Gli eventi degli ultimi dodici mesi potrebbero tuttavia avere effetti imprevisti alle urne, soprattutto a livello locale. I primi due stati andranno al voto domenica prossima e sono Baden-Württemberg e Renania-Palatinato, dove l’AfD detiene rispettivamente 23 seggi su 143 e 14 su 101.

È probabile che la concorrenza rappresentata dall’AfD per i partiti storici dell’establishment tedesco abbia influito sulla decisione dell’intelligence di adottare misure drastiche nei confronti della destra estrema rappresentata in parlamento. Non solo, il rafforzamento di una formazione con chiare simpatie neo-naziste in un paese col passato della Germania suscita un forte sentimento di repulsione tra la grande maggioranza della popolazione, che può a sua volta sfociare in un movimento di protesta diretto sia contro l’AfD sia l’intero sistema politico in costante spostamento verso destra.

Ciò è del tutto possibile se si considera che, al di là delle dichiarazioni dei politici dei giorni scorsi per accogliere con entusiasmo la sorveglianza dell’AfD, parte delle iniziative promosse da questo partito sono state fatte proprie dal governo di unità nazionale della cancelliera Merkel. Soprattutto le politiche di contrasto all’immigrazione sono diventate progressivamente molto più severe rispetto alla fase che aveva preceduto le elezioni generali del 2017, con l’implementazione di misure per molti versi simili a quelle promosse dall’AfD, come la creazione di campi di detenzione per i rifugiati da rispedire nei loro paesi di origine.

Un altro fronte su cui la classe dirigente tradizionale tedesca appare sostanzialmente allineata alle forze di estrema destra è quello dell’impulso alle ambizioni da grande potenza della Germania, con il corollario del riarmo spinto e, a ben vedere, del rafforzamento dei poteri dello stato e dei suoi organi di sicurezza. Su questi ultimi punti, va sottolineato, non vi sono praticamente differenze tra i partiti di tutto lo spettro politico tedesco.

In questo scenario, non è sorprendente che, a seguito della decisione del Partito Social Democratico (SPD) di tornare a far parte di un governo di unità nazionale con i cristiano-democratici (CDU) e i cristiano-sociali (CSU), l’AfD è stata legittimata come forza “mainstream” a tutti gli effetti, ottenendo le prerogative garantite all’opposizione ufficiale nel “Bundestag”. Nello stato della Turingia, a febbraio del 2020 l’AfD era anche entrata per un breve periodo a far parte della maggioranza di governo con CDU e Partito Liberale Democratico (FDP). Oggi, l’Alternativa per la Germania è presente in tutti e 16 i parlamenti statali, a conferma dell’allargamento della propria influenza all’interno del sistema di potere tedesco.

Influenza che è evidente anche nelle forze armate, in quelle di polizia e negli stessi servizi segreti. Le simpatie neo-naziste e, più precisamente, per l’AfD e le formazioni di estrema destra ad essa più o meno connesse non sono un mistero e sono apparse in tutta la sua evidenza proprio negli ultimi anni. Ciò rende quanto meno problematico il compito auto-attribuitosi dal BfV di sorvegliare il partito e, verosimilmente, di contenerne le spinte più estreme. A livello generale, l’Ufficio per la Protezione della Costituzione ha una storia non esattamente immacolata per quanto riguarda il contrasto al neo-nazismo in Germania. L’infiltrazione in questi ambienti è stata negli scorsi decenni così intensa da annullare spesso il confine tra stato e gruppi estremisti, come dimostrano le responsabilità e le collusioni dimostrate in svariati attentati e omicidi attribuiti alla destra estrema.

Più recentemente e in merito proprio all’AfD, va ricordato almeno il clamoroso episodio dell’estate 2018, quando una serie di dimostrazioni di estremisti neo-nazisti nella città orientale di Chemnitz, sfociate in una vera e propria caccia agli immigrati, furono accolte con espressioni di solidarietà anche da esponenti di governo. Il ministro degli Interni responsabile del servizio segreto, Horst Seehofer, dichiarò ad esempio che, se non avesse avuto incarichi istituzionali, avrebbe probabilmente anch’egli partecipato a queste manifestazioni xenofobe.

Sempre collegata a questi eventi fu anche la vicenda che coinvolse proprio l’allora direttore del BfV, Hans-Georg Maassen. Quest’ultimo aveva parlato in più occasioni a favore dei dimostranti di Chemnitz, minimizzando le tendenze anti-semite e intolleranti dei militanti di estrema destra. Maassen era stato in seguito sollevato dal suo incarico, anche se in realtà spostato a un incarico ufficialmente più prestigioso, ma non prima di avere incassato la solidarietà di politici di rilievo, come il già ricordato ministro Seehofer.

Infine, mentre il BfV arriva oggi tardivamente a riconoscere la pericolosità dell’Alternativa per la Germania e a ipotizzare misure drastiche di sorveglianza, nel recente passato aveva già provveduto a sottoporre allo stesso trattamento altre formazioni di sinistra, colpevoli di rappresentare una potenziale minaccia, anche se in maniera del tutto pacifica, alla stabilità del capitalismo tedesco.

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