Capita, in questi temi grami, di dover dare ragione perfino a Draghi e – orrore - a Salvini, che in merito alla pericolosissima crisi ucraina hanno preso posizione in modo non del tutto ligio ai desideri del padrone d’oltreoceano. Il primo in una telefonata con Putin e il secondo con un suo intervento. Bello sforzo, si potrebbe obiettare: a qualunque essere ragionevole risulta evidente come una guerra per l’Ucraina tra NATO e Russia costituirebbe una catastrofe per tutto il pianeta, più nello specifico per l’Europa e, ancora più nello specifico, per l’Italia.

A fronte però dell’esasperato  atlantismo di Letta e del PD, anche le cose di buon senso dette da Salvini e da Draghi possono costituire un segnale non trascurabile. Segnale peraltro in sintonia con la stragrande maggioranza del popolo italiano, che di morire per Kiev non ha proprio voglia.

 

Da tempo ormai l’amministrazione statunitense e la NATO stanno costruendo la guerra. Lo fanno col criminale avventurismo di giocatori incalliti, pronti a rischiare il tutto per tutto per arginare in qualche modo il proprio visibile e rovinoso declino, evidenziato dall’indecorosa fuga dall’Afghanistan e da tanti altri episodi piccoli e grandi che danno la misura di una comunità internazionale sempre più decisamente incamminata verso un autentico multipolarismo. Vi sono inoltre, come sempre accade in questi casi, anche motivi di sostanza più concreta, ben spiegati da Alberto Negri in un suo intervento sul manifesto dell’8 febbraio, e che in sostanza riguardano la volontà degli Stati Uniti di vendere all’Europa il suo gas al posto di quello proveniente dall’Est, per quanto molto più caro e di più difficili produzione e trasporto.

Queste le cause reali di una campagna a dir poco vergognosa che coinvolge i principali organi di “informazione” vicini a Biden, il quale, nella sciagurata ottica del potere statunitense, ha bisogno di qualche “colpaccio” sul piano internazionale per recuperare la sua perdita di popolarità e patrocinare con successo gli interessi dei produttori di energia e di quelli di armamenti del suo Paese. Per questo giornali un tempo abbastanza prestigiosi come il New York Times e, si parva licent, La Stampa e La Repubblica, continuano a suonare la grancassa della presunta prossima invasione russa dell’Ucraina.

La belva morente si erge con arroganza chiedendo la servile adesione di quelli che sono da sessant’anni  i suoi servi più fedeli. Succede così che un personaggio lugubre e di malaugurio come Luttwak, una sorta di caricatura del dottor Stranamore che a sua volta era una caricatura, esiga imperiosamente dall’Italia di prendere posizione, denunciando irritato quello che a suo giudizio è l’insopportabile silenzio dello Stato vassallo per eccellenza.

Non è casuale che Luttwak, che non parla ovviamente a titolo personale ma si fa interprete di obiettivi e disegni dei circoli imperialistici dominanti, faccia diretto appello a due figure, Di Maio e Guerini, piazzati a reggere due postazioni strategiche nel governo iperatlantista di Draghi il quale, dal canto suo, ha mostrato invece un certo pragmatismo.

I livelli di mistificazione della realtà raggiunti dalla macchina propagandistica di Washington in relazione all’Ucraina sono talmente elevati da risultare addirittura grotteschi. Ormai da tempo i megafoni di Biden e Blinken continuano a diffondere ingiustificati allarmi preannunciando impossibili invasioni russe dell’Ucraina, mentre tutti i responsabili governativi del Paese che sarebbe l’oggetto delle brame moscovite si affannano a smentire e a buttare l’acqua sul fuoco.

Ciò ovviamente dimostra come il vero intento dell’amministrazione statunitense sia quello accennato, ovvero creare una situazione di tensione artificiale che dia modo a Biden & C. di sfoderare le unghie, facendo bella figura sul piano interno, laddove Trump incalza con le abituali posizioni oltranziste, e su quello internazionale, dove l’ultimo anno è stato pessimo per Washington un po’ su tutti gli scacchieri, con l’emergere sempre più netto del ruolo globale della Cina e l’evidente perdita di posizioni in America Latina.

La situazione presenta rischi  non trascurabili e occorre un sostegno coerente e continuo alla pace, col rilancio degli accordi di Minsk, sabotati e abbandonati dall’estrema destra paranazista ucraina e da Biden, all’insegna della necessaria autodeterminazione delle popolazioni del Donbass che devono trovare un adeguato locus standi in una rinnovata architettura costituzionale del Paese, ovvero poter esercitare il loro diritto all’autodeterminazione in conformità al diritto internazionale vigente.

Il secondo elemento importante è costituito dall’urgenza della neutralizzazione dell’Ucraina, che deve poter svolgere il ruolo che un personaggio certamente non sospettabile di filorussismo come Kissinger, ebbe a sostenere a suo tempo, di ponte tra Est e Ovest. Ponte oggi più che mai necessario per allontanare gli spettri di una guerra disastrosa e rilanciare le ragioni del dialogo e della cooperazione.

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