di Henry A. Kissinger
Il dibattito attorno la difesa missilistica, ormai vecchio di 50 anni, è stato riacceso dal piano americano che prevede la creazione di basi per la difesa missilistica in Repubblica Ceca e Polonia. Una situazione simile a quella dei tempi della Guerra Fredda è venuta alla luce, poichè la Russia non crede alla necessità di costruire queste basi ed afferma anzi che l'obiettivo reale sia quello di ridurre al minimo la capacità offensiva delle forze strategiche russe, al posto di quello dichiarato dall'Amministrazione Bush, ovvero contenere la minaccia iraniana. Ma oltre alle invettive, il Cremlino ha anche fatto proposto alcune forti iniziative per creare una collaborazione senza precedenti tra la Russia e la NATO per contenere una eventuale minaccia missilistica iraniana.
Negli Stati Uniti, il concetto di difesa missilistica ha avuto sempre qualche difficoltà ad essere accettato in pieno. Un sistema di difesa missilistica proposto nel 1969 dall'allora presidente Richard Nixon fu strangolato dal Congresso. Per poter preservare l'obiettivo di questo progetto l'Amministrazione Nixon, nel 1972, fu costretta a negoziare con i sovietici il cosiddetto Trattato sui Missili Anti-Balistici (ABM). Questo trattato bloccava qualsiasi iniziativa di difesa missilistica di entrambe le parti, e conteneva un accordo che poneva le prime restrizioni anche alla costruzione di missili offensivi da parte dell'Unione Sovietica.
Nei decenni successivi, il contesto internazionale è cambiato in maniera drammatica ed ha portato ad una riconsiderazione degli accordi precedenti: in primo luogo, il collasso dell'Unione Sovietica ha eliminato le basi concettuali della dottrina della deterrenza attraverso la mutua capacità di distruzione; in secondo luogo, i progressi tecnici hanno reso la difesa missilistica una prospettiva molto più realistica; in terzo luogo, la proliferazione di armi nucleari e tecnologie missilistiche ha generato problemi senza precedenti riguardo possibili lanci accidentali o da parte di Stati cosiddetti canaglia.
Vi è anche un aspetto morale. Come potrebbe un presidente spiegare al popolo che lo ha eletto, dopo un eventuale attacco limitato con armi nucleari sul territorio americano, per quale motivo, visto che era in possesso di tecnologia che avrebbe potuto mitigare le conseguenze di questo attacco o addirittura evitarle, ha invece deciso di lasciare la cittadinanza senza protezione?
Queste considerazioni hanno convinto l'Amministrazione Bush a ritirarsi dal Trattato ABM nel 2002 ed iniziare così la costruzione di un sistema di difesa missilistica globale, con l'obiettivo di bloccare eventuali attacchi limitati, in particolare da parte degli Stati canaglia. Lo sviluppo di questo sistema è iniziato in Alaska, ed alcune stazioni radar esistenti altrove sono state integrate nel sistema anti-missilistico. L'eventuale nuova base radar in Repubblica Ceca e lo stanziamento di un piccolo numero di missili intercettori in Polonia, rappresenterebbero le prime installazioni ex novo, al di fuori del territorio degli Stati Uniti d'America, esplicitamente designate per la difesa missilistica.
La Russia che nel 2002 aveva accettato il ritiro americano dal Trattato ABM con poca, o meglio quasi nulla, acrimonia, ha reagito in maniera molto forte al possibile sviluppo del sistema antimissilistico in Polonia e Repubblica Ceca. Ma questa non dovrebbe essere una sorpresa. Mosca ha sempre mostrato enorme interesse nella difesa missilistica.
L'attuale dialogo tra russi ed americani segue una strada tradizionale. Ma le sue implicazioni vanno ben oltre le considerazioni strategiche. E' implicito nella condotta del presidente Putin sin dal suo discorso di Monaco, un forte risentimento nei confronti dell'avanzamento delle basi militari NATO verso le frontiere russe, in spregio a quelle che Mosca considerava essere assicurazioni fornite da parte occidentale che questo non sarebbe mai avvenuto - in particolar modo con riferimento alle tecnologie militari avanzate, come quelle dello scudo antimissilistico.
L'argomento portato avanti dagli Stati Uniti, ovvero che lo sviluppo di questo sistema antimissilistico serva per difendersi da eventuali attacchi iraniani, viene dismesso da parte russa, osservando che ci vorranno almeno 10 anni, se non più, prima che la capacità missilistica iraniana sia capace di raggiungere il territorio degli Stati Uniti d'America. Quindi, secondo i russi, lo sviluppo di questo sistema deve involvere un disegno più profondo che, per sua stessa natura, sarebbe contrario agli interessi della Russia. La tattica di Mosca riflette quindi la sua retorica. Il governo russo ha lanciato una intensa campagna diplomatico per pressare la NATO e gli Stati Uniti a revocare lo stanziamento delle strutture di difesa antimissilistica nell'Europa centrale. Ha persino lasciato intendere che, in caso contrario, in futuro alcuni missili russi potrebbero essere puntati verso i territori della NATO.
Ma ci sono anche segnali nel vento che implicano una attitudine più costruttiva da parte dei russi. Putin ha fatto una proposta molto interessante che potrebbe avere potenzialmente un significato profondo e di lungo periodo: collegare il sistema esistente di installazioni radar traccianti russe, come quelle in Azerbaijan o quelle pianificate in costruzione nel sud della Russia, al sistema antimissilistico americano e della NATO contro l'Iran. Sebbene la proposta sia inaccettabile per come è stata proposta, nondimeno essa contiene una visione di come sia possibile implementare interessi strategici comuni, che potrebbero creare un precedente per un impegno comune nella lotta per far fronte ad altre sfide globali.
La Russia e gli Stati Uniti si trovano di fronte ad un nuovo ordine mondiale le cui minacce, così come le prospettive, trascendono quelle di qualsiasi Stato nazione, a prescindere da quanto esso possa essere potente o essere capace di far fronte da solo a queste minacce. La proliferazione delle armi di distruzione di massa, il jihadismo radicale, l'ambiente, l'economia globalizzata impongono su tutti noi il bisogno di cercare approcci cooperativi. Al livello di presidenti e ministri degli esteri, questo tipo di approccio sembra essere stato compreso, ed infatti le relazioni sono amichevoli e caratterizzate da seri sforzi cooperativi. Nondimeno nella dimensione pubblica, alcune attitudini somiglianti agli approcci della Guerra Fredda, stanno lentamente riemergendo.
Non dobbiamo permettere che questo trend vada avanti. Gli Stati Uniti e la Russia non sono più in competizione per la leadership globale. Lo sviluppo militare delle due potenze non è più portato avanti per contrastare l'altra, ma perchè entrambe hanno altri, più grandi pericoli, a cui far fronte, possibilmente in comune.
Gran parte degli americani comprende che molti problemi globali possono essere risolti al meglio - o forse solo - con una stretta cooperazione tra Russia e Stati Uniti d'America. Allo stesso modo, anche i leader russi non possono non pensare che il proprio Paese abbia tutto da guadagnare da una cooperazione con gli Stati Uniti.
Ognuna delle due parti, di sicuro, ha anche i propri interessi nazionali che non sono necessariamente gli stessi. L'America ha bisogno di mostrare una maggiore sensibilità rispetto alle complessità russe. Mosca, da parte sua, deve capire che i suoi interessi saranno presi in considerazione e che le minacce non sono il modo migliore per raggiungere un proposito comune.
La sfida immediata è quella di cercare un accordo sulla questione della difesa missilistica. Per gli Stati Uniti d'America, la NATO è stato il puntello fondamentale che ha permesso l'uscita dal suo isolamento e la sua forte presenza internazionale. E' quindi impossibile chiedere di non considerare validi gli accordi intrapresi con la Repubblica Ceca e la Polonia, che sottolineano in questo modo i loro legami con l'America e che i leader americani, a loro volta, considerano importanti per la sicurezza americana.
Ma quello che sicuramente l'America può e deve fare è limitare chiaramente il proprio sistema antimissilistico a quelli che sono gli obiettivi dichiarati di voler far fronte a minacce da parte degli Stati canaglia, e trovare perciò modi per definire degli step specifici in modo tale da separare una volta e per tutte in modo chiaro e definitivo per tutti, lo stabilimento delle installazioni della difesa antimissilistica nell'Europa centrale da una ipotetica ed altamente implausibile volontà di guerra contro la Russia.
Dietro questa vestite di tradizionale controllo delle armi, vi è la prospettiva reale di un nuovo approccio all'ordine mondiale. L'iniziativa di Putin di collegare i sistemi di difesa antimissilistica della Russia e della NATO potrebbe essere - o potrebbe essere resa - una storica iniziativa che permetterebbe di far fronte in maniera comune a problemi, come questo, che minacciano tutti i Paesi allo stesso momento. E' uno di quegli schemi che è allo stesso tempo facilmente raggiungibile dal punto di vista tecnico, ma che, allo stesso tempo, un po' come la visione dello Guerre Stellari di reaganiana memoria, portano in se i germi di future interamente nuove opportunità creative. Permette ad esempio di immaginare un approccio realmente globale a tutte le tematiche relative alla proliferazione nucleare, che sino ad ora sono state trattate esclusivamente attraverso le politiche nazionali. Ed un tale approccio potrebbe diventare un precedente per la soluzione di altre questioni di dimensione ed importanza comparabile.
Di sicuro, è anche possibile - forse persino probabile - che la proposta del Cremlino sia in realtà una manovra tattica: per "esporre" inesistenti disegni americani contro le forze strategiche russe; per cercare di creare una rottura all'interno della NATO, esplorando le proposte russe all'interno del Consiglio NATO-Russia; e rendendo la nuova proposta valida solo a patto che gli Stati Uniti decidano di abbandonare lo stanziamento delle proprie strutture di difesa antimissilistica in Polonia e Repubblica Ceca.
Sarebbe un vero peccato. Perchè se i negoziati avessero successo - o quantomeno vi fosse uno sforzo serio affinché essi possano aver successo - questo significherebbe porre i colloqui sulla non proliferazione con l'Iran in un contesto radicalmente nuovo che, con il tempo, potrebbe portare ad un approccio più generalizzato alla soluzione di altri problemi di valenza globale. E' per questo motivo che la proposta russa deve essere esplorata dettagliatamente. Come potrebbe operare un tale sistema? Come un sistema del genere potrebbe rispondere ad eventuali allarmi? Come sarebbe possibile portare al suo interno altre nazioni che hanno interessi similari nel controllo della proliferazione delle armi di distruzione di massa?
Se queste domande troveranno una risposta positiva - ovvero se, in altre parole, i Paesi coinvolti decidano di unire le loro strategie sulla questione della non proliferazione - verrà alla luce un nuovo contesto per la soluzione di altri problemi di importanza fondamentale. Ed in questo modo un dibattito che era iniziato 50 anni fa riguardo alle più distruttive armi mai create dall'umanità, si potrà concludere facendo un grosso passo avanti verso un mondo più pacifico.
Henry A. Kissinger è il presidente della società di consulenza Kissinger & Associates, nonchè ex segretario di Stato ed una delle personalità più influenti, ancora oggi, nel panorama politico americano. Questo articolo è stato distribuito attraverso Tribune Media Services.
Fonte originale: International Herald Tribune
(Tradotto da Daniele John Angrisani per Altrenotizie.org)