di Sara Nicoli

Il primo della classe è sempre lui, Giuliano Ferrara. Il mai stato laico direttore de il Foglio, in astinenza da popolarità mediatica sulle grandi polemiche politiche del momento, dove la sua per altro ottima trasmissione Otto e Mezzo non riesce ad incidere, ha voluto inaugurare il nuovo anno con una delle sue battaglie-provocazione per scardinare una delle leggi dello Stato laico più odiate dal suo vero editore di riferimento, la Santa Sede. Prendendo spunto dall’approvazione della moratoria sulla pena di morte, una vittoria del governo italiano, Ferrara ha lanciato dalle colonne del suo giornale l’idea di una moratoria sull’aborto: sempre di condanna a morte di un essere umano si tratta, secondo lui, e dunque val la pena rivedere questa 194, che negli anni ha lasciato alle donne troppa libertà di scelta a discapito del loro ruolo di mogli e madri e mettendo a repentaglio il valore intrinseco della famiglia. Ci sarebbe da sommergere questo ragionamento con una sonora, crassa, risata se la minaccia non fosse invece molto reale. E se dietro un’apparente boutade non si nascondesse la volontà di riaprire una ferita antica, quella della lotta sulla 194, per disinnescare una volta per tutte la revisione delle linee guida della legge 40, ormai in avanzato stato di preparazione. Guarda caso, a seguire il solco della “proposta” di Ferrara, immediatamente salutata con uno scontato “alleluia” da Sua Eminenza il cardinal Ruini, si è subito accomodato il coordinatore di Forza Italia, Sandro Bondi e la senatrice teodem Paola Binetti, quest’ultima nel mal celato intento di mettere un’ennesima zeppa al dibattito sulla laicità che sta scuotendo le fondamenta del Partito Democratico, prima ancora che il congresso ne sancisca una definitiva nascita politica.

Non c’è nulla da ridere, insomma, e vale la pena preoccuparsi non poco se, con un governo così poco stabile e con una sinistra ancora alle prese con una ricerca d’identità comune molto lontano dall’essere raggiunta, Sandro Bondi ha addirittura annunciato la proposta di una mozione per rivedere le linee guida della 194 alla riapertura dei lavori parlamentari. Soprattutto, c’è da preoccuparsi se la Binetti, che non arriva mai seconda quando c’è da alzare la bandiera dello stato clericale contro lo stato laico, si è detta pronta a far convergere su di sé tutte quelle forze del centro sinistra che, come lei, condividono un padrone diverso da quello dell’elettorato che li ha portati in parlamento, per far in modo che venga approvata al più presto. Testuali le sue parole: “La mozione è un grande passo avanti nella direzione giusta, cioè la difesa della dignità della persona e del valore sacro della vita”. “La 194 è datata, ha trent'anni e per rivedere le linee guida della legge – ha puntualizzato la numeraria dell’Opus Dei - sono disponibile a dare il mio contributo alla formazione di una maggioranza trasversale”.

Un simile intento, in un politico che ha senso dello Stato e della tenuta del governo, non salterebbe nemmeno in testa, consapevole di creare una nuova spaccatura nell’Unione. E invece no. Le sue preoccupazioni, com’è noto, sono altre. Lei vola alto, talmente alto che non si sa che cosa ci stia a fare dentro le bassezze politiche che si consumano dentro gli emicicli parlamentari. Ma se il mezzo è buono per raggiungere il fine, ossia quello di scardinare il più possibile lo Stato laico per asservirlo al Vaticano, allora è lecito utilizzare anche questa trincea: “Sulla salvaguardia della vita - ha declamato come se fosse uno statista, e non lo è affatto - non valgono logiche di schieramento o posizioni di partito. Nel Pd e in Parlamento - ha minacciato ancora - siamo in più di quanti si creda a ritenere indispensabile la rivisitazione della legge 194. Sarebbe demenziale invocare disciplina di partito su temi che toccano al fondo la coscienza e le ragioni della convivenza civile”.

Come a dire: che Veltroni non ci provi neppure a paventare una mia espulsione dal partito democratico per manifesta incompatibilità di vedute, perché sarei pronta a scatenargli contro Rutelli e tutti i miei sodali (leggasi Bobba, Baio Dossi e forse anche Mastella). E, soprattutto: che nessuno si azzardi a buttare nell’agone delle prossime settimane parlamentari la questione della revisione delle linee guida della legge 40. Altrimenti si alza il tiro sulla 194. In poche parole, un sottile ricatto politico. Che poi tanto sottile non è, anzi è piuttosto grossolano, in linea perfetta con il livello dell’attuale classe politica, ma che rischia di inchiodare definitivamente il dibattito sulla revisione delle linee guida sulla fecondazione assistita, di cui, invece, c’è un’impellente necessità.

La Binetti, insomma, persegue la sua strada a caccia di quella maggioranza trasversale che le consenta, una volta incardinato il provvedimento dentro una delle aule parlamentari (forse al Senato, grazie a quella mente illuminata di Gustavo Selva) di creare una propria frangia politica di sbarramento a qualsivoglia discussione, aperta e laica, su un tema etico qualunque. In altri Paesi, gente come la Binetti viene chiamata Jiiadista, integralista, talebana: in Italia si fa invece passare l’ottusità oscurantista religiosa come un alto valore morale, che nulla ha a che vedere con i temi che si trattano, siano questi la salute del bambino o la diagnosi pre impianto dell’embrione, piuttosto che la ricerca su cellule staminali embrionali.

Ovviamente, poi, il fatto che tutti questi bei discorsi si giochino sulla pelle delle donne è un dettaglio del tutto trascurabile. Non a caso la battaglia è stata lanciata da uno come Ferrara, di cui non si ricorda neppure un trafiletto sui problemi legati alla maternità responsabile, alla contraccezione e alla lotta all’aborto clandestino. Veri uomini, insomma, su questa barricata che vuole distruggere la 194. Come Rocco Buttiglione, anche lui mai domo quando c’è da usare due pesi e due misure sul valore della vita (la salute delle donne viene sempre dopo quella di un feto di qualche settimana). Che abbracciando idealmente la Binetti come aveva tentato di fare anche fisicamente, qualche settimana fa, dopo il “no” etico della senatrice teodem alla fiducia al governo, ha subito innalzato il vessillo di crociato vaticano uber alles: “L’Udc - ha declamato - è sempre stato all'avanguardia nella lotta in difesa della vita: un feto di venti settimane è già in grado di vivere alcune ore ed un aborto in quel caso è un infanticidio!”. Roba da far tremare i polsi.

Ma è la revisione delle linee guida sulla legge 40 ad essere realmente sotto attacco, non la 194. E i Radicali lo hanno capito bene. Dice, infatti, Marco Cappato, centrando i pieno l’obiettivo della polemica. “La legge sull'aborto non è nè un totem né un tabù. Verificare l'impatto del progresso tecnologico sul rispetto della legge è certo opera utile e doverosa, non solo relativamente alle mutate possibilità di sopravvivenza del feto fuori dall'utero, ma anche rispetto alle tecniche abortive disponibili, prima tra tutte la RU486, e alle tecniche di analisi prenatale e reimpianto”.

Se, insomma, di revisione si vuol parlare, allora che si guardi avanti, a quanto la scienza ci ha regalato in questi ultimi anni per rendere sempre meno dolorosa la pratica dell’aborto e quella della fecondazione assistita. “La contraddizione – ha proseguito il parlamentare - tra le linee guida della legge 40 sulla fecondazione assistita, che ostacolano abusivamente l'analisi gentica pre-impianto, e la legge 194, che consente l'analisi pre-natale e l'aborto, va risolta a favore della seconda, attraverso una riforma delle linee guida della legge 40 che chiarisca le modalità attraverso le quali la donna può ricorrere all'analisi pre-impianto: il proibizionismo sulle analisi pre-impianto e pre-natali sarebbe comunque una scelta criminogena, perché si tradurrebbe in una ripresa degli aborti clandestini in Italia e all'estero”. Fatto inconfutabile, quest’ultimo, di cui, ovviamente, la Binetti e Ferrara si fanno beffe, impegnati nella battaglia delle restrizioni delle libertà personali (in questo caso della donna) che rappresenta anche un attacco alla Costituzione repubblicana.

E’ certo che questo polverone polemico abbia come scopo quello di disinnescare il prossimo varo delle linee guida sulla legge 40. Ma a parte le vergognose posizioni dei soldatini di dio in Parlamento, il vero dubbio riguarda il comportamento che, sul tema, terrà il governo. Se, insomma, Prodi (ma anche Veltroni) , in tempi di verifica, vorranno tenere fede almeno ad uno dei tanti, disattesi, punti del programma dell’Unione. In caso contrario, sarà palese quanto, ormai, si va dicendo da tempo nei palazzi della politica, ovvero che il reale ostacolo sul cammino delle riforme, anche se di un semplice, doveroso atto ministeriale come la revisione delle linee guida della legge 40, è proprio Prodi e il suo governo. Una coalizione così mal amalgamata non può seriamente fronteggiare l’aspra salita delle riforme – a partire dalla legge elettorale – che si impongono per il Paese.

L’ennesima, pretestuosa polemica sulla 194 per avvelenare il clima e condurre alle elezioni anticipate ne è l’ennesima prova. Che Prodi ne prenda atto con ragionevolezza prima che altri, casomai pretestuosamente come Ferrara e la Binetti, trovino il sistema di farlo scivolare ignominiosamente sulla prima futilità parlamentare. Pronti ad ammantarsi, poi, della bandiera della vittoria della destra spacciandola, come al solito, per un alto valore etico e cristiano. E invece è fuffa.


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