di Rosa Ana De Santis

Una visita protocollare, quasi di cortesia. Un modo come un altro, per quanto rituale, di ribadire una sorta di concertazione, una esibizione di sorrisi e deferenze scopo flash a ricordare un sostanziale co-governo della capitale tra il Sindaco di Roma e il Vescovo di Roma. Questo doveva essere l’incontro della settimana tra Papa Ratzinger e Veltroni. Ma così non è stato, giacché il pastore tedesco, ultimo esponente vivente dell’ultima monarchia assoluta imperante, ha deciso di tendere un’imboscata al Sindaco. Lo ha fatto a freddo, rimproverando all’amministrazione capitolina il degrado ed i problemi di Roma, facendo intendere come la Chiesa sia pronta a schierarsi all’opposizione nelle vesti di suggeritore morale del centrodestra. Eppure, solo pochi giorni prima, il 17 dicembre scorso, Veltroni aveva dimostrato cortese sollecitudine verso i voleri papalini, impedendo che passasse al Consiglio comunale di Roma una mozione per il riconoscimento dell’anagrafe per le unioni civili. Sfidando quindi la tenuta della sua maggioranza ed il buonsenso, oltre che la concezione laica dello Stato e della società. E dunque? Perché il Papa, nonostante tanta genuflessione ha deciso comunque l’affondo verso l’amministrazione capitolina? Due i motivi sostanziali: i soldi e la legge 194. Sulla difesa della legge sull’interruzione della gravidanza il rifiuto di Veltroni a discuterla (rifiuto peraltro tiepido e ritardatario, nonché atto dovuto) ha certamente provocato un certo malumore nella Curia. Che dietro al laido Ferrara ha deciso di schierare le beghine e i chierichetti di complemento (dalla Binetti a Bobba, con in testa Bagnasco, capo della Cei, la Conferenza Episcopale Italiana), a sostegno della cosiddetta “moratoria” sulla legge; in sostanza una moratoria sui diritti individuali e collettivi da perseguire in sella all’elefantino. Ma se era comprensibile il tentativo medievale della Chiesa e dei suoi adepti, altrettanto comprensibile era attendersi che le risposte secche e contrarie sarebbero arrivate sia dalla scienza che dalla società civile e dalla politica: nessuno ritiene di dover sbianchettare i suoi diritti per ridare un senso all’esistenza di Ferrara. Dunque se l’intervista di Veltroni a l’Unità stoppava la crociata contro la 194, rigettando così anche il tentativo del cellulitico militante-giornalista di far implodere il Pd sui diritti civili, non è che da San Pietro potessero attendersi reazioni diverse, pena appunto lo sgretolamento del Pd e del suo segretario.

E allora veniamo alla sostanza della polemica, che ha per oggetto cose più terrene e meno ideologiche. I soldi innanzi tutto, per i quali i pastori delle anime nutrono, notoriamente, una venerazione pari a quella per la fede. Succede infatti che nella manovra di recupero dei conti pubblici nella Regione Lazio, che vede nel deficit della sanità (10 miliardi di Euro) il buco più impressionante, il Policlinico Agostino Gemelli rischia di perdere parte dei finanziamenti pubblici: in sostanza, il Vaticano rischia di non poter più mantenere il suo nosocomio con i nostri soldi. Uno dei sistemi individuati per ricondurre il deficit ad un bilancio, è quello di prestare maggiore attenzione e maggiore selezione ai finanziamenti a pioggia per le strutture mediche private da parte della Ragione. Con Storace, infatti, il finanziamento a go-go delle strutture private, tramite l’accreditamento continuato di laboratori, cliniche e ospedali, aveva visto un fiume di denaro piombare soprattutto su quelle legate al mondo cattolico. Denaro che poi, stando alla magistratura, tramite “Lady Asl”, finiva per buona parte alla greppia di politici, manager e faccendieri dell’industria della salute. Proprio l’urgenza di evitare la bancarotta nei conti della sanità pubblica e di potare la vigna delle prebende, ha determinato la decisione di stabilire un tetto massimo per le prestazioni erogabili da strutture private ed un monitoraggio delle spese a scadenza almeno semestrale. Panico tra camici e tonache.

Il pastore tedesco ha quindi deciso di sedersi a modo suo al tavolo del confronto tra istituzioni e Policlinico Gemelli, centro di eccellenza riconosciuto tanto quanto è riconosciuto il suo costo a carico pubblico. Precisamente 20 milioni di Euro al mese, duecentoquaranta milioni di Euro all’anno. Che, ovviamente, vengono prelevati dai fondi destinati alle strutture pubbliche, alle quali poi si rimprovererà di non essere all’altezza delle necessità, per quindi proporre nuovi accreditamenti privati con i fondi pubblici. Un vecchio, sporco, giochino. Succede poi – e qui il collegamento con la crociata contro i diritti delle donne – che proprio il Policlinico Gemelli sia il ritrovo accogliente di tutti i medici obiettori, sia sull’applicazione della 194, che sulla prescrizione e rilascio della “pillola del giorno dopo”.

Dunque finanziati dai fondi statali mentre non applicano una legge dello Stato. Quello degli accreditamenti pubblici alle strutture private è un albero della cuccagna che rischia di veder cadere foglie sulle quali possono scivolare diverse tonache. Il bilancio delle strutture private cattoliche, senza l’erogazione folle di soldi pubblici, rischia di diventare rosso. Anzi, rosso porpora.

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