di Cinzia Frassi

Prima Silvio Berlusconi, poi Walter Veltroni. Si alternano così nel salotto bianco di Bruno Vespa i corridori solitari della politica italiana. Dallo scrittoio ormai d’obbligo per il Cavaliere, riesumato per l’occasione martedì scorso, al leader che ha lanciato la moda di “navigare in solitaria”. Il “si può fare” vestito di blu sembra nato per stare davanti ad una telecamera. Politically correct nel sangue, senza bisogno di tingersi i capelli. Moderato di default e moderno fino al midollo. Questa la sensazione in apertura della serata dedicata a lui nel salotto di Bruno Vespa. Ragionevole e sempre in linea con la saggezza latina all’insegna di in medio stat virtus. Abbiamo fatto un partito dal basso, con le primarie, dice, molto diverso dallo schieramento sotto l’ala del Cavaliere. Parla di cambiamento della geografia politica, di terremoto politico: il partito democratico, dichiara, è il partito di centro sinistra. Rivendica il titolo di partito di sinistra, suscitando come è accaduto, reazioni tra coloro che rappresentano la sinistra radicale. Dall’altra parte invece non c’è più il centro destra, sostiene, dato che Casini non ci sta e il Cavaliere coaugula forze di destra, da Fini alla Mussolini. Il picconatore algido sembra intenzionato a dare battaglia al bipolarismo che ha interessato gli ultimi dieci anni della politica italiana. E’ un punto fondamentale delle sua discesa in politica. Levare di mezzo i due poli e smontare, mattone dopo mattone, le architetture partitiche che hanno segnato la stagione delle mega coalizioni fatte di decine di partiti. Il fenomeno bipolarismo ad ascoltare il premier del partito democratico pare un ricordo già lontano.

Non si può fare a meno di dare atto che quello scelto da Veltroni fosse l’unico modo per vivere la campagna elettorale in corso senza ritrovarsi all’angolo e per rilanciare un confronto partendo con meno svantaggio possibile. Questo correre da soli dovrebbe avere l’effetto di consentire inoltre una disidentificazione tra quel partito con a capo il professore e il fallimento del suo governo.

La scelta di Walter sembra infatti aver ridimensionato le prime sensazioni di restaurazione automatica di Silvio Berlusconi. Una mossa per sfidare l’avversario o un accordo, nonostante la legge elettorale che privilegia e premia le coalizioni, per attuare con intento bipartisan di dare un colpo di spugna ai piccoli partiti dello scenario italiano?

Altra parola d’ordine: assunzione di responsabilità. Con questo tema affronta il malcontento generale che si percepisce nell’elettorato: la politica si arrabatta, non risolve i problemi e nessuno poi è responsabile. Si spinge addirittura a dichiarare, Veltroni, che il paese ed i cittadini abbiano l’energia necessaria per dare un taglio alla vecchia politica e che la classe dirigente attuale teme il cambiamento e fa un passo indietro. Si arrabatta nei vecchi meccanismi e punta i piedi per non cambiarli. Veltroni invece riesce a comunicare quella piacevole sensazione del “nuovo che avanza”, della freschezza di un ricominciare daccapo azzerando il caos in cui arrancava la politica solo una manciata di giorni fa.

Il problema tuttavia è che la legge elettorale mal si sposa con le manovre veltroniane: premia le coalizioni del “dentro tutti” e i conti all’indomani del voto si faranno con quel sistema. Oggi, incassato il si di Antonio Di Pietro, disposto a disciogliere l’Italia dei Valori nel brodo del Partito Democratico, lascia fuori dalla porta i socialisti di Boselli, mentre pare ottimista per un accordo con i Radicali anche se a condizioni che da Via di Torre Argentina non apprezzano. Veltroni promette che i candidati saranno scelti dal basso attraverso una sorta di primarie che consentiranno di superare, almeno in parte, le liste bloccate, ormai considerate una beffa dall’elettorato.

Sui temi tipici ha un piglio ragionevole, mesto, semplice e deciso. Indubbiamente simil anglosassone. Liquida con una limpidezza quasi disarmante temi quali la tutela della vita, con la moratoria targata Ferrara, le intercettazioni telefoniche, la sicurezza dei cittadini, la riforma elettorale, la riduzione dei costi della politica, il costo della vita, l’emergenza rifiuti napoletana. Negli auspici veltroniani, come in quelli berlusconiani, c’è quello di defiscalizzare gli stipendi per restituire agli italiani con un reddito da lavoro dipendente una capacità d’acquisto più dignitosa. Allo stesso tempo tuttavia arriva a definire imprenditori e operai “tutti lavoratori”, risolvendo così, dal salotto bianco, la lotta di classe, mai dimenticata nelle campagne elettorali degli ultimi anni.

Anche nella serata veltroniana, come durante la precedente con il Cavaliere, problemi e soluzioni si susseguono, semplicemente digiuni di quelle ideologie che hanno fatto da timone da sempre nell’atteggiarsi della politica italiana. Il risultato attualmente sembra essere un sovrapporsi di punti programmatici di centro sinistra e centro destra: due schieramenti con proposte pressochè identiche e con soluzioni pragmatiche. Nella pratica politica tuttavia non si può dimenticare che ai problemi che si presentano ci possono essere varie soluzioni: l’ideologia privilegia alcuni interessi sugli altri, alcuni valori su tutti quelli possibili. L’ideologia non può essere sostituita con il pagato pragmatismo del buon senso.

Ma in tanto includere, in tanto "questo, ma anche quest'altro", cosa consente di distinguere allora la politica di centro destra da quella di centro sinistra? Perchè è solo rispondendo a questa domanda, potendolo fare s’intende, che i cittadini possono fare una scelta e assegnare il proprio voto. Speriamo di capirlo durante le prossime settimane di campagna elettorale.

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