di mazzetta

Il primo maggio è la festa dei lavoratori e quest'anno sarà una giornata intonata su registri diversi dagli anni precedenti. In tutto il mondo lo sfondamento delle difese dei lavoratori, conseguito dalla pressione degli ultraliberisti, ha portato all'aumento della miseria e dello sfruttamento delle classi subalterne, istituendo una gara nella quale i poveri sono messi in competizione con i poveri, un meccanismo che sta letteralmente demolendo le classi medie in tutto l'Occidente, impoverito anche dalle delocalizzazioni di produzioni e servizi. Nella parte di mondo che si sta sviluppando i problemi non sono minori, visto che l'aumento del benessere materiale non ha portato alcun miglioramento sociale, ma solo sfruttamento umano e ambientale. In Cina ed in India, e più in generale nell'Asia in via di sviluppo, i lavoratori hanno pochi diritti, determinando a cascata la perdita di potere contrattuale dei lavoratori nel resto del pianeta. In Cina le rivolte dei lavoratori sono decine di migliaia all'anno, ma il primo maggio sarà una ricorrenza istituzionale; non così in India dove esiste una robusta rappresentanza politica di estrazione lavorista e un vivace movimento civile antiliberista. Su questo si innesta la deriva precarizzante nei paesi occidentali, nei quali la riduzione delle garanzie per i lavoratori pare inarrestabile, così come paiono inarrestabili la furia predatrice delle grandi multinazionali e l'accanimento delle istituzioni internazionali nel pretendere la privatizzazione dei servizi sociali nei paesi più poveri del pianeta, già strangolati dal debito estero originato da oltre un secolo di colonialismo economico.

In questo quadro abbastanza fosco le reazioni dal basso sono fino ad oggi state abbastanza sommesse, circoscritte al quadro delle lotte contro la globalizzazione mercantile e sostanzialmente disattese dai grandi sindacati occidentali. Questo primo maggio registrerà almeno due novità, che sembrano in grado di scuotere l'apatia e l'impasse impotente del fronte dei lavoratori e degli sfruttati. Per la prima volta nella storia, negli Stati Uniti il primo maggio si svolgerà uno sciopero politico, per il quale i lavoratori latini immigrati si asterranno dal lavoro paralizzando molti stati americani: i latinos non vogliono l'approvazione di una legge che metterebbe gli immigrati alla mercè degli sfruttatori, privandoli dei più elementari diritti; la presa di coscienza dei latinos ha portato al successo una versione in spagnolo dell'inno americano, irritando palesemente Bush e l'elite WASP (White Anglo-Saxon Protestant).

In Europa invece il primo maggio sarà una grande giornata continentale contro la precarietà. La rete Mayday, che si è dipanata negli anni dalla Milano di S. Precario ad altre decine di città europee, diventa grande e porta in piazza centinaia di migliaia di persone in tutta Europa. Parigi, galvanizzata dalla vittoria contro il CPE, e la Milano già testimone l'anno scorso di una Mayday oceanica, saranno i centri europei che più massicciamente testimonieranno l'esistenza di una nuova consapevolezza delle generazioni flagellate dal precariato. Generazioni che hanno appena scoperto la loro forza potenziale nell'esercizio di opposizione francese: generazioni per nulla disposte ad assecondare la tendenza, della quale al contrario pretendono una brusca inversione.

L'inversione di rotta non pare però in vista. Anche nel nostro paese la sinistra tentenna e dubita e non pare per niente disposta ad intraprendere quel necessario cammino di sutura e ricostruzione dei diritti fondamentali che le generazioni precarie ritengono improcrastinabile. Trattandosi di una questione che ha un'origine economica, è evidente che chi ha i cordoni della borsa in mano tenda a tenerli ben stretti; infatti Confindustria è salita per tempo sul carro del vincitore e ora presidia trionfante la legge 30.

Il governo non potrà certo pensare che i benefici possano andare solamente ad ingrassare i profitti degli unici che negli ultimi anni hanno guadagnato sulla pelle del paese, fidando sulla compiacenza di chi pur lo ha votato. L'Unione si è riempita la bocca dei problemi del precariato in campagna elettorale e ora non può certo pensare di spacciare soluzioni di comodo chiedendo in cambio lacrime e sangue. Le generazioni precarie chiedono continuità e congruità di reddito, che non può essere inferiore a quanto necessario alla sopravvivenza di chi lavora: garanzie previdenziali e sanitarie, drastica riduzione del numero dei contratti flessibili, rispetto delle normative per la sicurezza sul lavoro, ferie, riposi equivalenti alle tipologie contrattuali più garantite, che devono assumersi come standard minimi e inderogabili. Il cuneo fiscale non interessa granché.

Il primo maggio le generazioni precarie in Italia saranno in piazza a Milano e in altre città per dimostrare la loro presenza e la loro decisione nel mobilitarsi per raggiungere questi obiettivi nel più breve tempo possibile. Un messaggio che dice al governo che non ci saranno sconti e non si accetteranno inganni o dilazioni e che l'esempio francese ha dimostrato che altri rapporti di forza sono possibili. Un messaggio anche ai sindacati, troppo presi dalla pur nobile difesa dei pensionati, troppo in simbiosi con il potere, che negli ultimi anni hanno firmato patti con Berlusconi, denunciato operai, e si presentano al primo maggio offrendo gli scontati circenses con il concertone romano e lo scenario tragicomico di Milano. Suscita ilarità che invitando la signora Moratti alla mummificata celebrazione del sacro giorno, la triplice sia riuscita a far fuggire a gambe levate la metà dei previsti partecipanti. Un chiaro segno dello scompiglio che alberga nelle segreterie dei sindacati, o forse nella testa dei dirigenti che da tempo si susseguono alla guida.

Il disorientamento, non solo ideale, nei partiti di sinistra regna sovrano e le performance della Moratti lo stanno mettendo tragicamente a nudo. Alla signora non manca certo il pelo sullo stomaco, ma le sue provocazioni sono di qualità imbarazzante; nonostante questo è riuscita a portare comunque scompiglio nel fronte avversario. Non ci voleva molto a far notare che la Moratti il 25 aprile si è nascosta dietro al padre che è stato deportato come prigioniero italiano e forse partigiano, ma che è anche stato membro dell'organizzazione golpista di Edgardo Sogno, i membri della quale, negli anni '70, si erano dati il compito di uccidere gli esponenti comunisti qualora il partito comunista avesse conquistato la maggioranza elettorale, e di uccidere anche quei politici non comunisti che avessero comunque consentito al PCI di portare suoi uomini in un governo di coalizione nazionale. Magari qualche italiano provvisto di memoria d'acciaio avrebbe potuto pensare che i fischi li meritava tutti, e che era la sua presenza ad essere offensiva.

In un momento nel quale l'impoverimento colpisce di ritorno anche i lavoratori più garantiti, quando le aziende che fanno pubblicità ai piccoli finanziamenti mirano al target del pensionato o del lavoratore maturo, non allettandolo con l'acquisto di una fiammante vettura, ma sulla possibilità di utilizzare il prestito per aiutare una persona cara, cioè il precario quasi a carico che c'è ormai in molte famiglie, vuol dire che esiste un mercato per soluzioni del genere e che, quindi, anche il welfare familiare sta andando in rosso. Molte famiglie implodono economicamente per sostenere i membri precari, alcune non trovano di meglio che indebitarsi a tassi imbarazzanti dalle finanziarie che fanno pubblicità.

Occorrono soluzioni urgenti, ma pare che non siano nell'agenda di chi dovrebbe occuparsene. Il primo maggio di quest'anno ci dice che i precari sono pronti a lottare perché siano messe di corsa in cima all'agenda, senza riguardo per le esigenze di chi preferirebbe ignorarli.

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