di Fabrizio Casari

Un milione di persone? Cinquecentomila? Sono tante. Tantissime. Ancor di più se si considera che arrivano spontaneamente, con un passa parola degno dei nostri tempi, su Internet. Sono i social-network, i blog e i siti internet a fornire e a gestire l’idea di un raduno di popolo. In un’Italia sommersa dall’informazione di regime, dove il controllo totale del Presidente del Consiglio sui mass-media si avverte in tutta la sua virulenza, la comunicazione dal basso, quella piena di entusiasmo e povera di risorse, per un giorno ribalta il mercato della circolazione delle idee.

Ad organizzare questo pezzo di popolo non ci sono partiti, sindacati, gli specialisti dell’organizzazione, coloro insomma in qualche modo deputati a convocare. Nella chiarezza che la forza di questo governo risiede innanzitutto nella debolezza cronica dell’opposizione ufficiale, qualcuno si è rimboccato le maniche, come in un’emergenza nazionale. Sono arrivati a Roma con treni, pullman, aerei e navi, macchine e moto: tutto quello che trasporta andava bene per esserci. L’opposizione di oggi si autoconvoca, si autodisciplina, si dà un colore e un tono, un obiettivo massimo di gran lunga simile a quello minimo: dire forte e chiaro che di questo governo non ne possono più. Non propone campagne, non chiede riforme, non vuole scambi, non ammette inciuci. Ha nella Costituzione della Repubblica il suo riferimento valoriale, il suo programma politico; ha in coloro che la calpestano o che la ignorano i suoi avversari.

Le facce. Sono facce normali e straordinariamente serene quelle di chi marcia. Una manifestazione di popolo autentica, fatta da chi è comunista, da chi un tempo lo é stato e da chi non lo è mai stato, da chi è democratico e da chi non si è mai nemmeno autodefinito. Ma la domanda di tutti è una e una sola: dov’è finita la sinistra? A manifestare ci sono, certo, la Federazione della Sinistra e l’Italia dei Valori. Ci sono perché vogliono e perché devono, se in qualche modo aspirano a rappresentare quanti, anche senza di loro, sarebbero stati in piazza lo stesso. Non c’è invece, tanto per cambiare, il Partito Democratico: e questo merita una riflessione.

Se un milione di persone si mobilitano contro il governo senza - anzi nonostante - il principale partito d’opposizione (così almeno si autodefinisce il PD) non è perché non avvertano la necessità di saldare l’opposizione di piazza e quella parlamentare. Quel milione di persone che ieri manifestava a Roma, non voleva né cercava una distanza programmatica dal PD; è il PD che invece ha deciso che a quella manifestazione non si doveva partecipare. E' il PD che ha stabilito, unilateralmente, una distanza da quella piazza.

Perché? Perché Bersani ed il suo gruppo dirigente hanno ritenuto di restarne fuori? Eppure in buona sostanza quel milione di persone rappresentano una parte importante del blocco sociale di opposizione culturale e politica a Berlusconi ed al berlusconismo. Rifiutarsi di aderire balbettando poco credibili distinguo tra il promuovere e l’aderire, quindi dividersi al proprio interno tra chi va e chi non va, per poi ritrovarsi schiacciati tra un governo e la sua opposizione, ugualmente indifferenti alla sua presenza o alla sua assenza, rappresenta infatti, per l’ennesima volta, la raffigurazione di un’armata Brancaleone che procede in ordine sparso, di un partito che, così, non serve a niente ed a nessuno. Peraltro, succede che molti dei suoi militanti ed elettori in piazza ci siano, cosicché gli errori di valutazione si sommano.

C’è nei vertici del PD un errore di valutazione figlio di una cultura profondamente sbagliata nell’interpretare lo scenario politico del Paese. Se si ritiene - come vuole Violante - che Berlusconi debba difendersi non solo nei processi ma dai processi e che la politica debba normalizzare il conflitto tra la giustizia e il potere e se, nello stesso tempo, si pensa che scendere in piazza contro il governo non sia una strada perseguibile, come si crede possa cadere Berlusconi? Sostiene, il PD, che Berlusconi non cade con la piazza. Una perla di saggezza, un pensiero acuto. Come se qualcuno avesse pensato che Berlusconi possa dimettersi se non obbligato. Per dimettersi bisogna avere una cultura delle istituzioni, un senso del dovere, tutte qualità che Berlusconi non possiede. Ma se invece non andiamo in piazza si dimette?

Sembra di capire che il PD ritenga lo scenario del golpe di Palazzo l’unica strada percorribile. Che sia cioè l’alleanza tra Fini, Casini, Montezemolo e il raggiungimento del livello di non ritorno nei rapporti all’interno del PDL - come nel ’94 con la rottura tra il Cavaliere e Bossi - l’unico cammino percorribile per la crisi di governo e l’uscita di Berlusconi da Palazzo Chigi. Allora, a proposito di velleitarismo, sappiano i vertici del PD che Berlusconi non cadrà forse per le manifestazioni di piazza, ma nemmeno per Fini, Casini e Montezemolo, che sono fortissimi nei salotti e scarsi nelle urne.

L'opposizione fa bene ad ascoltare ogni spiffero nella porta del governo, a tendere le orecchie per leggerne le contraddizioni interne. Ma basta questo? Un'opposizione che non dialoga con il blocco sociale e culturale che vorrebbe rappresentare si candida all'autoreferenzialità politica. Un'opposizione che non sa presidiare i luoghi per eccellenza della democrazia, si candida ad un ruolo subalterno e tutto centrato sul tecnicismo parlamentare; tecnicismo inutile, poi, visti i numeri alla Camera e al Senato.

Il Parlamento e la piazza sono due momenti inscindibili l'uno dall'altro e non saremo certo noi a negare la centralità delle Istituzioni. Ma senza la piazza c’é il silenzio, il bisbigliare delle manovrine da cortile. Con la piazza si manda un messaggio preciso e potente ai disegni autoritari, molto diverso dal messaggio che si lancerebbe chiudendoci in casa. L’opposizione vera di questo paese, quella che non compone origami e si ciba di complotti prendendo schiaffi in Italia e in Europa, che non riduce la politica ad un coacervo di lotte intestine e di giochini di società, quella cioè che chiede un altro destino per questo martoriato, pur non incolpevole Paese, sceglie la piazza. Chi pensasse di essere assente oggi nelle piazze ed essere presente domani nelle urne, compierebbe un errore madornale. Gemello di quello che ha dato vita ad un partito che non c'é.

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