di Nicola Lillo

Nella fase dell’”amore che vince sull’odio” sembrano (quasi) tutti più buoni, più comprensivi, più predisposti all’“ascolto”. “In questi giorni - afferma Berlusconi - ho sentito vicini anche alcuni leader politici dell'opposizione. Se cambiano i toni, il mio dolore non è inutile”. Sembrano concilianti i toni del premier, vicini al martirio. Il Cavaliere lancia un messaggio alla minoranza: “Se gli esponenti dell'opposizione sapranno davvero prendere le distanze in modo onesto dai pochi fomentatori di violenza, allora potrà finalmente aprirsi una nuova stagione di dialogo”. Nel caso in cui ciò non si dovesse verificare, il Presidente del Consiglio rilancia la volontà di “andare avanti sulla strada delle riforme che gli italiani ci chiedono”. Anche a colpi di maggioranza.

Ma non c’è da preoccuparsi. All’amo lanciato dal Pdl ha subito abboccato il Pd. Sul Corriere della Sera, del 17 dicembre, si legge infatti un’intervista al sempre presente Massimo D’Alema, in cui “pontifica” sulla situazione politica attuale e sembra cogliere al balzo le iniziative di dialogo proposte dal premier. Il “leader Maximo” parla di riforme, incentrando il suo discorso su quella della giustizia. La più cara a Berlusconi. “La riforma della giustizia, per renderla migliore per tutti i cittadini, ci interessa e abbiamo le nostre proposte. Viceversa, quelle per fermare i processi a Berlusconi non sono riforme e non si può certo pretendere che l’opposizione le faccia proprie”. Fin qui il discorso sembra filare. Un ragionamento da opposizione politica, che è coerente con la risposta di Pierluigi Bersani, leader del Pd, che rimanda al mittente i “consigli” del premier: “Quello che dobbiamo fare noi lo sappiamo bene. La maggioranza e Berlusconi pensino a quello che devono fare loro”.

Dunque un secco no “a qualunque legge ad personam”. Nell’intervista D’Alema continua il suo ragionamento contraddicendo, però, se stesso e il suo partito: “Se per evitare il suo processo devono liberare centinaia di imputati di gravi reati, è quasi meglio che facciano una leggina ad personam per limitare il danno all’ordinamento e alla sicurezza dei cittadini”. Un “do ut des” coi fiocchi. O meglio, un inciucio, come solo D’Alema ci ha abituati a fare. Se questa dovesse essere la linea del Pd non potremmo, in alcun modo, parlare di opposizione.

Come può un partito come il Pd essere accondiscendete alle politiche ad personam di un premier con processi a carico? Il discostarsi continuamente dai criteri di generalità e astrattezza della legge, non è incostituzionale e controproducente per l’Italia tutta? La legge non è uguale per tutti o c’è qualcuno più uguale degli altri? E allora, per quale motivo D’Alema si rende disponibile ad accettare compromessi?

Intanto le Commissioni Giustizia di Camera e Senato hanno impacchettato due regali per il premier: l’approvazione del processo breve e del legittimo impedimento. Provvedimenti, entrambi, atti a far morire in fretta i processi sulle spalle di Berlusconi. L’incostituzionalità rilevata dal Csm è stata del tutto ignorata, così come le conseguenze di amnistia evidenziate dall’Anm. Risultato: il 12 gennaio il processo breve approderà in Senato, il 25 gennaio sarà il turno del legittimo impedimento. I processi Mills e sui diritti tv Mediaset sembrano dunque essere vicini ad uno stop definitivo.
Inoltre, è in progetto da tempo un lodo Alfano in salsa costituzionale. È infatti previsto che, dopo 18 mesi dalla sua entrata in vigore, il legittimo impedimento dovrà essere sostituito da una legge costituzionale “recante la disciplina delle prerogative del presidente del Consiglio e dei ministri, nonché delle modalità di partecipazione degli stessi ai processi”.

E possiamo già aspettarci un provvedimento che renderà difficoltoso (eufemisticamente) processare membri del governo. Da notare, inoltre, come una legge costituzionale abbia bisogno di una maggioranza qualificata. Il Pdl avrà bisogno anche dei voti delle altre forze politiche. D’Alema si è già offerto?

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