di Mariavittoria Orsolato

Il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano c’è e, forse, lotta insieme a noi. Non è quell’ectoplasma descritto da Travaglio, né quel narcolettico demonizzato da Beppe Grillo: quando vuole, Napolitano c’è e fa sentire la sua presenza e soprattutto il peso della sua carica. Certo, che lo faccia con i suoi tempi e modi é un altro paio di maniche, ma la notizia del rinvio alle Camere del testo che sarebbe andato a modificare l’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori - quello che prevede la possibilità per un lavoratore di ricorrere ai giudici del lavoro nel caso in cui il licenziamento fosse stato applicato senza giusta causa - è sinceramente rincuorante per tutti coloro che ormai non speravano più nella salvaguardia dei diritti costituzionali.

Ricorrendo all’articolo 74 della Costituzione, Napolitano si è infatti rifiutato di firmare la nuova legge sulla riforma del lavoro e, come spiegato da una nota del Quirinale, il Presidente “è stato indotto a tale decisione dalla estrema eterogeneità della legge e in particolare dalla complessità e problematicità di alcune disposizioni che disciplinano temi, attinenti alla tutela del lavoro, di indubbia delicatezza sul piano sociale”. Nella lettera che accompagnava il rinvio alle Camere c’era poi indicata nello specfico la norma che il Presidente gradirebbe modificata, se non addirittura espunta: è il famoso articolo 31, che prevede la risoluzione della controversia tra lavoratore e datore di lavoro non solo tramite la giustizia ordinaria ma anche tramite l’arbitrato.

Secondo tale articolo, il reintegro sul posto di lavoro previsto dall’articolo 18 dello Statuto non sarebbe più stato un diritto ma solo una possibilità: il ricorso ad una figura extragiudiziale come quella dell’arbitro (privato cittadino chiamato a giudicare in base al principio di equità e quindi in deroga a quello legislativo) va infatti a cozzare contro gli articoli 4 e 35 della Costituzione che mirano a stabilire un equilibrio tra le parti in causa, tutelando la naturale inferiorità contrattuale di un lavoro subordinato. Un arbitro può infatti decidere di non riassumere il lavoratore ma semplicemente di risarcirlo con una cifra forfettaria e di multare di conseguenza l’azienda, se a ciò si aggiunge il fatto che l’arbitrato è introdotto tramite clausola compromissoria all’interno del contratto di assunzione, ben si comprenderanno i dubbi di Napolitano.

Secondo il Colle, la legge avrebbe infatti i crismi della costituzionalità solo nel caso in cui l’arbitrato fosse deciso da entrambe le parti in causa ma dato che l’articolo 31 prevede l’implicita accettazione di questa possibilitò al momento dell’assunzione - notoriamente una condizione di debolezza contrattuale per il lavoratore - la nuova legge, così com’è, non può e non deve passare. Sempre nella nota inviata alle Camere si legge che il Presidente “ha perciò ritenuto opportuno un ulteriore approfondimento da parte delle Camere, affinché gli apprezzabili intenti riformatori che traspaiono dal provvedimento possano realizzarsi nel quadro di precise garanzie e di un più chiaro e definito equilibrio tra legislazione, contrattazione collettiva e contratto individuale”.

Quello di Napolitano è, in effetti, il primo rinvio del suo settennato, ed è un rinvio anomalo se si pensa al fatto che anche una porcata come il Lodo Alfano è stata sottoscritta senza troppi fronzoli. Le motivazioni addotte dalla prima carica dello Stato suonano infatti nuove e si tingono inevitabilmente di quel colore politico che la sua presidenza aveva cercato di esorcizzare in tutti modi. Puntare il dito sulle ripercussioni sociali che una tale norma potrebbe scatenare, oltre a rispolverare i fasti ideologici di quel Pci che gli ha dato i natali, significa opporsi apertamente al Governo e al suo modo di riformare lo Stato; un modo che evidentemente, secondo Napolitano, non tiene in debito conto delle conseguenze dei suoi atti.

Certo però, questa non è e non sarà la prima battaglia di una possibile guerra tra Palazzo Chigi e il Quirinale: la prossima settimana Napolitano sarà chiamato a decidere sul legittimo impedimento. Appare difficile che dia picche a Berlusconi per due volte di seguito.

 

 

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