di Giovanna Pavani

Ecco, è sempre lui la vittima, l'incompreso, l'agnello sacrificale che si è speso per il Paese ingrossando tuttavia solo le sue tasche e lasciando in mutande i cittadini. Eppure non lo capisce, Silvio Berlusconi, per quale motivo c'è tanto astio nei suoi confronti. "A San Gregorio Armeno c'era uno che mi si voleva scagliare contro - ha raccontato ieri a Napoli - perché appena si accorgono che ci sono io, i tratti del volto di chi mi contesta si induriscono in un atteggiamento di rancore e di odio da fare paura''. "Penso - ha proseguito - e sempre più mi convinco che l'Italia è divisa in due, coloro che sono capaci di sentimenti positivi, apprezzamento, affetto e amore verso gli altri, e dall'altra parte un'Italia che sa soltanto criticare, condannare, o anche odiare". Già, i soliti trinariciuti della sinistra i veri colpevoli. Perché, di certo, non ha cominciato lui a dare dei "coglioni" agli avversari, a dare di "necrofori" e "venduti" ai senatori a vita solo perché votavano la fiducia a Prodi oppure a scagliarsi contro Oscar Luigi Scalfaro al grido di "ignorante" solo per aver tentato di dirimere la rissa del Senato durante l'elezione di Marini: nella "casa delle volgarità" la demonizzazione dell'avversario è talmente connaturata nel modo di far politica da far rientrare nella normalità anche l'insulto più feroce nei confronti di chi non la pensa come te. Dopo la sconfitta elettorale, il livello d'odio dei rappresentanti della Cdl è salito in modo esponenziale e preoccupante. Al punto da indurre il Capo dello Stato, nella sua prima intervista dopo l'elezione al Colle, a fare un appello al dialogo molto forte. Ma anche in questo caso, Berlusconi e i suoi hanno estrapolato dalle parole di Napolitano solo quella frase di apprezzamento su Prodi quale uomo dotato soprattutto di "pazienza", la qualità necessaria, in questo momento, per ricostruire il tessuto connettivo del Paese lacerato da una campagna elettorale grondante bile e astio. E sono stati ancora insulti, dritti verso il Colle, digrignati a denti stretti da maestri di eleganza come Bondi e Calderoli, che subito hanno bollato Napolitano come un "partigiano, poco istituzionale" e addirittura "politicante d'accatto".

Straordinario. Perché questo significa che la sconfitta brucia e il livello di aggressività è direttamente proporzionale al terrore del vedere allontanarsi sempre più la possibilità di una riscossa. Ne saranno prova anche i risultati delle prossime amministrative. Nel frattempo, comunque, ci si esercita nel famoso gioco dello schiaffo del soldato, prendendo di mira quegli elementi del governo o di altri palazzi istituzionali che per indole, o per antica consuetudine alla correttezza, possono sembrare più facili da impallinare. Rosy Bindi ministro della famiglia? E che ne può sapere una "lesbica" di famiglia? L'affettuosità è firmata, ovviamente, da un fascista come il senatore Saia. E che dire, allora del "comunismo con i pannoloni" scagliato contro i senatori a vita e, non ultimo, contro lo stesso Napolitano prima di essere nominato Capo dello Stato? E i fischi a Ciampi? Di carezza in carezza non si può dimenticare quell'"Ecco il Soviet" con cui il Giornale di famiglia ha salutato la nascita dell'esecutivo Prodi. Il tutto condito con minacce di vario ordine e grado, dall'urlo risuonato nella notte elettorale dall'uscita dal Quirinale ("ci sono stati brogli unidirezionali") fino all'incitamento golpista verso lo "sciopero fiscale": " Se non ci sentiremo rappresentati non accetteremo di pagare le tasse". Una scusa come un'altra per non pagare, altrochè.

Se, dunque, si fa un rapido riassunto degli ultimi tre mesi di insulti e parolacce, non si trova a sinistra una sola voce che si è alzata sguaiata a rispondere per le rime ad offese, anche personali come nel caso della Bindi, che non sarebbero giustificabili neppure nel corso di una rissa in strada. Ed è anche questa sorta di aplomb, questo non raccogliere il guanto della sfida, questo non voler scendere su un medesimo terreno a rendere i componenti della "casa delle volgarità" sempre più nervosi. Come è successo l'altra sera a Pierferdinando Casini, ospite a Ballarò con D'Alema. Gli sono saltati i nervi al "moderato" in corsa per fare le scarpe direttamente a Berlusconi nella leadership del prossimo "partito dei moderati". "Se tu fossi riuscito a raggiungere il Colle - ha urlato in faccia al neo ministro degli Esteri - sarebbe stato un insulto per tutti gli italiani!". Allora: chi è che fomenta l'odio e la divisione del Paese? E, soprattutto, a chi giova dividere il Paese e creare confusione? La risposta è semplice: a Berlusconi. Che, infatti, non si arrende. E dice. "Non credo che ci sia un italiano che possa dire che ci sia stata, da parte del governo, una qualche cosa che ha portato negatività a qualcuno...prendo comunque atto con sconcerto e dolore che sono riusciti a far sì che ci sia un'Italia contro. Contro tutto ciò che noi rappresentiamo e che abbiamo rappresentato in questi anni e che ha radici nei sentimenti più negativi che un uomo possa esprimere". Come direbbe Calderoni…

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