di Alessandro Iacuelli

A rivelarlo, durante il meeting dei popoli di Comunione e Liberazione a Rimini, è stato il sottosegretario Stefano Saglia: il decreto per la strategia nucleare, previsto per ottobre, conterrà "garanzie per le aziende", cioè indennizzi per chi investe, nel caso in cui, per un cambio di governo o "qualsiasi altro intoppo", il progetto si arresti. "Valuteremo in che modo impedire che i costi non riconducibili a inadempienze delle imprese si scarichino sulle imprese", ha dichiarato il sottosegretario. In pratica, vista la "svolta" dei finiani e visto il rischio di elezioni, il governo Berlusconi deve darsi da fare per evitare che gli industriali impegnati nella corsa al nucleare perdano qualche soldo, che gli indennizzeremo noi, tanto per cambiare.

Non c'è solo questo nell'intervento di Saglia a Rimini, ma anche qualcosa di concreto circa l'immediato futuro del programma nucleare: "A gennaio 2011, quando arriveranno le prime domande per la costruzione delle centrali nucleari, si conosceranno anche i siti, almeno i primi due, dove saranno realizzate". Ci sarà da aspettarsi una grossa fase di scontro tra gli enti locali, regioni e comuni, che magari sono anche d'accordo con la realizzazione di centrali nucleari, purché "non sul nostro territorio", e a poco serve la rassicurazione di Saglia: "il percorso con i territori deve essere di condivisione e non di impostazione militaresca".

Serve a poco perché l'imposizione delle infrastrutture ai territori è già stata praticata dalle forze politiche che fanno parte del governo attualmente in carica e la maggiore sperimentazione fu a proposito della TAV in Val di Susa, usata come vero e proprio laboratorio di sgombero dei blocchi della popolazione. Analogamente, è in corso in questo momento un altro laboratorio di sperimentazione: quello del controllo e della militarizzazione del territorio circostante gli impianti.

Il laboratorio in questione è la Campania, dove tutti gli impianti dedicati allo smaltimento dei rifiuti urbani, dai siti di stoccaggio fino all'inceneritore di Acerra, sono guardati a vista da militari, con frequenti controlli perimetrali e con il fermo immediato di chiunque si avvicini. Una sperimentazione perfetta, un'occasione di "allenamento" eccezionale per quando poi tutto questo sarà trasferito alla filiera nucleare italiana.

Abbastanza scontato il plauso del sistema industriale italiano, soprattutto quando il Governo giura che potrà avvalersi dei poteri sostitutivi. Per l'amministratore delegato di Enel, Fulvio Conti, non si può continuare a pensare che "uno sviluppo ordinato e sostenibile sia possibile senza ricorrere a tecnologie che in maniera infondata vengono considerate in maniera invasive, non corrette, nocive". E "nell'interesse generale del Paese" è necessario che il progetto venga sostenuto "da un governo centralmente molto forte" che tracci linee guida solide a lungo termine. "Immaginate cosa accadrebbe se un cambio di governo fermasse il progetto dopo che e' stato avviato?", si chiede Conti, e aggiunge a margine anche altre informazioni, magari con un occhio alle quotazioni in borsa dei titoli dell'azienda che guida.

Infatti Conti ha anche parlato del previsto collocamento sul mercato di una quota della società del gruppo per le energie rinnovabili, Enel Green Power, destinata alla quotazione in Borsa e ad un eventuale "private placement". "Andiamo avanti con l'obiettivo di chiudere la cosa entro ottobre - ha dichiarato - vogliamo raccogliere almeno 3 miliardi, questo è l'obiettivo, non abbiamo mai detto quale è la percentuale da cedere".

Anche per il presidente del consiglio di gestione di A2A, Giuliano Zuccoli, "non é più tempo per guerre ideologiche": il Paese non può rinunciare anche al nucleare in un mix di fonti. "Bisogna spiegare ai cittadini le cose come stanno, così potranno farsi una loro idea consapevole". E la scelta dei siti, aggiunge Zuccoli, sarà "il momento nodale, il punto critico, un passaggio importante: lo deve fare il Governo, non le amministrazioni locali".

Secondo Greenpeace Italia, le dichiarazioni fatte a Rimini dal sottosegretario Saglia "smascherano definitivamente i trucchi del Governo sul nucleare. Significa che il governo Berlusconi non solo ha intenzione di decidere la costruzione di nuove centrali nonostante il parere contrario delle Regioni e della popolazione, ma vuole anche blindare questa scelta per il futuro, pur di regalare soldi ai suoi amici.

Insomma, il nucleare, comunque vada, lo pagheranno in bolletta gli italiani. Queste bollette, salate a causa della follia nuclearista del governo, Greenpeace le ha già preparate e distribuite ai cittadini italiani. E che i costi saranno stellari è sicuro, perché il reattore francese Epr, decantato come la terza generazione del nucleare, è in realtà un prototipo del quale non è chiaro nemmeno il progetto: addirittura, i ritardi nei due cantieri esistenti (nessun Epr è mai entrato in funzione a oggi) hanno affossato i bilanci di Areva (l'impresa produttrice) e costretto Edf (l'Enel francese) a chiedere un aumento delle bollette. Puntualmente ottenuto.

Senza farci false illusioni, le parole di Saglia sono abbastanza preoccupanti; sembra di sentire le parole di un governo di un Paese del Terzo Mondo che, per attirare imprese straniere a costruire centrali nucleari, assicura che i danni e i risarcimenti di eventuali gravi incidenti di percorso se li accollerà tutti lo Stato. Un incentivo assolutamente interessante per gli investimenti - e, purtroppo, le speculazioni - nella sicurezza delle centrali. Svanisce ogni concetto di responsabilità e di rischio di impresa.

Anche a tale proposito, Greenpeace sottolinea che "il nucleare si conferma come una pericolosa perdita di tempo, costosa e rischiosa. Un trucco per regalare soldi all'ennesima lobby, sottrarre investimenti a una rivoluzione energetica in cui l'Italia può essere protagonista (con un salto tecnologico ed occupazionale di prim'ordine) e rendere il nostro Paese sempre più dipendente dall'estero per le fonti energetiche: i brevetti sul nucleare sono tutti francesi, mentre l'uranio delle miniere di Areva ammazza la gente in Niger".

Ma forse è troppo tardi, perché il Governo è partito lancia in resta ed ora non lo ferma più nessuno, a parte una tornata elettorale che improbabilmente lo rovesci. Secondo quanto dichiarato dal Sottosegretario allo Sviluppo, Stefano Saglia, entro Gennaio 2011 sapremo dove verranno costruite le prime due centrali nucleari italiane, ma è lampante che una tale decisione non può essere presa nei pochi mesi che ci separano dal nuovo anno. Pertanto, per forza di cose, quei due siti sono già stati scelti, ma per ora nessun rappresentante di Governo ha il coraggio di rivelarne i nomi per non far alzare i cori di proteste, proprio ora che c'è il rischio di tornare alle urne. Sarebbero di certo un gran numero di voti persi, nel caso in cui si andasse alle elezioni prima della fine dell'anno.

Ma l'Italia è anche il Paese delle indiscrezioni e delle voci di corridoio: così sono in molti ad essere pronti a giurare che quei due siti sono due di quelli dove dove erano presenti le vecchie centrali ormai dismesse; ma Saglia ha annunciato che le bocche rimarranno cucite fino al nuovo anno. Ad ottobre, poi, il Consiglio dei Ministri redigerà un "decreto per la strategia nucleare", le cui anticipazioni fanno già venire i brividi.

Infatti, quei "poteri sostitutivi" accennati dal sottosegretario e applauditi dall'industria, altro non sono che quelli militari, mandando l’esercito a presidiare i siti per scoraggiare le proteste dei cittadini che non vogliono il nucleare sul loro territorio. Ma, se fosse vero, come Berlusconi continua a dire da mesi, che gli italiani vogliono il ritorno al nucleare, non avrebbe senso ricorrere all’esercito, alieno in un Paese normale e civile.

Riassumendo: il Governo ha tutta l'intenzione di accelerare i tempi del ritorno al nucleare, magari prima di cadere rovinosamente per qualche sgambetto parlamentare. Come già firmato e protocollato per progetti come il Ponte sullo Stretto, anche in questo caso se non se fa più niente gli investitori saranno indennizzati con soldi pubblici, che verosimilmente faranno impennare le bollette elettriche degli italiani.

Eppure, se si guarda agli ultimi sondaggi che attestano ad oltre il 60% la percentuale di popolazione contraria al ritorno al nucleare, qualcuno dovrebbe pur spiegare a questi signori che, nonostante la disinformazione e la campagna mediatica (che è appena al principio), gli italiani non vogliono il nucleare. Ma queste saranno le tematiche del prossimo autunno.

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