di Rosa Ana De Santis

La Corte Costituzionale, chiamata ad esaminare il divieto della fecondazione eterologa previsto dalla legge 40, non ha ravvisato elementi di incostituzionalità nel merito. I ricorsi sono quindi tornati al mittente: ai Tribunali di Firenze, Catania e Milano. La decisione della Consulta nasce all’ombra del parere espresso dalla Corte Europea che, Convenzione sui diritti dell’uomo alla mano,  non ravvede nel divieto dell’eterologa una compromissione dell’articolo 8 sul diritto del rispetto alla vita privata e familiare.

Un passo indietro quindi per quanti da 8 anni contestano la legge 40, modificata finora a colpi di sentenza, ma non snaturata dall’impianto censorio che la contraddistingue. A differenza che al suo debutto nel 2004 con il Ministro Sirchia, oggi è possibile eseguire la diagnosi pre-impianto (senza selezione conseguente, quasi una beffa oltre il danno) e non c’è più il limite di un unico e contemporaneo intervento con il limite massimo di tre embrioni. E’ possibile congelare gli embrioni non utilizzati per scelta medica ed è stata ampiamente riconosciuta l’autonomia del medico.

Il referendum del 2005 portò in trionfo l’astensionismo, grazie al monito della Chiesa, alla lobby dei comitati pro-vita e alla profonda ignoranza del popolo italiano che preferì non metter mano alla conoscenza della questione, precludendosi una parte importantissima del proprio diritto alla salute. Perché di questo si tratta.

Se l’Europa e la Consulta non vedono nel divieto dell’eterologa una minaccia al rispetto della vita privata e familiare, esistono però elementi concreti per indirizzare i ricorsi su un altro piano: l’eguaglianza dei cittadini e delle persone. Questo annunciano gli avvocati delle coppie penalizzate dalla legge 40 e in effetti la Corte Costituzionale, questo l’unico elemento incoraggiante,  non ha sbarrato la strada, ma rimandato la materia ai giudici di primo grado.

Una “non decisione” definitiva che riapre le danze e sposta gli argomenti, forse sul piano normativo e morale più decisivo. Il torto giuridico e morale più evidente della legge 40 è infatti quello di discriminare i cittadini in prima istanza sulla base di una condizione naturale (la sterilità o la trasmissione genetica di malattie) e in seconda battuta di una discriminazione di censo, ancor più indigeribile e filosoficamente meno nobile (i più abbienti, infatti, si rivolgono a strutture oltre confine).

Chi ha problemi di sterilità o di trasmissione genetica di malattie dovrebbe trovare nella legge e nel welfare un sistema di strumenti e tutele mirate a sopperire quel limite di natura che non rimanda a scelte o a responsabilità, ma a dati di fatto, affinché uno stato moderno non assomigli alla Rupe di Sparta e i limiti naturali non si trasformino in una discriminazione rispetto a quanto dettato dalla Costituzione circa l’eguaglianza tra cittadini e il diritto alla salute per tutti,  cui rientrano a pieno titolo la fertilità e la nascita dei propri figli.

Come la mettiamo infatti con quei genitori che sanno di trasmettere ai propri figli sindromi genetiche invalidanti? Qual è lo stato morale, per rispondere agli integralisti della vita,  di una coscienza che sa di rendersi complice scientemente della malattia che infliggerà al proprio figlio? E qual è la coerenza normativa di un paese che vieta la selezione degli embrioni in nome della vita e legittima invece - giustamente - qualche tempo dopo, la soppressione di quello che è diventato un feto con la legge 194?

La soluzione più coerente, questa la tesi della Chiesa e di quasi tutti i cattolici in Parlamento, sarebbe quella di ripensare anche la legge 194, ovviamente dal loro pulpito. E così, finalmente, il paese mostrerebbe con coerenza tutto ciò che è sempre stato. Una propaggine etica del Catechismo cattolico romano, uno stato innamorato della provvidenza. Dove è facile vivere bene e in grazia di Dio se si è sani e ricchi. L’unico caso in cui la libertà di scelta è qualcosa cui si può rinunciare, perché tanto si ha già tutto.


Pin It

Altrenotizie.org - testata giornalistica registrata presso il Tribunale civile di Roma. Autorizzazione n.476 del 13/12/2006.
Direttore responsabile: Fabrizio Casari - f.casari@altrenotizie.org
Web Master Alessandro Iacuelli
Progetto e realizzazione testata Sergio Carravetta - chef@lagrille.net
Tutti gli articoli sono sotto licenza Creative Commons, pertanto posso essere riportati a condizione di citare l'autore e la fonte.
Privacy Policy | Cookie Policy