di Rosa Ana De Santis

Annunciato in una battuta potrebbe suonare come il risarcimento tanto atteso per i migliaia di professori precari, umiliati da anni di supplenze ed è così che il governo promette con il concorsone, di cui finalmente si conoscono i requisiti, di azzerare il precariato delle cattedre. Il bando uscirà il prossimo 24 settembre e la preselezione prevede quiz e logica, come vuole la moda del momento.

Della didattica, della modalità di insegnamento su cui tanto si insisteva nelle SSIS post lauream non si ha più traccia. Si tratta solo di un lontano ricordo e di perdita di anni e soldi per quanti l’hanno dovuta obbligatoriamente frequentare per entrare in graduatoria. Per non parlare dell’esperienza maturata in aula che viene con un colpo di mano semplicemente nullificata.

I precari? Spariranno perché le graduatorie saranno cestinate  e tutti, improvvisamente, non importa l’età e l’anzianità diventeranno uguali. Altro che merito e spirito liberali, sembra piuttosto un livellamento bolscevico o un artificio per propagandare l’efficienza di chi riduce i precari certamente e sulla carta, perché li trasforma in disoccupati.

Per il Ministero saranno 160 mila i posti concorrenti, per i sindacati molti di più. I requisiti di ammissione saranno quelli previsti nei concorsi degli anni ‘90: laureati in scienze della formazione primaria o diploma magistrale per l'infanzia. Per le medie e le superiori, oltre agli abilitati anche i laureati entro l'anno accademico 2001/02 o 2002/03 (lauree quinquennali) o 2003/04 (lauree sessennali). L’esperienza maturata in anni di lezioni non ha più alcun valore. Sarebbe stato forse più equo, per risolvere il dramma del precariato, metter mano alle graduatorie ed occuparsi dopo, ad esaurimento delle stesse, d’indire il concorsone. Certo, non è veloce, non attribuirebbe meriti di efficienza a buon mercato; sarebbe soltanto giusto.

Bizzarro inoltre che i test non verteranno sulla materia insegnata, ma su qualcosa di molto simile alle tre “I” berlusconiane. La prova orale sarà una simulazione didattica e magari c’è da aspettarsi che una persona giovane, fresca e brillante, superi una persona più anziana che da anni gira per la provincia per le questua delle ore di supplenza.

La situazione generale della scuola italiana, dalle infrastrutture alla qualità delle didattica, patisce un progressivo impoverimento. Difficile imputare la causa della decadenza ad un corpo docenti umiliato su tutti i fronti possibili. Quando bocciare peraltro significa trovarsi classi accorpate e meno cattedre a disposizione la voglia di occuparsi della preparazione degli studenti va a farsi benedire quando si percepiscono forse 1.000 euro al mese e zero garanzie. Ricorda un po’ il bivio dell’assurdo degli operai dell’Ilva: meglio il tumore o il lavoro?

I sindacati non sono stati nemmeno interpellati, manda a dire il Gilda a Viale Trastevere e il bando che risanerà il dramma della scuola sembra nato un po’ troppo in fretta. Peraltro, pare che i posti per i 12 mila vincitori saranno spalmati su tre anni. Sarà un altro modo per diminuire i precari inventando la categoria dei “non ancora occupati”.

Per ora quindi di certo ci sono i grandi costi che lo Stato affronterà per la scenografia del concorso e del merito, che diventerà forse un appuntamento periodico: nessuna capitalizzazione dell’esperienza e del merito maturato sul campo negli anni e una matematica simpatica che propaganderà la fine del precariato nella scuola. Perché sarà iniziata l’era della disoccupazione senza speranza. Fino al prossimo concorso, dove tutti ripartiranno ai posti di partenza. Tutti uguali, come vuole il liberalismo della propaganda.





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