di Sara Nicoli

Adesso ogni dubbio è davvero fugato: Silvio Berlusconi paga le tasse. E non ci si faccia ingannare dalla propaganda comunista che diffonde informazioni sul fatturato delle sua aziende miracolosamente in ascesa da quando lui è premier: lui non miscela affari e politica, anzi la politica lo ha oggettivamente impoverito e il suo conflitto d'interessi non esiste. Inoltre, diversamente da quanto sostiene la solita propaganda comunista, è riuscito a mantenere fede ad uno dei punti principali del famoso "patto con gli italiani": ridurre le tasse.
A cominciare da se stesso. Basta andare a leggere con attenzione quanto avvenuto ieri in Procura a Milano, quando l'Agenzia per le Entrate, il solito Fisco, in ossequio alla legge 289 del 2002, ha chiesto ai magistrati che indagano sulle presunte irregolarità nell'acquisto dei diritti cinematografici e televisivi da parte di Mediaset, di ritirare la denuncia nella quale invitavano l'azienda del Biscione a pagare evasioni fiscali stimabili (in base al capo d'imputazione del procedimento) in decine di milioni di euro. I capi d'imputazione nell'inchiesta milanese riguardavano la frode fiscale, così risolta, mentre resta in piedi l'appropriazione indebita e il falso in bilancio.

Fatto sta che la frode fiscale si è trasformata in un ticket. Un miracolo? Certo. Cui può aderire solo il "contribuente" Berlusconi, grazie appunto alla sua legge 289 del 2002, grazie alla quale ha sostanzialmente patteggiato il pagamento di una cifra irrisoria a fronte delle decine di milioni di euro che, in caso di condanna, sarebbe stato tenuto a pagare con i suoi sodali.
E si tratta di una cifra che fa sorridere: mille e 800 euro, per giunta liquidabili in due diverse trance; la prima, pesantissima, di mille e 500 Euro e la seconda, meno onerosa, di 300. Al premier effettivamente un primato bisogna comunque riconoscerlo: la sana pervicacia nel farsi sempre e comunque, ma bene, solo i fatti propri. Che non sono pochi però, da qui il gran lavoro.

Con il gioco della legge 289, peraltro, gli avvocati del premier hanno ottenuto un doppio risultato. Il primo è quello di poter dimostrare, in sede di udienza, che il premier (imputato nel procedimento con altre 13 persone) si è messo in regola con il Fisco e dunque quest'ultimo non potrà più figurare come parte lesa nel processo.
Il secondo riguarda gli atti degli accertamenti fiscali presenti nel fascicolo riguardanti sempre "il contribuente Silvio Berlusconi" che, in questo modo, non potranno essere utilizzati dall'accusa per coinvolgere il premier nelle compravendite gonfiate e fittizie che sono al centro dell'inchiesta stessa della procura di Milano. Quindi si prevedono destini simili anche per le altre due imputazioni oggetto del procedimento. Due buffetti e a casa.

Dettaglio da sottolineare è che gli avvocati di Berlusconi hanno utilizzato la legge del 2002 solo ed esclusivamente per il premier e non per gli altri dirigenti di Mediaset implicati nella vicenda che quindi restano, in qualche modo, "indagati" anche dal fisco. Per costoro, ancora imputati, si prevedono stoiche resistenze gratificate da future candidature.

Così, con la legge sul falso in bilancio, il condono fiscale, le rogatorie e la cancellazione delle imposte sulle eredità, il teorema Berlusconi si compie. Un teorema semplice, di straordinaria efficacia se applicato: non importa quanti interessi tu abbia, né quante leggi tu abbia violato: importa invece quanti voti avrai per cancellare, legalmente, ogni precedente illegalità o anche solo tutto ciò che ti obblighi a qualsiasi adempimento, passato, presente o futuro.
Quello di ieri è un colpo da maestro. Anzi un miracolo. Fatto da un santo, su misura e a beneficio di un santo.

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